CAMPUS, Antonio
Nacque a Sassari il 12genn. 1901 da Piero, avvocato, e da Maria Santinelli. Proveniente da una agiata famiglia di proprietari terrieri della provincia, compì i suoi studi a Sassari dove si laureò in giurisprudenza, intraprendendo poi la carriera forense. Cattolico militante, fu fra gli animatori del movimento a Sassari operando inizialmente nell'ambito dell'associazione studentesca d'ispirazione cattolica "Silvio Pellico".
Iscrittosi al Partito popolare italiano già nel 1919, fu il primo sindacalista "bianco" del Sassarese, dove promosse l'organizzazione dell'Unione del lavoro di cui fu dal luglio 1921 segretario provinciale. In questa veste riuscì ad attrarre nell'orbita, del sindacalismo cattolico una vasta parte del proletariato industriale sassarese e a gestire un grande sciopero dei lavoratori addetti all'industria della concia delle pelli.
In occasione delle elezioni amministrative del 1922, quando il Partito popolare presentò una lista unitaria con la vecchia borghesia radicale sassarese e col Partito conservatore, espressione della borghesia agraria locale, il C. invitò gli aderenti all'Unione del lavoro ad astenersi dal voto; all'accusa mossagli d'aver sostenuto i socialisti il C. rispose che, constatato "il confusionismo imperante", non aveva appoggiato, né avrebbe potuto, i popolari.
La sua posizione di piena indipendenza nell'ambito del Partito popolare emerse anche riguardo al fenomeno fascista. Nell'aprile 1921, quando il fascismo si era appena affacciato nella vita politica sarda, il C. manifestò la sua netta opposizione a quel partito di cui egli aveva intuito la natura conservatrice e antipopolare, costituendo a Sassari un comitato antifascista assieme a Camillo Bellieni (Partito sardo d'azione), Fausto Dessi (Partito comunista d'Italia), Francesco Maiore (Partito repubblicano italiano) e Massimo Stara (Partito socialista italiano). La sezione sassarese del Partito popolare sconfessò sul quotidiano locale La Nuova Sardegna l'operato del C. dichiarandosi "affatto estranea al comitato". Subito dopo la marcia su Roma, Libertà, il settimanale diocesano di Sassari, manifestò le sue simpatie per il fascismo: il gruppo di cattolici vicini al C. aprì una violenta polemica tanto che lo stesso giornale fu costretto a rivedere le sue posizioni collocandosi su una linea coraggiosa che lo portò a subire sequestri e censure. Dopo il delitto Matteotti, quando si diede vita a un "comitato delle opposizioni", il Partito popolare fu rappresentato in esso dal C. e dal prof. Antonio Segni, suo cugino. Il 14 sett. 1924 uscì Sardegna libera, organo del comitato, soppresso nel gennaio 1925: il C. fu nel comitato direttivo.
Dopo la parentesi fascista, nel 1943 il C. fece parte del Comitato di liberazione sassarese. L'anno seguente, assieme ad Antonio Segni e ad altri cattolici, costituì in sede provinciale la Democrazia cristiana. Fondò nel febbraio 1947 il quotidiano democristiano IlCorriere dell'Isola, di cui fu amministratore fino alla cessazione avvenuta nel 1957. Nel 1950 costituì l'Unione provinciale delle cooperative e mutue e ne mantenne la presidenza fino al 1966. Dal 1962 assunse anche la carica di segretario regionale dell'Unione e come tale fu consigliere nazionale per la Sardegna. Assurto a posizioni di primo piano nella Democrazia cristiana sarda, fu consigliere comunale di Sassari dal 1946 al 1952 e presidente della Amministrazione provinciale per oltre un decennio. Consigliere nazionale della D. C., preferì dedicarsi alla politica regionale e dare il suo contributo per la soluzione dei secolari problemi isolani. Eletto consigliere della Regione autonoma della Sardegna nel 1953, influenzò profondamente il dibattito che si svolse in quegli anni intorno ai gravi problemi dell'autonomia regionale e del decollo economico dell'isola. Nominato nel 1955 dal Comitato dei ministri per la Cassa del Mezzogiorno presidente della Commissione economica di studio per il piano di rinascita della Sardegna, presentò dopo tre anni il Rapporto conclusivo sugli studi per il piano di rinascita.
È in quel periodo che il C. uscì dalla scena della vita politica isolana, dopo esserne stato per lungo tempo uno degli indiscussi protagonisti. Estromesso dalla gestione della D. C. sassarese da un gruppo di giovani oppositori di estrazione dossettiana, il C. abbandonò la politica attiva. Ma la sua vivace vena di polemista sempre attento alla problematica politica, manifestata attraverso unsa continua attività giornalistica, si spense soltanto con la sua morte, avvenuta a Sassari il 20 giugno del 1966.
Bibl.: L. Vinci, 20 anni di politica in Sardegna, Sassari 1963, pp. 39-48; F. Pala, Sodalizio degli Anni Venti, in Frontiera, Cagliari 1969, pp. 304-307.