CAETANI (Gaetano), Antonio
Uno dei sette figli di Onorato (IV), signore di Sermoneta, e di Agnesina Colonna, nacque nel 1566. Giovanissimo il C. venne a Roma dove studiò sotto la guida dello zio Enrico. Ottenne la tonsura nel giugno 1586, e nel settembre dello stesso anno intraprese, insieme con il fratello minore Bonifacio, lo studio del diritto a Bologna, dove risiedeva lo zio nel frattempo nominato cardinal legato. Dal marzo del 1588 proseguì gli studi a Perugia, dove si laureò inutroque ai primi di marzo del 1590. Negli anni seguenti ritornò presso lo zio Enrico a Roma, dove alla fine del 1593 ricevette gli ordini minori, e si dedicò all'amministrazione dei beni familiari. La sua dotazione di benefici - il monastero di S. Maria de Griptis e la prepositura di S. Vincenzo di Capua - si era nel frattempo notevolmente accresciuta dopo che nel maggio del 1592 10 zio Camillo gliene aveva ceduto vari, tra cui il monastero di S. Maria de Patano e il priorato di S. Andrea di Torino. Alla fine di aprile del 1596, di nuovo insieme con il fratello Bonifacio, il C. accompagnò in veste di segretario lo zio cardinal Enrico che si recava in Polonia come legato. Questo viaggio gli permise di compiere le prime esperienze diplomatiche: all'andata fu inviato presso il duca di Baviera per esaminare le prospettive di una lega tedesco-polacca contro i Turchi, ed al ritorno nel maggio del 1597 compì una visita ufficiale presso la Repubblica di Venezia. Clemente VIII lo ricompensò conferendogli ulteriori benefici e la carica onorifica di cameriere segreto. Alla fine del 1599 il cardinale Enrico (che sarebbe morto poco dopo) gli cedette una pensione di 7.000 scudi sull'abbazia di Nonantola. Nella primavera del 1599 fu inviato a Modena in connessione con la elevazione al cardinalato di Alessandro d'Este; nel 1600, al seguito del cardinal nepote Pietro Aldobrandini, partecipò a Firenze ai festeggiamenti per il matrimonio di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia.
Nominato arcivescovo di Capua il 31 ag. 1605, fu consacrato il 12settembre; dovette la promozione alla rinunzia del cardinal Bellarmino, che si riservò 1.900 scudi sugli 8.000 che comportavano le entrate del vescovato. La permanenza del C. a Capua fu breve: designato da Paolo V sin dal settembre del 1606 nunzio presso la corte imperiale, e nominato definitivamente nella primavera del 1607, fu richiamato in Curia. Partì da Roma il 10 maggio, munito dei poteri di legato a latere datati 24 aprile, e di credenziali datate 3 maggio. Fece sosta a Ravenna presso il fratello Bonifacio. cardinal legato per la Romagna, e, dal 6 all'8 giugno, a Vienna per colloqui informativi. Giunse a Praga il 12 giugno e fu ricevuto in prima udienza dall'imperatore Rodolfo II il 2 luglio 1607: iniziava così la sua nunziatura presso la corte imperiale, che sarebbe durata tre anni e mezzo.
