CICU, Antonio
Nacque a Sassari il 10 giugno 1879 da Gavino e da Gavina Sanna. Nella città natale compì tutti i suoi studi. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, ancora studente iniziò il suo patrocinio presso, lo zio paterno e successivamente presso uno studio specializzato in questioni relative alle successioni, divisioni ereditarie e simili. Nel 1901 si laureò con una tesi su Gliautomi nel diritto, pubblicata lo stesso anno nel Filangieri (XXI[1901], pp. 561 ss.).
Nel 1903 la facoltà di giurisprudenza dell'università di Sassari gli conferiva la libera docenza in enciclopedia giuridica e istituzioni di diritto civile. Nel frattempo, dal novembre 1901, egli era stato nominato, a seguito di concorso, professore reggente di diritto e legislazione rurale nell'istituto tecnico "Angelo Secchi" di Reggio Emilia; nel novembre del 1904 ne diveniva titolare di ruolo.
Sono di questo periodo il lavoro su L'offerta al pubblico (Sassari 1901), tema allora discusso e volto ad allargare la nozione dei rapporto obbligatorio oltre la sua origine contrattuale, e quello sulla Estinzione dei rapporti giuridici per confusione (Sassari 1908), sempre in materia obbligatoria.
È un filone di indagine che il C. riprenderà poi, molti anni.più tardi, nel corso universitario, L'obbligazione nel patrimonio del debitore (Bologna 1922), sintesi unitaria di tutti gli aspetti del rapporto obbligatorio, dalla distinzione tra diritti di credito e diritti reali a quella fra debito e responsabilità, dagli istituti dell'azione revocatoria e della surrogatoria al fallimento e, insieme, sotto il profilo della responsabilità patrimoniale, la separazione dei beni ereditari del defunto da quelli dell'erede, e l'accettazione ereditaria con beneficio d'inventario.
Nel 1907 il C. era stato nominato straordinario di diritto civile presso la libera università di Camerino e nel luglio 1911 diveniva, nella stessa, ordinario di istituzionì di diritto privato. Nello stesso periodo (gennaio 1911) veniva nominato professore straordinario di diritto civile dell'università, di Macerata e nel 1916, vincitore di concorso, passava a quella di Parma come ordinario di introduzione alle scienze giuridiche e istituzioni di diritto civile. Di qui nel luglio del 1918 veniva chiamato alla cattedra di diritto civile dell'università di Bologna, che tenne fino al 1954.
Sono questi gli anni in cui il C. sviluppa la sua analisi del diritto di famiglia, con una messe di studi di vario taglio e profondità. Se si escludono i lavori minori, il primo approccio ai temi degli istituti familiari lo sì può far coincidere con lo studio Su La natura giuridica dell'obbligo alimentare fra coniugi (in Riv. di diritto civile. XIV, [1910], pp. 145 ss.), in cui sono già individuabili molte idee sviluppate successivamente.
Negli anni accademici 1911-12 e 1912-13, quasi per sottoporre a verifica le prime intuizioni, il C. dedica i propri corsi di diritto civile ai temi dei Rapporti giuridici tra genitori e figli (Spello 1911) e del Matrimonio e principi generali del diritto familiare (Macerata 1912): sono corsi di mole rilevante, ricchi di impegno costruttivo e di soluzioni originali. Nel 1913 elabora unaprima sintesi di carattere teorico nella sua prolusione al corso di diritto civile (Lo spirito del diritto di famiglia, in Scritti minori, Milano 1965, a cura di F. Messineo, I, 1, pp. 123 ss.). Le idee della prolusione vengono poi svolte compiutamente nella monografia Diritto di famiglia. Teoria generale (Roma 1914).
In questo lavoro ha pieno sviluppo un tracciato teorico, che aveva i suoi primi punti di riferimento nella recezione idealistica operata alla fine dei secolo dal Filomusi-Guelfi per la dottrina giuridica italiana e che si innesta in quel suo concomitante trapasso di approccio dogmatico dai canoni ermeneutici della scuola esegetica francese a quelli della scuola sistematica tedesca. Ma alcune suggestioni di derivazione hegeliana si fanno ancora più puntuali nel C; qualcuno ha notato la sincronia tra la pubblicazione della prima organica traduzione italiana dei Lineamenti di filosofia del diritto, curata dal Messineo ed uscita nel 1911, e la stesura definitiva del Diritto di famiglia. La sistematica stessa del libro mostra questa ascendenza. Il diritto di famiglia diventa oggetto di una duplice comparazione con il diritto pubblico e il diritto privato. Nella prima parte l'indagine ha lo scopo di evidenziare le affinità intercorrenti fra diritto familiare e. diritto pubblico; nella seconda si vuol mettere in risalto la diversità dello "spirito" del diritto privato dal diritto di famiglia, sulla falsariga dello schema analitico usato dallo Jhering nel suo profilo storico del diritto civile romano.
