CARNEO (Carniello), Antonio
Nacque a Concordia nel Friuli il 26 nov. 1637 dal campanaro Giacomo Carniello (Geiger, pp. 20 s.) e da una Sabbata.
Secondo l'Orlandi (Guarienti), il padre del C. fu un "pittore di qualche nome"; ed andrebbe ricercato quindi in uno degli altri due Giacomo Carniello che compaiono nei registri parrocchiali di Concordia (il primo battezza un figlio nel 1602; il secondo è già morto nel 1688: Geiger, pp. 57-69) e di cui non si hanno notizie.
Secondo il De Renaldis (1798, p. 82), il C. dipinse nel 1604 un'UltimaCena e una Lavanda dei piedi per la chiesa di S. Francesco di Portogruaro, e qui dovrebbe essergli rivendicata anche la pala raffigurante la Vergine coi santiRocco e Sebastiano, eseguita dopo la peste del 1631. Ma la cronologia esclude tale paternità; ed è possibile pensare che le opere in questione appartengano a un Giacomo Carniello il Vecchio, verosimilmente zio del C., il quale potrebbe essere identificato con il primo dei due Giacomo Carniello ricordati nei registri parrocchiali di Concordia. La prima opera e la terza sono passate nel duomo con cattedrale di Portogruaro. La Cena, per la quale si fa anche il nome di Pietro Vecchia, riprende modelli tintoretteschi, in una trascrizione che ricorda gli schemi linguistici di Palma il Giovane. Anche la pala denuncia formule iconografiche care allo stesso Palma, con una resa ancora più conformista, nella struttura piramidale e nel gioco dei bilanciamenti. A Giacomo il Vecchio viene attribuita la pala raffigurante S.Antonio sorretto da angeli del duomo di Concordia, che è invece prossima allo stile di Pietro Liberi (Geiger). Una tela con S. Francesco e s. Antonio, ricordata pure come opera dell'artista nell'oratorio della Beata Vergine Annunziata di Portogruaro, è introvabile; così dicasi del dipinto raffigurante S. Giovanni Battista, s. Giovanni Evangelista e altri santi già nella chiesa di S. Giovanni, sempre a Portogruaro. Secondo il Maniago (1823, p. 137), Giacomo Carniello il Vecchio fu un "mediocre pittore".
Del 24 ag. 1667 è un documento (Geiger) da cui risulta che il conte Leonardo Caiselli da Udine, con il fratello Giovanni Battista, accettava quadri, in cambio dell'alloggio e del vitto, dal C.; "Antonio Carneo", a partire da questa data, sarà sempre designato con questa forma sincopata del cognome. Per oltre vent'anni, sino al 1687, continua il rapporto del C. con i Caiselli, che dimostrarono sempre larga comprensione valutando con generosità i quadri dell'artista. Questi nel 1689 ricevette un acconto per la pala della chiesa di S. Zenone di Fossalta di Portogruaro, consegnata nel 1690, anno in cui eseguì anche l'Educazione della Vergine e santi della chiesa di S. Cristoforo di Udine. L'11 ag. 1692, dalla citata chiesa di Fossalta ottenne una somma per l'acquisto di colori; il 21 ottobre successivo, essendo infermo, ricevette i sacramenti e il 16 dicembre, sempre del 1692, si spense a Portogruaro a cinquantacinque anni; venne sepolto a Concordia.
La prima opera nota, La Sacra Famiglia venerata dal luogotenente e dai deputati, del Museo civico di Udine, firmata, databile nel 1667, riprende schemi palmeschi e padovanineschi (volgarizzati nell'ambiente udinese da Giuseppe Cosattini, di cui il C. può essere stato uno scolaro) e si qualifica per la disponibilità ritrattistica. La quale viene ribadita dal Ritratto di Ferdinando di Prampero (datato 1668, Museo civico di Udine) e dai successivi ritratti di Gentiluorno, (villa Ottelio di Buttrio), di Giovanni Ghirardo (Museo civico di Udine), di Giovanni Battista e di Leonardo Caiselli (Udine, collezione privata): essi certificano il rifiuto di una formula professionale e condiscendente (cara invece al Bombelli), permutata con una coraggiosa ed aggressiva ricerca del vero, le cui risultanze sono di gusto quasi spagnolesco o nordico.