La situazione in Austria e nell'Impero all'inizio della missione del C. era sommamente critica: la fiacchezza ed il disinteresse politico dell'imperatore, determinati dalla progrediente psicopatia; la lotta per il potere tra Rodolfo II e il fratello l'arciduca Mattia; la forte opposizione degli stati e quella confessionale presente soprattutto in Ungheria e Transilvania per via delle misure di ricattolicizzazione promosse dall'imperatore; le discordie tra i principi cattolici dell'Impero; la graduale paralisi delle istituzioni imperiali provocata dai contrasti sempre più acuti tra stati cattolici, luterani e calvinisti alFinterno dell'Impero: erano tutti chiari sintomi di una grave crisi del potere imperiale. La Curia romana intravedeva chiaramente che una difesa efficace degli interessi cattolici nell'Impero e un successo della Controriforma negli Stati ereditari asburgici erano inconcepibili fintantoché non fossero stati risolti al centro i problemi politici, primo fra tutti quello della successione al trono. Alla soluzione di questa spinosa questione si opponeva anzitutto lo stesso Rodolfo II, che non voleva essere spodestato. Se ne ebbe un chiaro segno nell'autunno del 1607, quando l'imperatore pose il suo veto alla partecipazione del nunzio alla Dieta dell'Impero, convocata a Regensburg dopo annosi rinvii, per timore che avesse ricevuto da Roma l'ordine di sollecitare l'elezione del re dei Romani, cioè la designazione del suo successore. Rodolfo II voleva inoltre evitare il pericolo che gli stati protestanti, irritati per la presenza di un rappresentante pontificio, rifiutassero i sussidi necessari per la progettata ripresa della guerra contro i Turchi. Roma cedette, benché sin da ottobre avesse formalmente incaricato il C. di recarsi alla Dieta per favorire una migliore collaborazione tra i principi cattolici dell'Impero contro l'espansione del protestantesimo e chiedere la restituzione dei beni della Chiesa cattolica. Invece del nunzio fu poi inviato, nel dicembre del 1607, in qualità di osservatore presso la Dieta, l'eremitano agostiniano Felice Milensio, che il C. munì di dettagliate istruzioni. La Dieta si sciolse alla fine di aprile del 1608, per l'opposizione degli stati protestanti. Il conflitto era stato provocato in primo luogo dall'occupazione, da parte del duca di Baviera che agiva su incarico dell'imperatore, della città imperiale di Donauwörth, dove prevaleva la confessione riformata (fine 1607). In questa circostanza il C. restò passivo per evitare una provocazione protestante. Nel frattempo si era acuito il contrasto tra Rodolfo II ed il fratello Mattia. Quest'ultimo appoggiava gli Ungheresi che si opponevano alla ripresa, progettata dall'imperatore, della guerra contro i Turchi, interrotta nel 1606. Infine all'inizio del marzo del 1608 Mattia riuscì ad organizzare contro il fratello un fronte comune degli stati ungheresi, austriaci, moravi e slesiani e in aprile mosse contro Praga alla testa di un forte esercito. Il C., nel corso di lunghe trattative alla ricerca di un compromesso, si recò al campo di Mattia, e cercò di indurre l'arciduca a sospendere le ostilità, sussistendo il pericolo che Rodolfo II, per mantenersi fedeli almeno gli stati boemi, facesse concessioni oltreché politiche anche religiose. Le premesse erano ovviamente sfavorevoli: il C. non poté indurre l'arciduca, militarmente di gran lunga più forte, a sottomettersi al debole ed inetto imperatore; d'altra parte ai cattolici non conveniva una vittoria di Mattia, che era alleato dei protestanti e dipendeva da loro, e che inoltre non sembrava più capace di governare di quanto lo fosse il fratello. Il nunzio, in stretta collaborazione con l'ambasciatore spagnolo San Clemente, poté concludere il 25 giugno 1608 un accordo, in base al quale Rodolfa rinunziava in favore di Mattia alla Moravia, all'Alta e Bassa Austria ed alla corona ungherese e gli garantiva contemporaneamente la successione in Boemia. Il cardinal legato Giovanni Garcia Millini, inviato da Paolo V come mediatore alla corte imperiale, giunse a Praga soltanto all'inizio di luglio, e quando ne ripartì ai primi di settembre non aveva ottenuto alcun successo nella questione dell'elezione del re dei Romani. Anche in seguito il C. si interpose ripetutamente per mitigare la persistente lotta tra i due fratelli.