C'è in questa seconda parte un recupero di tematiche organicistiche. Il parallelo tra la famiglia e lo Stato esce dall'ambito di una costruzione dialettica ed entrambi si propongono come prodotti "dell'impulso e dell'idea sociale". Ne deriva una concezione dell'istituto della famiglia, come struttura giuridica organica, a carattere pubblicistico. E ne deriva anche una costruzione dogmatica rigida, ma estremamente coerente, fondata sul principio della supremazia dell'interesse superiore su quello individuale, in cui però rimane ferma l'origine. giusnaturalistica dell'istituto.
È su queste premesse spurie che dalla costruzione teorico-dogmatica del diritto di famiglia operata dal C. si dipanano quegli "elementi di pensiero politico autoritario, che sembra attendano solo chi, dia loro unità e coerenza di sistema" (Ungari., 1961 p. 41), e che più organicamente vediamo svolti nel saggio Concezione organica dello Stato, apparso sulla rivista di A. Rocco e F. Coppola, Politica, nel 1919 (ora in Scritti minori, I, 1, pp. 56 ss.).
In esso si esordisce ricordando che "il nazionalismo italiano ha posto come direttiva fondamentale di tutta la sua azione politica l'autonomia e la superiorità degli interessi dello Stato di fronte agli interessi individuali", ciò che porta a identificare l'antitesi fra democrazia e nazionalismo nellacontrapposizione "Io Stato per l'individuo", "l'individuo per lo Stato s. La concezione organica supera il meccanicismo e la nozione dieguaglianza è sottoposta a una critica severa. Lo Stato del C. è improntato a un rigido elitismo; inesso spetta alla legge il compito di tradurre inprecetti le esigenze sociali superiori e quello "di intendere tali esigenze, e di trovare il mezzo più idoneo per soddisfarle, non può che essere opera di persone intelligenti, aventi particolari attitudini e competenze", nella convinzione che da questo approccio si possa più efficacemente garantire la libertà, dato che l'individualismo porta "al dispotisimo di pochi o di maggioranze, di classe o di partiti". E c'è su questo filo di argomentazioni una sostanziale continuità di pensieri, culturali, se non immediatamente politici, dal momento che le troviamo sostanzialmente immutate, ma rivolte all'analisi di un tutt'altro contesto normativo e politico, per es. nel saggio Quello che la costituzione non dice, in Studium, XLIV (1948), pp. 219ss. e riproposte come motivi culturali di una tradizione nazional-cattolica.
L'autoritarismo del C. entra in quel crogiuolo di variegate espressioni che caratterizzano la cultura giuridica sotto il regime fascista, in cui alla componente nazionalistica, giudicata la fonte primaria della politica familiare del ventennio, si connettono motivi di derivazione irrazionalistica, positivistica e cattolica. Ma sono questi ultimi, innestati nella concezione organicistica del C., che sempre più compiutamente si sostituiscono nel suoi scritti all'originaria lettura di derivazione idealistica, per costituire il filo conduttore ideologico del, suo pensiero visibile nella polemica alla dottrina razziale, per il principio, ad essa connessa, di totale funzionalizzazione della famiglia allo, Stato, colla negazione del carattere naturale della famiglia "mista", è conseguente negazione quindi della "naturalità" dei corpi intermedi, punto essenziale di approdo del suo pensiero.
L'originale ambivalenza della costruzione dottrinale del C. sul diritto di famiglia ne condiziona anche la fortuna. Come è stato notato, essa raccoglie "solo generiche simpatie, ma non precise adesioni", giacché, "interpretata come diretta ad avvicinare il diritto di famiglia al diritto pubblico, senza però in essa ricomprenderlo, poteva essere, come in effetti fu, in contrasto con le direttive politiche del regime, improntate in senso decisamente statualista e totalitario". Interpretata "(erroneamente) nel senso che facesse del diritto di famiglia una branca del diritto pubblico, doveva sollevare l'opposizione dei cattolici e dei democratici di stampo liberale, volti a conservare l'autonomia del diritto familiare dall'invadenza del potere politico" (Sessa, 1976, p. 492).
