CANO, Antonio (Antonius Cano)
Nato a Sassari sul finire del XIV sec., fu parroco di Giave e quindi abate di Saccargia; forse nel 1420 Alfonso il Magnanimo, apprezzandone l'eloquenza, lo nominò oratore di corte e, secondo alcuni, lo condusse con sé nel Regno. Il 18 luglio 1436 fu eletto vescovo di Bisarcio, ma sul suo episcopato scarse sono le notizie: si sa soltanto che Eugenio IV, forse accogliendo una sua richiesta, unì alla sede di Bisarcio il priorato di S. Nicolò di Bertule (1444). Il 17 marzo 1437 convocò un sinodo nella chiesa di S. Maria d'Ozieri e in 19 costituzioni venne ribadito il privilegio del foro ecclesiastico in materia criminale. Il 23 ott. 1448 fu trasferito alla sede arcivescovile di Sassari, ove era stata fissata la sede dell'arcidiocesi di Torres.
Nello stesso anno aumentò il numero dei canonici e il 26 ott. 1463 convocò un concilio provinciale, al quale convennero quasi tutti i suffraganei, e nel corso del quale si decise che l'arcivescovo di Sassari e i suoi suffraganei non dovevano essere sottoposti al giudizio d'appello della Curia. Pio II accolse tale delibera nominando il C. giudice apostolico d'appello "ad quinquennium". Nel 1473 (cfr. Wadding) il C. donò il monastero abbandonato e semidistrutto con l'annessa chiesa di S. Pietro di Sirquis fuori Sassari ai francescani che lo restaurarono e lo portarono ad uno stato di notevole floridezza economica.
Secondo alcuni il C. morì nel 1473 ma sembra che debba identificarsi con lui quel Pietro Antonio che, secondo il Gams, gli sarebbe successo proprio in quell'anno e che secondo il Wadding, sarebbe autore della famosa donazione di S. Pietro di Sirquis. Più probabile, invece, che il suo successore sia stato Berengario di Fos, o di Sos, eletto il 19 genn. 1478 (cfr. Eubel) e che, quindi, la morte del C. vada spostata a un'epoca di poco precedente tale data.
Il C. fu l'autore di un poemetto intitolato Sa Vitta et Sa Morte et Passione de sanctu Gavinu,Prothu et Januariu, probabilmente composto, secondo un'usanza abbastanza diffusa, in occasione del sinodo da lui convocato. Il poemetto, che ricalca antiche leggende agiografiche e composizioni similari, ebbe, forse, come fonte principale, un Officio dei santi Gavino,Proto e Januario (questo venne edito a Venezia nel 1497;se ne conserva una copia nella Bibl. univ. di Sassari). Molti giudizi critici gli negano valore poetico, ma ne riconoscono l'interesse glottologico, per il fatto di essere scritto in antico dialetto logudorese, per il fatto di presentare l'uso di alcune singolari forme verbali ed anche per aver costituito la fonte di un'omonima composizione di Girolamo Araolla. In effetti l'operetta del C. è piuttosto rozza; le rime, baciate e talora al mezzo del verso, sono qua e là inesatte, mentre i 1081 versi, talora di incerta costruzione, sono di varia ampiezza; inoltre la stampa (l'anno di edizione è il 1557, epoca in cui in Sardegna non v'era ancora alcuna stamperia stabile e mancano, infatti, indicazioni sul luogo di edizione e sulla tipografia), ha infarcito di errori il testo ed ha invertito la collocazione di alcuni gruppi di versi, come si desume dal più ordinato poemetto dell'Araolla. Tutto ciò ha determinato vari giudizi negativi; tuttavia non va dimenticata una certa freschezza che dà un ingenuo sapore popolaresco alla composizione. Diverso il giudizio del Filia il quale, proprio nella rozzezza della struttura e della forma, ravvisa una materia popolaresca tale da far risalire ad epoca più antica la composizione e da renderne impossibile l'attribuzione al Cano. Il poemetto è conservato nella Biblioteca universitaria di Cagliari, fondo Baylle; è stato riedito da M. L. Wagner, Il martirio dei ss. Gavino,Proto e Januario di A. C. (Testo del sec. XV), in Archivio storico sardo, VIII (1912), pp. 145ss.
Bibl.: A.F. Mattei, Sardinia sacra seu de episcopis sardis historia, Roma 1758, pp. 163 s., 217; P. Martini, Biografia sarda, Cagliari 1837, pp. 240 ss.; P. Tola, Diz. degli uomini illustri di Sardegna, Torino 1837, I, pp. 167 s.; G. F. Fara, De rebus Sardois libri quattuor, a cura di L. Cibrario, Torino 1835, pp. 68, 354, 358; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XIII, Venezia 1857, pp. 126, 176; G. Cossu, Notizie sacre e profane delle città di Sardegna, III, Della città di Sassari notizie compendiose sacre e profane, Cagliari 1873, p. 76; R. Garzia, A traverso un decennio di lavoro e di studio, in Bull. bibl. sardo, V (1912), pp. 184 s.; D. Filia, La Sardegna cristiana,Storia della Chiesa, II, Sassari 1913, pp. 192 s., 204 ss.; A. Era, Tribunali eccles. in Sardegna, Sassari 1929, pp. 48, 194, 206; R. Ciasca, Bibliografia sarda, I, Roma 1931, p. 283; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico eccles., LXI, sub voce; P. B.Gams, Series espiscop., Ratisbonae 1873, pp. 834, 840; C. Eubel, Hierarchia catholica, II, Monasterii 1914, pp. 159, 259; L. Wadding, Annales Minorum, XIV, Quaracchi 1933, p. 94.