Nel frattempo gli eventi in Boemia assumevano un peso sempre maggiore: in un primo momento, nel maggio del 1608, Rodolfo II aveva potuto rinviare la discussione delle richieste di libertà religiosa, avanzate dagli stati, alla Dieta boema fissata per l'autunno e poi ulteriormente rinviata alla fine di gennaio del 1609. Il piano stabilito dal C. per impedire eventuali concessioni religiose in Boemia, che avrebbero avuto inevitabili ripercussioni negative sugli interessi cattolici in tutto l'Impero, comportava: scissione del fronte acattolico in seno alla Dieta boema facendo leva sui contrasti esistenti tra i vari gruppi e sette protestanti; scioglimento anticipato della Dieta; riforma delle strutture e rinnovo del personale di governo della città di Praga, per affermare l'autorità imperiale e la supremazia cattolica almeno nel luogo di riunione della Dieta; pressioni sui funzionari fedeli all'imperatore perché adottassero un atteggiamento intransigente nei confronti dei protestanti; dichiarazione di principio di Rodolfo II contro ogni concessione religiosa. Anche se gran parte di questo programma non fu coronato da successo, il C. poté convincere, sia pure dopo l'inaugurazione della Dieta, il tentennante imperatore a ritirare un progetto di compromesso che avrebbe potuto soddisfare i protestanti più moderati. Infine, dopo che una commissione di teologi, di cui faceva parte anche il nunzio, aveva emesso una dichiarazione di principio contraria ad ogni concessione, peggiorando in tal modo notevolemente il clima in cui si svolgevano le trattative, il C. presentò una nuova dichiarazione scritta con la quale contribuì al definitivo rigetto delle richieste della maggioranza protestante della Dieta e con ciò al suo scioglimento. Il movimento di protesta che si estendeva ora a tutta la Boemia costrinse però Rodolfo II a convocare, il 25 maggio, a Praga una nuova Dieta nel corso della quale l'imperatore cedette alla supremazia militare dei protestanti ed emanò il 9 luglio 1609 la "Lettera di maestà" che concedeva piena libertà religiosa agli stati boemi. Questo passo gravido di conseguenze colse di sorpresa il C., che espresse pubblicamente la propria amarezza accennando persino ad una possibile scomunica dell'imperatore.
Intanto in quegli stessi me si la questione della successione nei ducati di Jülich e Cleve veniva creando una situazione critica alle frontiere occidentali dell'Impero. In questo conflitto i contrastanti diritti dei pretendenti cattolici e protestanti s'intrecciavano con gli interessi politici della Francia e della Spagna. Mentre il C., su istruzione di Roma, auspicava una soluzione pacifica della vertenza, Rodolfo II nell'estate del 1609 affidò l'amministrazione dei ducati contesi all'arciduca Leopoldo, provocando l'immediata reazione di Enrico IV, che appoggiò apertamente le rivendicazioni protestanti. Risultati vani i tentativi di mediazione, ai quali il C. partecipò da Praga insieme con l'ambasciatore spagnolo Zúñiga e l'ambasciatore veneziano Priuli, si profilava ormai la minaccia di un conflitto armato tra le grandi potenze cattoliche, che fu evitato solo all'ultimo momento in seguito all'uccisione di Enrico IV, nel maggio del 1610.
Durante la nunziatura del C. si addivenne anche alla fondazione della lega cattolica, soprattutto per iniziativa di Massimiliano di Baviera, in contrapposizione all'unione stretta precedentemente, nel maggio del 1608, da alcuni principi protestanti della Germania meridionale. Benché Roma auspicasse da tempo una più stretta collaborazione politica tra i cattolici, il C. nell'autunno del 1608 reagì evasivamente alla richiesta bavarese di sostegno diplomatico e finanziario, adducendo a pretesto le scarse disponibilità pontificie ed il rischio di provocare un'alleanza offensiva protestante. Se il C. ignorasse effettivamente che l'unione protestante era stata già conclusa non è certo, sicuro è invece che egli sospettava nei progetti bavaresi secondi fini, lesivi degli interessi asburgici. Soltanto nell'aprile del 1609 mutò atteggiamento, sotto la pressione degli avvenimenti boemi e della manifesta debolezza dell'imperatore. Da allora egli consigliò la Curia di favorire i progetti di lega, che appoggiò insieme con l'ambasciatore spagnolo Zúñiga, inviando anche a Madrid e a Roma il cappuccino Lorenzo da Brindisi. Le riserve sue e della Curiapersistettero tuttavia anche dopo la conclusione, nel luglio del 1609, della lega cattolica: esse erano dettate da un riguardo per la casa d'Asburgo, praticamente esclusa dalla lega per via delle mene bavaresi, e dalle proteste francesi connesse con il conflitto per i ducati di Jülich e di Cleve. Solo nell'agosto del 1610 il C. poté promettere alla lega la concessione di sussidi pontifici che però poi furono versati solo in parte.
