CARACCIOLO, Antonio
Nacque nel Regno di Napoli verso il 1515 da Giovanni, principe di Melfi, e da Eleonora Sanseverino. In seguito al trattato di Cambrai (1529) la sua famiglia si trasferì in Francia e si stabilì a Parigi. È possibile che il C., che manifestava una notevole inclinazione per lo studio delle lettere, abbia frequentato i corsi del College de France, fondato poco tempo prima. A diciotto anni fece il suo ingresso a corte, dove fu accolto non solo dai suoi protettori ed amici francesi (Margherita di Navarra, sorella di Francesco I, il cardinale Giovanni di Lorena, il cardinale Giovanni du Bellay) ma anche dai fuorusciti napoletani. Gentiluomo perfetto, sembrava avere una spiccata predisposizione per le armi, ma il suo interesse principale era rivolto alla letteratura: nel 1534 cercò di stringere amicizia con Pietro Aretino.
La sua vocazione religiosa si manifestò verso i vent'anni: lasciata improvvisamente la corte, si rifugiò alla Sainte-Baume; ben presto però, per l'insistenza della sua famiglia, abbandonò questo ritiro, tornò a Parigi ed entrò nel 1537 nella certosa dove non rimase che qualche mese. Grazie all'appoggio dei suoi e, soprattutto, di Margherita di Navarra, il 15 ag. 1538 poté entrare a far parte, presso i canonici regolari di S. Agostino, dell'abbazia di Saint-Victor-lès-Paris. Pronunciò i voti il 24 dicembre dello stesso anno, il 1º marzo 1539 fu ordinato suddiacono e il 5 aprile ricevette l'ordine sacerdotale dalle mani del cardinale Giovanni du Bellay, vescovo di Parigi. Quattro anni più tardi l'incessante protezione di Margherita di Navarra gli assicurò la successione al posto di Giovanni Bordier, abate di Saint-Victor. Alla morte di questo, avvenuta il 16 nov. 1543, il C. ottenne dal re il brevetto di nomina alla carica di economo che gli attribuiva l'amministrazione dei beni dell'abbazia. Il 7 genn. 1544 fu preconizzato in concistoro da Paolo III ed il 2 marzo Carlo Boucher, abate di Saint-Magloire, vescovo di Megara in partibus, gli impartì la benedizione abbaziale.
Nello stesso anno pubblicò un trattato di vita spirituale: Le Mirouer de vraye religion, da cui traspariva la sua cura nel promuovere una vita interiore più intensa presso i religiosi. Ma l'edificante programma di formazione e di vita religiosa tracciato nel volumetto non s'accordava per nulla con la sua condotta. Appena qualche mese dopo la benedizione abbaziale, mentre Carlo V invadeva la Champagne e minacciava Parigi (settembre 1544), il C. non esitò a dimostrare che conservava la passione per le armi e, vestito di un costume di seta bianca, riunì intorno a sé un gruppo di studenti e si pose a guardia della porta Saint-Antoine.
Amministrò, soprattutto, la carica affidatagli con il temperamento di un grande signore feudale ed il suo comportamento autoritario e arbitrario nel governo del monastero provocò non pochi conflitti con i religiosi. Così quando decise, a partire dal marzo del 1544, di sostituire i dignitari dell'abbazia, i canonici che ne formavano il consiglio fecero appello per abuso al Parlamento di Parigi. Francesco I, su preghiera della sorella, fece avocare la causa al suo Consiglio privato e ne affidò l'esame al cardinale di Tournon. Cominciò un lungo processo che si concluse con la divisione, desiderata dal C., della rendita dell'abbazia in parti distinte: una per l'abate, l'altra per i religiosi. La bolla di Paolo III che approvò questa spartizione (4 ag. 1546) fu notificata al capitolo e all'abate di Saint-Victor, rispettivamente il 2 ed il 3 giugno 1547. Fu eletto un priore-vicario il 2 giugno nella persona di Nicola Grenier, priore di Athis, che il 3 giugno ricevette le lettere di vicariato dal C., il quale diveniva a sua volta abate commendatario.