Dopo una breve esercitazione sui testi del caravaggismo riformato di Pietro Vecchia (Muzio Scevola della coll. Job di Udine, la Lotta della coll. Germario Cavallo di Venezia, la Morte di Archimede della coll. Destro di Padova), il C. è portato a scivolare naturalmente nell'area di influenza dei "tenebrosi": il suo ideale è il Langetti, che probabilmente gli media la sugosità rubensiana della pittura genovese e dello Strozzi in particolare; ma egli guarda anche al Giordano, al Loth e allo Zanchi. Questa fase ha il proprio acme nel gigantismo esasperato e nell'orrido programmatico di alcune tele con vecchi grinzosi e santi tormentati (Socrate, Seneca, S. Luca e S.Girolamo di collezione privata udinese, Eolo e Ercole della raccolta Mazzanti di Udine, Profeta della collezione Nonis di Pordenone), e raggiunge il suo equilibrio nella pala con S.Tommaso che dispensa il pane ai poveri nella chiesa di S. Martino a Besnate, proveniente dalla chiesa di S. Lucia di Udine (unica altra opera firmata del C.: cfr. S. Colombo, Itinerari d'arte nel territorio… di Varese, Milano 1972, figg. 80 s.) e nel Giramondo (il Pitocho)e nella Meditazione (la Pitocha)del Museo civico di Udine (circa 1670): il grottesco del Vecchia e il "picarismo" dei tenebrosi vengono riscattati dall'esuberanza e dalla generosità tecnica, come accertano la ricchezza sanguigna degli impasti e l'invidiabile felicità del tocco.
L'interpretazione che il pittore offre del repertorio naturalistico si fa sempre più personale e trasfigurante, soprattutto per la resa cromatica, che rifugge dall'oltranzismo chiaroscurale napoletano per un recupero della tradizione lagunare. In codesta prospettiva si pongono fra l'altro l'Autunno e l'Inverno della collezione Marini Solari di Udine, il Martirio di s. Bartolomeo della basilica delle Grazie pure di Udine e la Prova del veleno già nella raccolta Calligaris di Terzo di Aquileia. Dopo la grande tela conservata nel Museo civico di Udine raffigurante La Vergine col Bambino venerata dal luogotenente e dai deputati (1677) e la pala della villa Ottelio di Buttrio con la Madonna, il Bambino e santi, in cui l'insegnamento del Maffei viene piegato in termini di grazia quasi rococò - preludio certo al Grassi -, l'artista, forse sulla spinta del livido lombardo e della schiumosità mazzoniana del Ricchi, operante a Udine, licenzia brani di alta qualità - le quattro Sibille di collezione privata udinese (1677), la Didone abbandonata e la Morte di Lucrezia della raccolta Mazzanti di Udine e soprattutto la Lucrezia morente del Museo di Varsavia, "uno dei più straordinari pezzi di pittura di tutto il Seicento veneto" (Ivanoff) -, caratterizzati da una tastiera cromatica francescana.
L'assenza di notizie prima del trentesimo anno di età (in particolare sulla formazione), la scarsità di agganci cronologici e il carattere estroso e istintivo del pittore rendono ancora problematica la ricostruzione del suo itinerario figurativo. Di tutte le opere solo due recano la firma e poche sono collocabili nel tempo. Nell'Educazionedella Vergine della chiesa di S. Cristoforo di Udine, nella pala di Fossalta (purtroppo falsata dall'intervento del figlio), nella Vecchia e nella Seduzione della raccolta del Torso di Roma, il pittore tradisce una vocazione decorativa e un interesse per il rinato culto del Veronese, come appare dalla ricchezza cromatica epidermica lievitata nella luce. Le ultime opere del C. sono piccoli quadretti di armigeri e viandanti, densi di umori realistici. I disegni conosciuti sono molto rari e non sempre offrono garanzie di autenticità (Rizzi, 1964, p. 199).
Nonostante la sua incostanza stilistica, dovuta al decentramento geografico e all'isolamento culturale, fu una delle personalità artistiche più dotate del Friuli e del Veneto. Un figlio, Giacomo, fu modesto pittore.