In campo ecclesiastico il C. si adoperò per l'attuazione dei decreti di riforma tridentini, per una più assidua cura delle anime e per garantire un maggior rispetto della disciplina ecclesiastica. Ma i suoi sforzi erano spesso ostacolati dalle sfavorevoli condizioni politiche, come risultò evidente sin dai primi giorni della sua nunziatura, quando non poté impedire al predicatore protestante della corte elettorale sassone, Leyser, di predicare pubblicamente a Praga, con grande affluenza di fedeli. Vani furono i suoi tentativi, alla fine del 1607, di citare in giudizio il protestante margravio del Baden, reo di interferire negli affari interni della Chiesa cattolica, come anche quello di impedire la concessione di indulti imperiali ad amministratori vescovili protestanti. Considerazioni politiche gli impedirono di opporsi alla nomifia di un uomo di cattiva fama come coadiutore del vescovo di Bamberga. Notevoli difficoltà incontrò in Boemia dopo la concessione della "Lettera di maestà". A partire dall'autunno del 1609 dovette intervenire sempre più frequentemente a difesa delle immunità e dei possessi della Chiesa minacciati dai protestanti. Particolarmente grave fu il conflitto per l'abbazia premostratense di Königsaal: la Dieta aveva deposto il neocietto abate perché non boemo e l'aveva sostituito, con il consenso dell'imperatore, con un amministratore protestante. I sessanta monaci fuggirono allora a Praga, dove il C. li alloggiò nella sede della nunziatura fino all'estate del 1610, quando poté risolvere la questione a loro favore.
Il C. aveva espresso già nel marzo del 1609 l'intenzione di rinunziare alla nunziatura praghese, ma dovette attendere il suo richiamo a lungo: solo nel settembre del 1610 venne designato il suo successore, G. B. Salvago. Dopo aver introdotto il Salvago negli affari della nunziatura, partì da Praga il 26 genn. 1611 e, dopo una breve sosta a Monaco, giunse a Roma agli inizi di marzo; qui presentò una relazione al papa, e subito dopo si ritirò a Capua. Ma già alla fine di agosto venne nominato - anche per via di pressioni spagnole - nunzio a Madrid. Munito di dettagliate istruzioni, partì il 27 ott. 1611 per la Spagna e giunse alla corte madrilena a metà dicembre. Benché gli fosse stata affidata anche la proficua collettoria pontificia, la sua settennale missione presso la corte di Filippo II si sarebbe chiusa con un passivo di 24.000 scudi.
Nel marzo del 1612 furono annunziati ufficialmente gli accordi stipulati l'anno prima per un duplice matrimonio tra le case reali di Madrid e di Parigi, caldamente auspicato da Roma; la conclusione dei trattati matrimoniali costituiva una conferma del riavvicinamento franco-spagnolo dopo l'assassinio di Enrico IV. Se negli anni successivi i contrasti politici nell'Italia settentrionale non degenerarono in aperto conflitto tra le grandi potenze fu una conseguenza del clima di distensione garantito da questi accordi. Nel corso dei contrasti per la successione mantovana il duca di Savoia occupò nel 1613 il ducato di Monferrato, provocando l'intervento militare spagnolo in favore di Mantova. Un primo successo ottenuto dalla mediazione francese e pontificia nel giugno del 1615 rimase senza seguito per lo scoppio delle ostilità fra Austria e Venezia, in conseguenza dei continui atti di pirateria commessi nel mare Adriatico dagli Uscocchi protetti dall'imperatore. Un'alleanza tra Venezia e Savoia, cui aderì anche l'Olanda, portò alla sovrapposizione dei due conflitti italiani. I tentativi di mediazione della diplomazia pontificia, che il C. appoggiava da Madrid in collaborazione principalmente con il collega Guido Bentivoglio nunzio a Parigi ed il cardinal legato Alessandro Ludovisi inviato in Alta Italia, ebbero successo solo quando la Francia minacciò di schierarsi a fianco della Spagna. Si poté così pervenire alla ratifica dei due trattati di pace a Madrid alla fine di settembre del 1617. In questi anni il C. dovette occuparsi costantemente della successione al trono imperiale, questione tuttora irrisolta, delle vicende nei Paesi Bassi, e dei progetti per un matrimonio anglo-spagnolo.
