CANAL, Antonio (Marcantonio)
Nacque a Venezia il 2 apr. 1521, secondogenito di Girolamo, valoroso capitano del Golfo e dell'armata, morto a Zante nel 1535. Intrapresa la carriera paterna, nel 1538 prendeva parte in qualità di sopracomito all'impresa della Prevesa. L'anno successivo cadde prigioniero con la sua galea del corsaro Dragut, al largo di Corfù, essendosi spezzato un albero della sua nave mentre cercava di sottrarsi all'inseguimento. Ritornato a Venezia, fu nominato nel 1542 podestà e capitano di Feltre. Nel 1550 fece trasferire il corpo del padre da Zante a Venezia, nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo. Tre anni dopo sposò in prime nozze donna Elena Donà e nel 1563 una Dolfin, figlia di Girolamo.
Da nessuno dei due matrimoni ottenne però figli maschi, come risulta, oltre che dagli Arbori de' patritii veneti, anche da una sua lettera, datata Zara, 24 maggio 1574, nella quale ringrazia il Consiglio dei dieci per la concessione del castello di Belluno, trasmissibile alla figlia dopo la sua morte.
Nel 1558, violando la pace con il sultano, il C. incitò il provveditore del Golfo Pandolfo Contarini, ai cui ordini militava, ad inseguire sei navi di pirati fin nel porto di Durazzo, bombardando i forti. Ne nacque un incidente diplomatico: il Contarini fu richiamato in patria e processato; il nuovo provveditore del Golfo, Cristoforo da Canal, ebbe ordine di restituire l'unico legno catturato (gli altri si erano autoaffondati nel porto) e di pagare un indennizzo per le fortificazioni portuali danneggiate. Nel 1562 il C., divenuto a sua volta capitano del Golfo, riuscì ad intercettare due fuste pirate ed a spingerle sul lido di Ancona, dove i pirati vennero catturati e i più di cento cristiani che erano incatenati ai remi ottennero la libertà. Nel 1564 ebbe il comando, coltitolo di capitano, di tre galere con il compito di combattere i pirati che infestavano l'Adriatico: non risultano tuttavia azioni di rilievo, se si eccettua il fermo a più riprese di navi ragusee cariche di grano, dirottate prontamente su Corfù, come scrive diligentemente al Consiglio dei dieci. Nel 1566, col titolo di provveditore del Golfo, assume il comando di quarantatré galere.
L'unico episodio notevole è l'arresto a S. Maria delle Tremiti di due spie turche, un siciliano ed uno spagnolo; quest'ultimo, sedicente don Miguel de Herrera, di Saragozza, dice di provenire dalla corte di Vienna e dalla Transilvania. Per ingraziarsi il C. ed il Consiglio dei dieci, afferma di essere a conoscenza di un intrigo tramato a Vienna da un bandito vicentino per ottenere con il tradimento l'acquisto agli Imperiali del forte di Marano.
Nello stesso anno, al largo di Zante, il C. fermò due galere corsare, uccidendone l'equipaggio e liberando molti schiavi cristiani. Nel 1570, al riaprirsi delle ostilità con i Turchi, in qualità di provveditore dell'armata fu destinato con quindici galere alla difesa di Candia, compito che esplicò con successo. Confermato nella carica anche per l'anno successivo, in seguito alla morte del Tron, designato a succedergli, condusse sessantadue galere veneziane a Messina, dove si radunò la flotta della lega. Il 7 ott. 1571, alla battaglia di Lepanto, il C. si distinse, accorrendo in soccorso del Barbarigo, all'ala sinistra della flotta cristiana, ed affondando con le sue artiglierie la capitana turca di Siloro, che fu preso e decapitato. Nel proseguimento della campagna l'anno successivo il C. con tredici galere attaccò il ponte che congiungeva l'isola di Santa Maria di Leuca alla terraferma, senza riuscire tuttavia nell'impresa. Inviato quindi a presidiare il tratto di mare che va da Santa Maria di Leuca al golfo di Corinto, infestato da corsari turchi, riuscì a trarre dalla sua gli abitanti dell'Acarnania ed Etolia, con l'aiuto dei quali, dopo alcune fortunate imprese militari, tornò alle sue galere carico di prigionieri e di bottino. Prese poi parte alle ultime fasi della guerra, distinguendosi nelle battaglie di capo Malea e di Modone.
Ritornò in patria dopo la conclusione della pace con il sultano. In occasione dei festeggiamenti nel corso del passaggio per Venezia di Enrico III di Valois, il 19 luglio 1574 il C. guidò la galea che condusse il re da Murano al Lido; al termine della sua visita Enrico III lo nominò cavaliere. Morì nel 1577 a Corfù, dove aveva alcuni beni feudali donati dalla Repubblica veneta al padre.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato diVenezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, c. 215; Ibid., Consiglio dei X. Capi, Lettere di Rettori ed altre cariche, b.305; Venezia, Bibl.naz. Marc., Mss. It., cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Capellari Vivaro, Il Campid. veneto, I, c. 221v; P. Paruta, Le Istorie venetiane, Venezia 1718, IV, 2, pp. 167, 230, 256, 266, 310, 318; A.Mauroceni Historia Veneta..., Venetiis 1719, I, pp. 392, 519, 577; II, passim;S.Romanin, Storia documentata di Venezia, Venezia 1857, VI, p. 260.