CALVI (de Calvis), Antonio
Nacque a Roma nella seconda metà del sec. XIV da una delle principali famiglie del patriziato cittadino del rione Monti, ricordata anche dall'Altieri (Li Nuptiali, a cura di E. Narducci, Roma 1873, p. 15).
La sua casa tuttavia si trovava - almeno nel periodo della sua maturità - presso ponte S. Angelo, come registra nel suo Diario Antonio di Pietro Dello Schiavo e come dimostra anche il primo documento in cui compaia il nome del C., del 1º ag. 1380, in cui i canonici del capitolo di S. Pietro locano vita natural durante ad Antonio concanonico. a sua madre Paolina e a suo fratello Nicola una casa sita presso ponte S. Angelo, mentre il C. a sua volta dona al capitolo una casa nella parrocchia di S. Cecilia de Turricampo (Necrologi e libri affini della Provincia Romana, a cura di P. Egidi, I, Roma 1908 [Fonti per la Storia d'Italia, 44], pp. 236 s.).
Oltre la dignità di canonico di S. Pietro, desumibile dal documento citato, il C. ebbe inizialmente anche l'ufficio di avvocato concistoriale, conferitogli da Urbano VI: quest'ultima carica porta a supporre ch'egli avesse una formazione di carattere giuridico. Il 31 ott. 1390 il C. venne eletto vescovo di Imola da Bonifacio IX; ritardò tuttavia a recarsi nella sua sede per gli obblighi che comportava la nomina a "registrator supplicarum", ricevuta anch'essa in quei tempi, e governò la diocesi attraverso i suoi vicari, Andrea di Colestate prima e Andrea da Todi poi. Da un atto del 7 maggio 1391 risulta che piegò i castellani di Sassoleone a versare alla mensa vescovile la decima consueta; ma è solo dall'inizio del gennaio 1393 che il C. risulta presente ad Imola. Il 22 dic. 1395 Bonifacio IX lo elesse vescovo di Todi, ma solo nel 1398 il C. prese possesso della sua sede, come risulta da un aumento da 26 a 27 soldi del focatico imposto dal Comune il 18 giugno di quell'anno per onorare il nuovo vescovo.
Nella diocesi di Todi il C. condusse un impegnato lavoro di riorganizzazione del patrimonio vescovile, redasse un inventario dei beni della mensa e del clero, che aumentò ottenendo dal pontefice la concessione dei beni del monastero cisterciense di S. Petronilla. Nel periodo del suo episcopato Todi partecipò al movimento penitenziale dei bianchi; il C. si curò anche della riforma dei costumi nei monasteri, opera in cui fu coadiuvato dal Comune (vedi il documento del 7 sett. 1404 edito dal Leonij nella sua Cronaca, pp. 96 ss.).
Papa Innocenzo VII il 12 giugno 1405 lo elesse cardinale del titolo di S. Prassede; sembra che sia da identificarsi col C. il cardinale, di cui parla Teodorico di Niern (De scismate libri tres, a cura di G. Erler, Lipsiae 1890, p. 190, conftonta I. Giorgi, Relazione di Saba Giaffri..., in Arch. della R. Soc. romana di storia patria, V [1882], pp. 196 s.), che riuscì a salvare un cugino da sicura morte nella strage degli undici rappresentanti romani che il nipote di Innocenzo VII, Lodovico Migliorati, attuò il 6 agosto di quello stesso anno. Il nome del C. figura tra quelle dei cardinali che presenziarono al concistoro del 2 giugno 1406, in cui fu scomunicato Ladislao di Durazzo; alla morte di Innocenzo VII (6 nov. 1406) fu tra i cardinali che elessero papa Gregorio XII. Questi nominò il C. arciprete della basilica vaticana e il 2sett. 1407 gli concesse la facoltà di riformare il capitolo. Sfumato l'incontro del papa romano col suo antagonista avignonese Benedetto XIII, il C. seguì a Lucca, nel gennaio del 1408, Gregorio XII, e con lui rimase malgrado le sempre più massicce defezioni degli altri cardinali. Tuttavia un qualche segno di perplessità e di disaccordo con la politica di Gregorio XII si potrebbe cogliere nell'assenza, giustificata con motivi di salute, dal "concistoro del 9 maggio, in cui il pontefice romano nominò, non rispettando il giuramento prestato nel conclave da cui era uscito eletto, nuovi cardinali. Solo tra i cardinali accompagnò Gregorio XII a Rimini, ove il papa si rifugiò fidando nell'appoggio del signore, Carlo Malatesta.
Del soggiorno riminese del C. ci rimane singolare testimonianza una lettera di Pier Paolo Vergerio a Francesco Zabarella del 25 novembre del 1408 (non del 1406, come ritenne il Paschini): un'adirata invettiva contro il tudertino - come il C. veniva chiamato -, uomo rozzo e incolto, incrocio di cane e di bue, che gli ha sottratto a Rimini l'alloggio. L'attacco del Vergerio non rimase isolato; nella pubblicistica antigregoriana di questo periodo figura spesso il nome del C., come nell'invettiva di un "Quarkemboldus vicecamerarius pauperum", affissa nell'ottobre del 1405 alle porte del duomo di Pisa, in cui si diceva Innocenzo VII dannato per aver eletto al cardinalato Angelo Correr (Gregorio XII) e il Tudertino.