I conflitti tra Stato e Chiesa occupano nella corrispondenza del C. un posto ben più rilevante. Egli dovette difendere i diritti e le immunità della Chiesa in innumerevoli controversie giurisdizionali. Il più delle volte si trattava di interferenze delle autorità statali in controversie puramente ecclesiastiche: così nel 1614 nel contrasto tra vescovo e capitolo di Cuenca e nel 1615-17 in quello tra vescovo e canonici di Siviglia. Dovette inoltre intervenire contro i tentativi statali di regolamentare la concessione dei benefici ecclesiastici e di limitare i diritti e l'attività dei collettori papali in Portogallo. La composizione di queste controversie giurisdizionali, che assunsero particolare virulenza in Portogallo, dove culminarono nell'interdetto fulminato contro Lisbona nel 1617, era resa ancor più difficile dai contemporanei conflitti insorti nel Milanese (soprattutto a Novara e Tortona), a Napoli ed in Sicilia. Il C. dovette intervenire infine per tacitare le censure spagnole contro la Monarchia Sicula del Baronio e la Defensio Fidei di Francisco Suárez. Dato l'incontrastato predominio delle dottrine regalistiche alla corte di Madrid, egli si trovò in dffficoltà, benché fosse in buoni rapporti sia con il duca di Lerma, l'onnipotente favorito di Filippo III, che con Luis de Aliaga, confessore del re. Occasionalmente poté sfruttare la rivalità che dal 1615 opponeva i due favoriti, ma spesso fu costretto a cedere; così ad es. nel 1618 Paolo V dovette concedere la porpora al duca di Lerma, malgrado la lunga resistenza opposta dal Caetani. Anche in campo teologico dovette intervenire in conflitti sui quali pesavano le solite interferenze statali. Nel 1612 riuscì a indurre ad una tregua i due partiti dei domenicani e dei gesuiti, divisi da profonde divergenze sulla dottrina della grazia sostenuta dal Molina. Un nuovo conflitto insorse Inel 1615 quando i domenicani di Siviglia si pronunziarono pubblicamente contro l'Immacolata Concezione, provocando l'intervento dell'arcivescovo e conseguenti tumulti popolari che coinvolsero tutta l'Andalusia e si estesero anche alla Castiglia. Mentre il C. mandava circolari ai vescovi per condannare le violente polemiche religiose, il governo spagnolo, appoggiato da gesuiti e francescani, tentava di convincere il papa a proclamare il dogma dell'Immacolata Concezione e di fronte alla cautela pontificia minacciava di adottare esso stesso provvedimenti vincolanti. Finalmente nell'autunno del 1617 un decreto pontificio proibì ogni ulteriore discussione della controversa questione, evitando però di compromettersi con una decisione. A coronamento dei suoi molteplici sforzi per migliorare la disciplina del clero e riformare gli Ordini, il C. presiedette i capitoli dell'Ordine dei francescani osservanti e quello dei mercedari a Salamanca nel marzo e nel giugno del 1618.
Nell'estate del 1618 fu comunicata al C. la sua imminente sostituzione con Francesco Cennini. Non sappiamo se motivo reale del richiamo, inaspettato e accolto con disappunto dagli Spagnoli, fosse la morte del fratello Bonifacio o non piuttosto l'irritazione di Paolo V per la concessione del titolo di grande di Spagna al nipote del C., Francesco, - una delle tante dimostrazioni della benevolenza di Filippo III verso i parenti del nunzio - in concorrenza con le uguali pretese dei Borghese. Dopo aver introdotto il suo successore, il C. lasciò la corte di Madrid alla fine di ottobre e, dopo un breve soggiorno a Roma, si ritirò a Capua ove lo aveva sostituito nelle sue funzioni episcopali il vicario generale Felice Siliceo.
