CASSITTA, Antonio
Nacque a Calangianus (Sassari) il 5 genn. 1898, da Domenico e Giovanna Maria Scanu. Il padre, piccolo proprietario agricolo, morì quando il C. aveva otto mesi. Fu a Calangianus, piccolo centro agricolo della Gallura ma situato nel cuore di una zona operaia (industria del sughero), che il C., ancora adolescente, conobbe l'idea socialista, soprattutto per l'influenza del cugino, Geppino Mureddu. Nel 1912, trasferitosi a Sassari per frequentarvi il ginnasio presso il convitto nazionale (dove il Mureddu era intanto divenuto istitutore), entrò in contatto con l'ambiente socialista dei capoluogo, dominato dalla personalità di Massimo Stara, leader intransigente e avversario dei blocchi elettorali con la sinistra radicale. Nel 1914 aderì alla sezione giovanile del Partito socialista italiano, nella quale dai primi dell'anno militava anche Luigi Polano, destinato poi a condividere con il C. larga parte dell'esperienza politica del dopoguerra e degli anni Venti: insieme i due organizzarono nel 1916 il locale circolo giovanile socialista e quindi un embrione di federazione regionale giovanile che tenne il 5 marzo 1916 a Sassari il suo congresso costitutivo. Il C., che al congresso tenne la relazione morale, ne divenne uno dei dirigenti.
Iscrittosi alla facoltà di medicina dell'università di Sassari, fu chiamato alle armi alla fine del 1916 e inviato al corso per allievi ufficiali di fanteria a Modena. Nell'autunno 1917, col grado di sottotenente fu spedito al fronte.
Il ritrovamento nel suo zaino di volantini contro la guerra gli procurò il 25 genn. 1918 un processo davanti al tribunale dell'XI corpo d'armata e la condanna a dieci anni di reclusione e io.000 lire di multa. In effetti egli scontò solo un anno e mezzo di segregazione nel mastio di Volterra, avendo potuto usufruire dell'amnistia.
Rientrato in Sardegna riprese l'attività politica nella gioventù socialista, contribuendo soprattutto allo sviluppo della federazione giovanile socialista gallurese, che nel 1919, attraverso un foglio della sinistra socialista, Il Novatore, lanciò un "appello alle forze sovversive della Sardegna" (16 nov. 1919). Durante il dibattito che precedette la scissione di Livorno si schierò apertamente per la frazione comunista e aderì quindi alla federazione giovanile dei PCd'I, dopo che la vecchia federazione giovanile socialista, sotto la guida dei suo compagno Polano, ebbe deliberato di passare nelle file del nuovo partito.
Nel marzo 1921 il C. si trasferì a Roma, dove fu eletto segretario dell'Unione della gioventù comunista romana e gli fu affidata (dal mese di settembre) la direzione dei foglio dei giovani comunisti L'Avanguardia. Nel giugno di quell'anno fu inviato dal partito al III congresso dell'Internazionale comunista e quindi al II congresso dell'Internazionale giovanile, ciò che gli consentì un primo contatto diretto con la realtà della giovane rivoluzione sovietica. Nel marzo dell'anno successivo, anche grazie alla stima personale di Amadeo Bordiga, egli fu eletto nel comitato centrale della federazione giovanile comunista in rappresentanza della Sardegna.
Quell'anno, oltre ad assumere la direzione del Fanciuilo proletario, l'organo comunista per l'infanzia, partecipò a Dússeldorf ad un importante congresso internazionale contro la guerra, latore - secondo fonti della polizia italiana - di un memoriale di Bordiga all'Internazionale sui recenti sviluppi delle lotte interne al socialismo italiano.
Nel maggio 1923 anche il C., che viveva a Milano sotto il falso nome di Giuseppe Castelli ed era membro del comitato esecutivo nazionale della FGCd'I, cadde vittima dell'imponente "battuta anticomunista" scatenata dal governo fascista. Fu arrestato nella sede clandestina dell'organizzazione giovanile assieme a quasi tutti i membri dell'esecutivo (Longo, Berti, Guermandi) e detenuto per nove mesi a S. Vittore e nel carcere romano di Regina Coeli. Venne quindi liberato senza processo (l'accusa fu poi archiviata per insussistenza di reato) ma obbligato al domicilio coatto a Calangianus. Nel 1924 fu incluso nella lista che il PCd'I tentò di presentare in Sardegna per le elezioni poilitiche, lista che tuttavia non poté essere presentata per l'impossibilità di raccogliere le firme necessarie.