Fonti e Bibl.: F. Altan, Del vario stato della pittura in Friuli, Venezia 1772, p. 26; P. Guarienti, Supplemento all'Abecedario pittorico (di Antonio Orlandi), Firenze 1776, p. 119; G. De Renaldis, Della pittura friulana, Udine 1798, pp. 81-83; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia (1808), II, Firenze 1970, p. 139; F. di Maniago, Storia delle belle arti friulane, Udine 1823, pp. 136 s.; Id., Guida di Udine e di Cividale, San Vito 1839, pp. 17, 50, 53, 64; A. Zambaldi, Monum. storici di Concordia, San Vito 1840, pp. 147, 151, 366; G. B. Cavalcaselle, Vita e opere dei pittori friulani… alla quale fa seguito l'invent. delle opere d'arte del Friuli (1876), a cura di G. Bergamini, Vicenza 1973, ad Indicem;F. di Manzano, Cenni biogr. dei letterati ed artisti friulani, Udine 1886, p. 53; G. De Renaldis, Memorie stor. dei tre ultimi secoli del Patriarcato di Aquileia, Udine 1888, p. 458; T. von Frimmel, Aus dem Palazzo Caiselli in Udine, in Blätter für Gemäldekunde, V(1909), 2, pp. 32 s.; O. Kutschera-Woborsky, Udine im achtzehnten Jahrhundert, in Zeitschrift für bildende Kunst, XXX(1919), pp. 94-97; A. Zambaldi-M. Belli, Annali di Portogruaro, Portogruaro 1923, p. 85; W. Suida, Unbekannte Werke des A. C., in Belvedere, III(1924), pp. 47-50; G. Fiocco, Nicola Grassi, in Dedalo, X (1929), p. 427; Id., La pittura veneziana del Seicento e Settecento, Verona 1929, pp. 2, 39, 40, 43, 47, 56, 70; W. Suida, Ein Bild des A. C., in Belvedere, XII(1934-37), p. 47; G. B. Corgnali, Il pittore G. B. de Rubeis e il suo catalogo di pregevoli quadri udinesi, in Rass. trimestr. del Com. di Udine, 1937-38, nn. 2-6, ad vocem;R. Longhi, Monsù Bernardo, in La critica d'arte, III (1938), p. 128; B. Geiger, A. C., Udine 1940 (riedizione con aggiunte dello studio pubblicato nel 1927); C. L. Ragghianti, Noterella sul C., in Le Arti, III(1941), pp. 456-462; C. Someda de Marco, Cinque secoli di pittura friulana (catalogo), Udine 1948, p. 104; M. Muraro, Mostra di disegni veneziani del Sei e Settecento, Firenze 1953, p. 36; G. Bargellesi, La pala del C. già in S. Lucia a Udine, in Arte veneta, IX(1955), pp. 218-220; I. Białostocki, Wistawa Malarstwa Wloskiego w Zbiorach Polskich (XVII-XVIII w.) (Mostra della pittura italiana nelle collezioni polacche), Warszawa 1956, pp. 123 s., 131 (rec. di G. Fiocco, in Arte veneta, X[1956], pp. 237 s.); C. Someda de Marco, Il Museo civico e le Gallerie d'arte antica e moderna di Udine, Udine 1956, pp. 164, 155, 187, 204; La pittura del Seicento a Venezia (catal.), Venezia 1959, pp. 128-30, 184 s. (recensione di A. Morassi, in Arte veneta, XIII-XIV[1959-60], p. 276); A. Rizzi, A. C., Udine 1960, p. 43; A. Rizzi, in Mostra del Bombelli e del C.(catalogo), Udine 1964, pp. LVII-LXV, 76-206 (recensione di A. Morassi, in Arte veneta, XVIII[1964], pp. 227-233); R. d'Alamo, Catalogo delle opere d'arte del convento… dei cappuccini di Udine, Roma 1966, pp. 29, 32, figg. 7 s.; C. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze 1967, pp. 107-110; A. Rizzi, Mostra della pittura veneta del Seicento in Friuli (catal.), Udine 1968, pp. 24-39 (rec. di G. M. Pilo, in Arte veneta, XXII [1968], p. 261); Id., Storia dell'arte in Friuli: il Seicento, Udine 1969, pp. 67-71; Id., Capolavori d'arte in Friuli (catal. della mostra di Passariano), Milano 1976, pp. 70-74; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p.18.