Poche settimane dopo l'avvento al pontificato del papa Ludovisi, Gregorio XV, il C. fu richiamato alla Curia romana, e creato cardinale il 19 apr. 1621; il 16 maggio ebbe il titolo di S. Pudenziana. Inviato poco dopo, il 13 ott. 1621, cardinal legato a Bologna, rinunziò alla carica già nel maggio del 1623. Poco prima, per incarico del pontefice, aveva ancora visitato a Mantova Eleonora Gonzaga, promessa sposa dell'imperatore Ferdinando II. Ritornato a Roma il C. fu particolarmente attivo nella Congregazione dei vescovi e in quella del Concilio. Agli inizi di luglio del 1622 Gregorio XV gli conferì vari benefici e pensioni, per un valore complessivo di 5.000 scudi. Nel conclave dell'estate del 1623 (inizialmente egli stesso fu ritenuto papabile) il C., come portavoce del partito ludovisiano, ebbe un ruolo decisivo nell'elezione di Urbano VIII. Successivamente il cardinal Ludovisi, quando si ritirò nella sua sede episcopale bolognese, lo scelse come suo sostituto negli incarichi curiali, dimostrandogli illimitata fiducia.
Morì a Roma il 17 marzo 1624, dopo breve malattia. Aveva precedentemente trasferito ai suoi nipoti quasi tutti i suoi titoli e benefici. Fu sepolto nella cappella di famiglia in S. Pudenziana.
La cultura del C., che ebbe ampia risonanza, ed i suoi interessi letterari (ancor giovane aveva acquistato fama di autore di poesie satiriche, e verso il 1600 venne rappresentata a Roma anche una sua opera teatrale) si riflettono nella chiarezza stilistica e concettuale della sua corrispondenza diplomatica. Dopo lunga consuetudine Guido Bentivoglio dichiarò nel 1618: "… ho potuto impararne sempre, e nella nobiltà dello stile e nella perfettion del giuditio e nella finezza de' documenti" (Raccolta di lettere scritte dal cardinal Bentivoglio…, Venezia 1636, p. 141).
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vat., Barber. lat.6030, ff. 21 ss.: Descrittione della vita del s. card. A. C. distesa da mons.[Cristoforo] Caetani (ms.dell'anno 1624); ulteriori notizie biografiche ibid.3289, ff. 557-559v; Urbin. lat.1094, ff. 159v, 160v, 165rv, 176; e in Arch. Segr. Vat., Segreteria di Stato, Avvisi, 10, ff. 74rv, 81. Lettere del C. a vari cardinali in Bibl. Apost. Vat., Barber. lat.6910, 7577, 8697;lettere degli anni 1615-17 al fratello Bonifacio a Bologna, Bibl. universitaria, ms. 2109;tre sonetti del C., Ibid., ms. 4005, ff. 59 s. Le istruzioni redatte dal C. nel 1610per il suo successore nella nunziatura praghese F. B. Salvago, in Bibl. Apost. Vat., Vat. lat.13460, ff. 260-309;una relazione del C. sul conclave del 1623, Ibid., Urbin lat.856 I, ff. 1-50v; 1661, ff. 382-438v. La corrispondenza della nunziatura di Praga, limitatamente al periodo maggio 1607-agosto 1608, è stata pubblicata da M. Linhartová, A. Caetanii nuntii apostolici apud Imperatorem epistulae et acta 1607-1611, I-III, 2, Pragae 1932-46;brevi regesti della corrispondenza diplomatica del C. nunzio in Spagna sono stati pubblicati da J. de Olarra Garmendia-M. L. de Larramendi, Correspandencia entre la nunciatura en España y la Santa Sede: Reinado de Felipe III, IV-VII(1610-1621), Roma 1964-67, ad Indices.Un catalogo degli atti di nunziatura esistenti nei vari fondi dell'Arch. Segr. Vat. e della Bibl. Apost. Vat., in J. Semmler, Das päpsdiche Staatssekretariat in den Pontifikaten Pauls V. und Gregors XV. 1605-1623, Rom-Freiburg-Wien 