In seguito alla morte, avvenuta nel 1544, di Giovanni Filiberto di Cháles, Francesco I nominò il C. suo successore nella sede vescovile di Saint-Jean-de-Maurienne. Tuttavia la nomina non venne ratificata dalla S. Sede poiché papa Paolo III aveva designato un altro candidato. Nel 1548 il C. fu inviato da Enrico II presso il padre, il principe di Melfi, dal 4 ott. 1545 governatore del Piemonte, per chiarire le circostanze della resa del castello di Revello al marchesato di Saluzzo. In seguito ad un accordo tra Enrico II e Paolo III, dovette rinunciare al vescovato di Saint-Jean-de-Maurienne e nel 1550 decise di scambiare la sua abbazia con la sede vescovile di Troyes, occupata allora da Luigi di Lorena, che acconsentì allo scambio. Nel frattempo però il C. fu accusato d'eresia a Roma e all'inizio del 1551 fu aperta un'inchiesta su di lui: il procedimento si concluse rapidamente in suo favore, grazie all'appoggio del re di Francia e all'intervento di un suo parente, il cardinale Carafa, futuro papa Paolo IV.
Preconizzato vescovo di Troyes il 5 ott. 1551, fu consacrato a Saint-Victor il 15 novembre dello stesso anno da Gabriele Bouvery vescovo di Angers. Il 12 dicembre il C. fece il suo ingresso nella città episcopale e fu ricevuto all'abbazia di Notre-Dame-aux-Nonnains; la mattina seguente, domenica 13 dicembre, fu portato in processione fino alla cattedrale, dove celebrò la messa solenne. Dal momento in cui prese possesso della sua sede iniziò a predicare: i suoi primi sermoni, dalla fine del dicembre del 1551, gli attirarono le simpatie dei diocesani più aperti alle nuove idee, ma insospettirono di nuovo i cattolici attaccati alle forme ed alle usanze tradizionali, tanto che fu costretto a fare una ritrattazione pubblica.
Come la maggior parte dei prelati del suo tempo accumulò i benefici: fu abate commendatario di Notre-Dame di Ham (4 dic. 1551) e di Notre-Dame di Beaulieu-sur-Aube (1558), nonché priore di Saint-Robert de Méry; percepiva inoltre una pensione di 600 lire sul tesoro reale. Le sue entrate gli permettevano di condurre una vita sfarzosa sia nella residenza vescovile sia (come egli preferiva) nel castello di Aix-en-Othe (dove ricevette il poeta suo amico Joachim du Bellay) ed in quello di Saint-Lyé, che appartenevano al vescovado. Durante il suo episcopato cercò di osservare tutti i doveri che gli derivavano da questa carica ed in particolare curò che fosse effettuata ogni anno a primavera la visita canonica della sua diocesi. Tra coloro che gli furono più vicini vanno ricordati soprattutto il segretario Melchisedech Cruchot, il suo vicario generale Nicola Le Tartrier, curato di Saint-Jean de Troyes e giudice delegato della diocesi, che sembra aver avuto qualche simpatia, dal 1553 per i riformati, e infine Guglielmo di Taix, canonico poi decano di S. Pietro di Troyes, abate di Basse-Fontaine nel 1549, che il C. rese suo commensale.
Incaricato dal re Enrico II di compiere una missione presso il papa Paolo IV, nell'ottobre 1555 il C. lasciò Troyes diretto a Roma dove lo spingevano gli interessi del re, ma soprattutto suoi personali. Giunse nella città tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre e cercò di ottenere il cappello cardinalizio, che, già richiesto nel 1340 e nel 1553, gli era stato sempre rifiutato. Nonostante il nuovo papa fosse suo parente, le speranze del vescovo di Troyes ancora una volta non si realizzarono: malgrado le istanze presentate in suo favore dal cardinale Carlo di Lorena, ambasciatore di Enrico II, il C. non ottenne la porpora nel concistoro del 20 dic. 1555. Ma contro il parere dei cardinali di Lorena e di Tournon, che pensavano non gli rimanesse altro che ritornare in Francia, decise di restare a Roma dove era stato accolto dal cardinale Giovanni du Bellay. Le sue speranze rinacquero quando nel 1556 Paolo IV lo chiamò a collaborare ai suoi disegni di riforma e lo elesse membro di una commissione istituita per studiare il problema della simonia. Nel novembre dello stesso anno il papa 0 affidò l'incarico di proporre ad Enrico II l'investitura del Regno di Napoli per il duca d'Orléans, fratello del re. Il duca Francesco di Guisa fu subito inviato dal sovrano a Roma, dove arrivò il 2 marzo 1557. Grazie al successo del negoziato il C. sperò di ottenere questa volta il titolo cardinalizio; del resto figurava nella lista dei candidati presentata nel settembre 1556 a Paolo IV da parte di Enrico II. Ma le sue speranze andarono ancora deluse quando il 15 marzo 1557 il suo nome non comparve tra quelli dei dieci nuovi cardinali.