Così l'influenza dei C. nella elaborazione del nuovo codice civile rimase modesta rispetto all'importanza del suo ruolo nel dibattito dottrinale. Egli non fece parte di nessuna delle commissioni incaricate della redazione. L'unico rapporto diretto con la codificazione lo ebbe, come incaricato di diritto civile all'università cattolica del Sacro Cuore, redigendo osservazioni al tit. VIII, concernente la filiazione, del progetto presentato dalla commissione reale, presieduta da V. Scialoja, sebbene su almeno due temi centrali del nuovo regime normativo, quello relativo alla fase costitutiva del vincolo e quello del regime patrimoniale, molti dei concetti elaborati nella costruzione dogmatica del C. possono dirsi riflessi.
Nella gran messe della produzionegiuridica del C., che copre uno specchio vastissimo di argomenti, un altro filone centrale di elaborazione sistematica fu il diritto successorio, che trovò la sua sistemazione in opere di largo respiro, di cui la prima è il trattato su Le successioni (Milano 1936), cui seguirono il lavoro su La divisione ereditaria (Milano 1946) e i due volumi, del Trattato di diritto civile e commerciale, da lui diretto assieme a F. Messineo, su Le successioni per causa di morte (Milano, 1954, 1958).
Qui il nodo centrale della impostazione sta nel concepire la figura stessa dell'eredità, come sostituzione dell'erede nella posizione giuridica del defunto, piuttosto che come trasferimento di beni, con un rovesciamento completo della "communis opinio" dottrinale, che ritroviamo anche nella definizione del coniuge usufruttuario come erede e non come legatario e nelle pagine sulla figura dei coerede e sulla natura giuridica dell'accettazione con beneficio d'inventario.
La carriera accademica del C., oltre all'insegnamento bolognese, è costellata di numerosi altri incarichi. All'università di Bologna fu docente anche di diritto romano, diritto agrario, filosofia del diritto, teoria generale del diritto, materie giuridiche ed economiche, a Parma di procedura civile e ordinamento giudiziario, a Ferrara di diritto civile e infine nell'università cattolica del Sacro Cuore di Milano di diritto civile, diritto commerciale, diritto industriale, diritto agrario, diritto fallimentare, diritto internazionale, esercitazioni di arte notarile.
Fu socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, socio effettivo dell'Accademia delle scienze e socio corrispondente dell'Accademia di agricoltura di Bologna. Nel 1927 fondò a Bologna l'Istituto giuridico che oggi porta il suo nome. P, stato direttore della Rivista di diritto civile dal 1939 al 1943 e dalla sua fondazione, nel 1947, della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile.
Il C. morì a Bologna l'8 marzo 1962.
Fonti e Bibl.: F. Vassalli, Lezioni di dir. matrimoniale, Padova 1932, pp. 77 ss.; L. Ferri, Il dir. di famiglia e la Costituzione della Ropubblica ital., in Riv. trim. di dir. e proc. civ., XVI (1962), pp. 116 s.; P. Ungari, A. Rocco el'ideologia giuridica del fascismo, Brescia 1963, p. 41; F. Messineo, L'opera di A. C., commemorazione, in Rendic. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze morali, st. e filol., s. 8, XVIII (1963), pp. 439-448; F. Carnelutti, La riforma del diritto difamiglia, in Riv. di diritto matrimoniale, XXXI(1964), 3, p. 29; A. C. Jemolo, Divorzio e politica, in Arch. giuridico, LXXI(1966), pp. 3-12; Cenni biogr. e bibliogr., a cuga di F. Carusi-L. Ferri, nella ristampa del vol. A. Cicu, La filiazione, Torino 1969; P. Ungari, Ildiritto di famiglia, Bolo gna 1970, passim;F. Finocchiaro, Profili del matrimonio nelle ideologie dei giuristi e nella disciplina legale, in Studi in on. di O. Condorelli, II, Milano 1974, pp. 465 ss., P. Meldini, Sposa e madre esemplare, ideologia e politica della donna e della famiglia durante il fascismo, Firenze-Rimini 1975, pp. 26-35; M. Sesta, Profili di giuristi ital. contemporanei: A. C. e il diritto di famiglia, in G. Tarello, Materiali per una storia della cultura giuridica. Bologna 1976; VI, pp. 419 ss.; Novissimo Dig. It., III, s. v.