1969, pp. 19, 22, 27, 29 s., 35, 37; integrazioni in W. Reinhard, Akten aus dem Staatssekretariat Pauls V. im Fondo Boncompagni-Ludovisi der Vatikanischen Bibliothek, in Römische Quartalschrift, LXII (1967), pp. 98 s., A. Ciaconius-A. Oldoinus, Vitae et res gestae Pontificum…, IV, Romae 1677, col. 479; G. J. Eggs, Purpura docta…, VI, Monachii 1714, p. 293;L. Scarabelli, Lettere diplomatiche di Guido Bentivoglio, I, Torino 1852, pp. 135, 139, 158, 180;T. Tasso, Lettere, a cura di C. Guasti, III, Firenze 1853, pp. 220 s.;H. Laemmer, Zur Kirchengeschichte des 16. und 17. Jahrhunderts, Freiburg 1863, pp. 80 s., 89;F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplomatique des canclaves, III, Paris 1865, pp. 53, 71-75;G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia…, XX, Venezia 1866, p. 105;A. Gindely, Rudolf II. und seine Zeit (1600-1612), I, Prag 1868, pp. 216 s.; Briefe und Akten zur Geschichte des Dreissigjdhrigen Krieges, IV-IX, München 1878-1903, ad Indices;A. Pieper, Der Augustiner Felice Milensio als pestlicher Berichterstatter am Regensburger Reichstag 1608, in Römische Quartalschrift, V (1891), pp. 56-61, 152 s., 155; L. Frias, Felipe III y la Inmaculada Concepción, in Razón y Fé, X (1904), pp. 31 s., 145, 148-154, 293, 300, 306 s.; XI (1905), pp. 181-195; XII (1905), pp. 322 s.; J. F. Novák, Über die Bedeutung der Nuntiaturberichte für "Die bömischen Landtagsverhandlungen", in Mitteilungen aus dem Landesarchive des Königreichs Böhmen, I (1906), pp. 85-101;H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, pp. 181, 192, 196, 257; P. Hiltebrandt, Die päpstliche Politik in der preussischen und in der jülich-klevischen Frage, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XV (1913), pp. 294-300, 351-354; XVI (1914), pp. 49-54, 72 s., 79-81;G. Caetani, Caietanorum genealogia, Perugia 1920, pp. 74-79;Id., Domus Caietana, II, San Casciano Val di Pesa 1933, pp. 165, 180 ss., 256, 280, 303, 313;L. von Pastor, Storia dei papi, XII, Roma 1930, pp. 229, 519-522, 527, 531 s., 536, 539-542, 551, 584; XIII, ibid. 1931, pp. 68, 230, 234, 236; M. Canal, El P. Luis Aliaga y las controversias teológicas de su tiempo, in Archivum fratrum praeditorum, I (1932), pp. 131 s., 135, 143-147; G. Bentivoglio, Memorie e lettere, a cura di C. Panigada, Bari 1934, pp. 93, 118, 179;C. Pérez Bustamante, Los cardinalatos del Duque de Lerma y del Infante Don Fernando de Austria, in Boletín de la Universidad de Santiago de Compostela, XXIV (1935), pp. 24-37, 41, 52-57;L. Lopetegui, La Secretaria de Estado de Paulo V, y la composición del "Defensio Fidei" de Suárez, in Gregorianum, XXVII (1946), pp. 592-596; I.Iparraguirre, Pareceres encontrados sobre la definibilidad de la Inmaculada en el siglo XVII, in Estudios eclesidsticos, XXVIII (1954), pp. 604-606, 608, 612;A. M. da Carmignano di Brenta, San Lorenzo da Brindisi, dottore della Chiesa universale (1559-1619), I-IV, 2, Venezia-Mestre 1960-1963, ad Indicem;R. Belvederi, Guido Bentivoglio e la politica europea del suo tempo 1607-1621, Padova 1962, pp. 245, 335, 368, 371-374;F. Neuer-Landfried, Die Katholische Liga: Gründung, Neugründung und Organisation eines Sonderbundes 1608-1620, Kallmünz 1968, ad Indicem;P. Gauchat, Hierarchia catholica…, IV, Monasterii 1935, pp. 16, 133; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XI, coll. 142 s.