Tale sconfitta fu forse una delle cause che lo portarono a rivolgere i suoi interessi verso la Riforma. Decise di tornare in Francia; passò per Venezia, dove acquistò alcune tele di maestri, poi si recò a Zurigo. Il 16 maggio 1557 vi incontrò Bullinger e due settimane dopo, a Ginevra, ebbe un colloquio con Calvino. Rientrata a Troyes nel giugno 1557 manifestò il suo attaccamento alla religione cattolica, celebrando una messa solenne a S. Pietro di Troyes la domenica successiva al suo arrivo. Nell'aprile di quell'anno l'Inquisizione era stata ufficialmente ristabilita in Francia e la persecuzione contro i riformati infieriva. Egli si adoperò per cercare di mantenere i suoi diocesani nell'ortodossia cattolica e la morte di Enrico II gli ispirò un lungo poema nel quale vantava le "très chrestiennes et très louables" azioni di questo principe odiato dai riformati; tuttavia rifuggì da ogni azione violenta e, dopo la morte di Enrico II, si schierò dalla parte dei "Politiques". Cercò di farsi mediatore tra gli ugonotti e i cattolici della sua città, dove l'ostilità tra le due parti era particolarmente acuta.
Nel 1561 fu convocato al colloquio di Poissy, dove giunse alla fine di luglio; il suo comportamen o iniziale, almeno esteriormente, non suscitò alcun equivoco ed il 3 agosto assistette alla messa celebrata dal cardinale d'Armagnac; ma già dal suo primo intervento nella discussione (20 agosto) le sue dichiarazioni apparvero sospette ed ambigue. Il 26 settembre ritornò nella sua diocesi con l'intenzione di realizzare a suo modo tra ugonotti e cattolici quell'intesa che i teologi di Poissy non riuscivano a raggiungere: a Troyes convocò gli anziani del concistoro chiedendo di essere ammesso nella loro chiesa e di essere riconosciuto come vescovo; malgrado l'opposizione del pastore Pierre Le Roy e di Nicolas Pithou, rientrato da Ginevra, il 5 nov. 1561 fu riconosciuto ed accettato come vescovo della Chiesa di Troyes, grazie all'appoggio del fiorentino Pietro Martire Vermigli, sottoscrivendo in cambio la professione di fede delle Chiese riformate. Non intendeva però, comportandosi in questo modo, abbandonare la Chiesa romana: al contrario intendeva restare vescovo, conservare l'amministrazione della diocesi; voleva riconciliare i protestanti coi fedeli cattolici e governare il suo gregge secondo lo spirito della Riforma. Non cesserà d'altronde di celebrare la messa e di somministrare l'ordine al suo clero cattolico fino al giorno in cui sarà costretto a dare le dimissioni.