Nei primi mesi del 1409 il C. appoggiò Carlo Malatesta nel tentativo di trovare un accordo tra Gregorio XII e il concilio di Pisa. Fallite le trattative, il C. decise di accettare l'invito dei cardinali riuniti a Pisa - rivoltogli già dall'11 ott. 1408 - di unirsi a loro per tentare insieme di ricreare l'unità della Chiesa (vedi la lettera dei cardinali al C. nel codice Vat. lat. 3477, cc. 222-223v). Al concilio di Pisa il C. giunse, ultimo tra i cardinali, il 16 giugno 1409. Dopo l'elezione al soglio pontificio, di Alessandro V, egli dovette abbandonare il titolo di cardinale prete di S. Prassede, già detenuto dal cardinale "clementino" Petrus Fernandi Frias, per quello di S. Marco.
Nel processo che il concilio intentò contro i due pontefici, Benedetto XIII e Gregorio XII, tra le testimonianze venne aggiunta una deposizione del C., resa il 9 agosto, che riveste qualche interesse per quel che riguarda il tentativo fatto dai due pontefici nella primavera del 1408 di giungere ad un accordo per por fine allo scisma. Il C. riferì infatti di una conversazione avuta a Rimini con Gregorio XII, alla presenza di Gabriele Condulmer, nella quale il papa, dopo aver parlato della sottrazione all'obbedienza da parte dei Fiorentini e del concilio di Pisa, avrebbe alluso ad una proposta che Benedetto XIII gli avrebbe fatto, d'imprigionare cioè tutti i cardinali tranne quattro, due per ciascun collegio cardinalizio. i quali, da soli, avrebbero scelto il nuovo pontefice. Gregorio XII avrebbe per un momento pensato di acconsentire, scegliendo per questo singolare conclave Antonio Correr suo nipote e Gabriele Condulmer, uomini abituati al digiuno e che pertanto avrebbero potuto più facilmente aver ragione dei due cardinali di Benedetto XIII (cod. Vat. Ottob. lat. 2356, cc. 389-390).
Alessandro V il 24 genn. 1410 gli confermò i poteri già conferitigli da Gregorio XII per la riforma del capitolo della basilica vaticana. Il 13 maggio 1410, a dieci giorni dalla morte di Alessandro V, il C . era tra i cardinali riuniti nella sagrestia dei frati minori di Bologna per tentare, auspice Carlo Malatesta, di sanare lo scisma; partecipò poi al conclave da cui uscì eletto, il 17 maggio, Baldassarre Cossa col nome di Giovanni XXIII.
Tornato con il nuovo pontefice a Roma, ivi morì il 2 ott. 1411. Antonio di Pietro, beneficiario della basilica vaticana di cui il C. era arciprete, descrive diffusamente nel suo Diario le esequie tributate al cardinale, il quale fu seppellito nella cappella gentilizia di S. Giacomo in S. Pietro. Ancor oggi si trova nelle grotte vaticane la lapide in sua memoria, riferita anche dall'Amayden (p. 241). Il Ciacconio ricorda di aver visto a Roma, presso Cassiano Dal Pozzo, una medaglia con l'effigie del Calvi.
Fonti e Bibl.: Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 335, ff. 211-244v; Reg. Vat. 336, ff. 53v-54, 237v, 251v, 255v-256v; Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. lat. 3477, ff. 222-223v, 294v; cod. Vat. Ottob. lat. 2356, ff. 389-390;G. Sercambi, Le chroniche, a cura di S. Bongi, Lucca 1892, in Fonti per la storia d'Italia, III, pp. 121, 128, 136, 143; Antonio di Pietro dello Schiavo, Diario romano, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, pp. 13, 16, 47, 71; Paolo di Tommaso Montauri, Cronaca senese, ibid., XV, 6, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, p. 763; P. P. Vergerio, Epistolario, a cura di L. Smith, Roma 1934, in Fonti per la storia d'Italia, LXXIV pp. 316-19; A. Aubery, Hist. gén. des cardinaux, II, Paris 1653, pp. 13 s.; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, a cura di C. A. Bertini, I, Roma s.d., pp. 240 s.; A. Ciacconii Vitae et res gestae pontificum Romanorum, II, Romae 1677, col. 722;E. Martène-U. Durand, Thesaurus novus anecdotorum, II, Lutetiae Parisiorum 1717, coll.1061, 1179; J. Lenfant, Histoire du concile de Pise, I, 2, Utrecht 1731, p. 87; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, II, Venezia 1884, pp. 222 s.; C. Guasti, Gliavanzi dell'archivio di un pratese, vescovo di Volterra, che fu al concilio di Costanza, in Arch. stor. ital., s. 4, XIII (1884), p. 314; L. Leonij, Cronaca dei vescovi di Todi, Todi 1889, pp. 94-99; M. Souchon, Die Papstwahlen in der Zeit des grossen Schismas, I, Braunschweig 1898, pp. 110 s., 155, 157;II, ibid. 1899, pp. 20, 42, 52, 62, 78; N. Valois, La France et le grande schisme d'Occident, III, Paris 1901, p. 577; IV, ibid. 1902, p. 104; C. Bischoff, Studien zu P. P. Fergerio dem Aelteren, Berlin-Leipzig 1909, pp. 65 s.; P. Paschini, A. Caetani, cardinale aquileiese, in Archivio della Società romana di storia patria, LII (1929), pp. 203 s.; C. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1913, pp. 26, 284, 502.