Nel luglio 1924, in piena crisi Matteotti, il C. ritornò a Milano, per assumervi la responsabilità dell'Avanguardia (che tenne solo fino all'ottobre successivo). Poi, alla fine dell'anno, si trasferì a Roma, iscrivendosi al secondo anno del corso di laurea in giurisprudenza. Nell'aprile 1927 subì una diffida da parte della Commissione provinciale per l'ammonizione: in quello stesso periodo si trasferì a Sassari, dove nel giugno si laureò in giurisprudenza. Tornò quindi definitivamente a Calangianus per trascorrervi gli anni del fascismo senza svolgere alcuna specifica attività politica, sebbene fosse sempre sorvegliato e impedito ad esercitare la professione di avvocato (l'ordine degli avvocati di Tempio gli negò ripetutamente l'iscrizione all'albo). Nel 1930 sposò Giovanna Forteleoni, che gli avrebbe dato due figli.
Alla politica attiva il C. non sarebbe tornato che alla caduta del fascismo. L'isolamento in un piccolo centro, il torpore dell'ambiente locale, le difficoltà obiettive e forse il suo stesso carattere (più portato all'astrazione teorica che non all'impegno pratico) spiegano almeno in parte la lunga inattività (del resto comune a buona parte dell'antifascismo sardo degli anni Venti), sebbene sempre accompagnata da una dignitosa testimonianza di estraneità personale al regime.
Nei primi mesi del 1944 il C. fu tra i promotori del Partito comunista di Sardegna (o Partito comunista sardo), "che secondo la sua concezione - ha scritto più tardi Luigi Polano - doveva essere autonomo dal PCI ma collegato ad esso" (L. Polano, A. C. Una vita per il socialismo, in Rinascita sarda, 15 maggio 1971).
In realtà la fondazione dei PCS fu il segno tangibile dell'isolamento nel quale il C. e i pochi vecchi militanti aderenti alla nuova formazione erano vissuti durante il fascimo: all'oscuro del dibattito comunista, specie di quello cne si era svolto nella III Internazionale (il cui scioglimento, addirittura, era totalmente ignorato dai "comunisti sardi"), legati ad una analisi della realtà sarda nella quale l'antica impostazione bordighista si mescolava confusamente con,elementi di rivendicazionismo ultrasardista. Le stesse suggestioni federaliste presenti nel programma del PCS (redatto dal C.) costituivano nient'altro che una ripresa senza soluzione di continuità delle parole d'ordine dell'Internazionale contadina, propagandate senza successo anche in Sardegna dai comunisti nel 1925.
Nel marzo del 1944 il I congresso regionale del PCI, riunito ad Iglesias (Cagliari), bollò come antiunitarie le posizioni dei "comunisti sardi", affidando a Renzo Laconi e a Velio Spano il compito di demolirne le argomentazioni teoriche. La dissidenza non resistette oltre, sicché già nel maggio il C. rientrava nel partito e il mese successivo la "scissione" poteva dirsi interamente riassorbita.
Con ciò tramontava anche la tentazione del C. di proporsi come punto di riferimento di tensioni e insofferenze interne cPe certo esistevano (le ammise del resto in quei giorni anche un dirigente regionale come Laconi), ma alle quali il PCS non fu comunque in grado di offrire alcuna proposta politica seriamente alternativa. besignato a rappresentare il PCI nella deputazione provinciale di Sassari (nel 1944-48, e poi ancora nel 1949), il C. fu successivamente segretario della federazione comunista sassarese, membro della Commissione per l'epurazione e candidato (ma senza fortuna) alla Assemblea costituente. Nel 1948 il PCI lo candidò per il Senato e nel 1952, come primo dei non eletti, succedette nel seggio a Giuseppe Cavallera. Nel 1952-56 fu ancora consigliere provinciale e per molti anni consigliere comunale di Calangianus.
Il C. morì a Calangianus il 1° apr. 1971.
Fonti e Bibl.: Oltre alla voce di G. Melis, in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, 1853-1943, I, Roma 1975, pp. 523-527 e alla bibliografia ivi indicata, si veda: il necrologio di E. Gina in La Nuova Sardegna, 8 luglio 1971; P. Togliatti, Opere, I, 1917-1926, a cura di E. Ragionieri, Roma. 1967, pp. 743, 751-752; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, I, Torino 1967, pp. 191, 263; Il Lavoratore. Settimanale comunista sardo, a cura di G. Bonanno, Cagliari 1974, pp. 18, 96, 132, 251; G. Melis, I partiti operai in Sardegna dal 1918 al 1926, in Storia dei partiti popolari in Sardegna 1890-1926, a cura di L. Berlinguer, Roma 1977, pp. 179, 220, 253; F. Manconi, Il PSI in Sardegna dalle origini alla grande guerra, ibid., pp. 155-156; P. Sanna, Storia dei PCI in Sardegna dal 25 luglio alla Costituente, Cagliari 1977, passim; F. Spami Satta, Il Dio seduto. Storia e cronaca della Sardegna 1942-1946, Sassari 1978, pp. 217, 225, 252, 253, 336; L'antifascismo in Sardegna, a cura di M. Brigaglia - F. Manconi- A. Mattone - G. Melis, Cagliari 1986, pp. 130, 274.