Frattanto il suo metropolita arcivescovo di Sens Luigi di Lorena, cardinale di Guisa, insospettito, ordinò un'inchiesta. All'inizio del dicembre 1561 il C. si recò a Parigi, dove l'accoglienza cordiale che ricevette da Caterina de' Medici lo rassicurò. Da Parigi, indirizzò una specie di lettera pastorale ai riformati della sua diocesi (Epistre envoyée aux fidelles de l'Eglise réfomée qui est à Troyes [ed. in Pascal]). Ma la pressione degli avvenimenti costrinse la corte a cambiare atteggiamento: nel dicembre 1561 egli dovette abbandonare la sua carica di vescovo rassegnando le dimissioni nelle mani della regina; ottenne da Claudio di Bauffremont, suo successore, nominato da Pio IV il 5 marzo 1562, una pensione di 4.000 lire sulla rendita del vescovado. All'inizio del 1562 scoppiarono dei disordini a Troyes ed il C., che si fregiava ormai del titolo di principe di Melli ereditato dai fratelli maggiori, Troiano e Giulio, morti senza discendenti, dovette fuggire. Lasciò la Champagne ostile e si recò a Châteauneuf-sur-Loire presso la sorella Cornelia. All'inizio dell'ottobre del 1562 egli cercò invano di mettersi alla testa dei pastori dell'Orleanese. Questi si rifiutarono di accoglierlo tra loro ed in seguito a quest'evento sembra che sia stato considerato estraneo alla religione riformata. Nel dicembre 1562 il connestabile Anne de Montmorency, che era stato preso prigioniero poco prima durante la battaglia di Dreux e accolto ad Orléans da sua nipote, la principessa di Condé, incaricò il C. di una missione presso Caterina de' Medici con lo scopo di esaminare le possibilità di pace; in quest'occasione egli ottenne il perdono della regina. All'inizio del 1563 fu citato in giudizio a Roma mentre si trovava a Brie-Comte-Robert, ritiratosi presso suo cognato Gianfrancesco Acquaviva, duca d'Atri. Il C. sperava ormai che la rottura coi riformati avvenuta ad Orléans gli procurasse l'indulgenza della Curia romana; ma l'inchiesta seguiva il suo corso ed una bolla del 7 apr. 1563 stabilì che si doveva procedere contro i vescovi francesi accusati di eresia. Il 13 aprile l'Inquisizione espose a Roma un'ordinanza che ingiungeva a otto prelati francesi, tra cui l'ex vescovo di Troyes, di comparire in giudizio entro sei mesi. Verso la fine di maggio il C. si recò dal nunzio Santacroce esponendogli la sua decisione di ritornare sotto l'obbedienza del papa, ma questi gli richiese delle prove a conferma delle sue nuove disposizioni. Dal canto loro Caterina de' Medici ed i cardinali di Lorena e di La Bourdaisière cercarono invano di opporsi al procedimento nel tribunale romano. Il 22 ott. 1563 il cardinal Alessandrino, futuro papa Pio V, chiese la condanna del C. che venne dichiarato eretico, privato della dignità episcopale e di tutti gli onori e benefici relativi. Respinto dai riformati e dai cattolici, il C. non poteva più farsi alcuna illusione: la sua carriera si concludeva con un insuccesso. Cercò invano il 26 febbr. 1564 di rientrare nelle grazie dei ministri di Orléans. Un'analoga domanda che inviò l'anno successivo da Châteauneuf-sur-Loire ai riformati di Troyes fu egualmente respinta. Passò così in esilio gli ultimi anni della vita, componendo ancora qualche poesia. Morì la notte tra il 28 ed il 29 ag. 1570 assistito dal ministro M. Béroald e fu sepolto nella parrocchiale di Châteauneuf-sur-Loire.
Oltre al Mirouer de vraye religion (Parigi 1544), ha lasciato una raccolta di versi (Tre libri di rime sacre: Parigi, Bibl. nat., mss. Ital. 1384), di cui sono stati pubblicati degli estratti; una parafrasi dei salmi; rime di circostanza (sulla morte di Enrico II, 1559; orazione per la pace, 1562; sulla nascita del conte di Soissons, 1567); una traduzione dell'elogio di Enrico II di P. di Paschal in latino, di cui apparvero a Parigi una prima edizione nel 1559 ed una seconda nel 1560. Il C. è anche l'autore di un "Inno della gloria dei beati" (marzo 1570) che non ci è pervenuto (cfr. Roserot de Melin).
Bibl.: Gallia christiana, IX, Paris 1751, col. 1124; XII, ibid. 1770, coll. 518 s., 617; A. Pascal, A. C., vescovo di Troyes, Roma 1915; J. Roserot de Melin, A. C., évêque de Troyes(1515 ?-1570), Paris 1923; E. Droz, Encore une édition gothique inconnue de Ronsard, in Mélanges offerts à AlbertKolb, Wiesbaden 1969, p. 230.