CIPOLLONI (de' Cipollonis), Antonio
Nacque a Firenze da Nicolò presumibilmente nella, prima metà del XIV secolo. Entrato nell'Ordine domenicano in data imprecisata, lo ritroviamo nel 1373 e 1374presente, insieme con altri religiosi di S. Maria Novella, alla lettura ed esecuzione di due testamenti. Ricoperte con rapidità tutte le più importanti cariche che l'Ordine domenicano riservava all'insegnamento - fu progressivamente baccelliere, lettore, maestro in teologia - nel 1383, sotto il generalato di Raimondo da Capua, fu procuratore generale dell'Ordine, quarto tra i religiosi di S. Maria Novella a raggiungere tale dignità.
Creato vescovo di Giovinazzo (Bari) da Urbano VI in data incerta, ma con ogni probabilità intorno al 1381, poco tempo dopo abbandonò tale sede forse anche per la situazione anomala creatasi nella diocesi con l'elezione, da parte dell'antipapa Clemente VII, di un vescovo concorrente nella persona di Giovanni Spinelli, membro di una delle maggiori famiglie locali. Trasferito nella sede vescovile di Fiesole nel 1383 o 1384, vi rimase per circa sei anni, assistito, dal 1388 in poi, da un frate dell'Ordine domenicano che il maestro generale Raimondo da Capua gli aveva concesso di tenere con sé. Terminato il periodo fiesolano, che non registra avvenimenti di particolare rilievo ma solo incombenze usuali alla dignità vescovile come la consacrazione della chiesa di S. Nicolò di Calenzano, nel 1390fu trasferito da Bonifacio IX al vescovato di Volterra in luogo di Onofrio Visdomini che andava ad occupare la sede vacante di Firenze.
Gli anni dell'episcopato volterrano furono senza dubbio per il C. i più movimentati e fecondi anche per la particolare, privilegiata situazione di quel vescovato cui gli imperatori avevano semprá concesso poteri straordinari. Così nel 1394 lotroviamo impegnato a risolvere una controversia che già da lungo tempo opponeva il Comune e la Chiesa di Volterra, ambedue rivendicanti diritti sul castello di Berignone in Val di Cecina. Gli accordi, stipulati con la mediazione dei C., prevedevano che il castello dovesse rimanere sotto la giurisdizione del Comune, ma che i rettori, da scegliersi esclusivamente tra i cittadini volterranì, dovessero essere eletti a vicenda dal vescovo e dal Comune. Nel 1395, usufruendo dell'antico previlegio della giurisdizione imperiale che l'imperatore Carlo IV dì Lussemburgo aveva nel 1355 confermato all'allora presule volterrano Filippo Belforti e in virtù del quale era concesso al vescovo di Volterra di tenere tribunale civile e criminale per cause riguardanti non solo la diocesi ma qualsiasi città della Toscana, il C. fu giudice in una causa tra Giovanni di Giusto Guidi e la città di Massa Marittima che condannò al pagamento di duemila fiorini d'oro in favore del predetto Guidi. L'esecuzione della sentenza, non ancora risolta nel 1405, fu affidata alla Signoria di Firenze e a quella di Volterra.
Preoccupazione tra le più assidue del C. durante gli anni di permanenza a Volterra fu quella per la fondazione in questa città di un convento domenicano. Già poco dopo la sua elezione egli inviò, infatti, insieme con i Priori ed il popolo di Volterra, per mezzo del provinciale romano, una richiesta in tal senso al pontefice Bonifacio IX che, con bolla datata 8 apr. 1391, accolse la domanda ponendo come sola condizione il rispetto di un antico divieto di papa Clemente IV a costruire ad una distanza inferiore alle 140 canne dalle chiese di altri Ordini religiosi. Ottenuta l'autofizzazione era necessario reperire il luogo adatto alla fondazione. Sovvenne a questa necessità l'esecuzione delle volontà testamentarie di Angelo di Lotto Bonaguidi, ben conosciute dal C. che era tra i fidecommissari ed esecutori del testamento redatto il 28 ag. 1383. Il Bonaguidi aveva infatti stabilito che, nel caso la linea maschile della sua famiglia si estinguesse nei suoi figli, questi avessero l'obbligo di destinare la cosiddetta loggia o palazzo dei Bonaguidi alla costruzione di una chiesa e di un convento per i domenicani. Unico impedimento alla realizzazione del progetto era l'eccessiva vicinanza della loggia al convento degli eremitani di S. Agostino. Si ricorse, perciò, di nuovo a Bonifacio IX il quale con bolla datata 10 giugno 1395, in cui faceva esplicito riferimento alle pressioni del C., concedeva "non obstante constitutione et inhibitione praedictis... recipiendi locum, praedictum et ibidem. aedificandi et construendi" (Bremond, p. 349).
Gli sforzi per la fondazione di un convento del suo Ordine furono l'ultimo atto dell'episcopato volterrano del C. che il 24 maggio 1396 venne trasferito dal pontefice alla Chiesa vescovile di Egina dipendente dall'arcivescovato di Atene. Dopo una breve permanenza in Grecia, nel 1397 0 1398 fupromosso alla sede arcivescovile di Torres in Sardegna. In questa che doveva essere la sua ultima sede si ripeté la situazione verificatasi durante il suo primo vescovato; anche qui infatti lo ritroviamo, nel 1399, accanto ad un altro arcivescovo di nome Primo.
Mori, presumibilmente a Torres, nel 1402 o, come sembra più probabile, nel 1403. Un suo ritratto fudipinto nel '600 in un medaglione del chiostro grande di S. Maria Novella. Tra i parenti del C. vanno ricordati il fratello Michele, anche lui religioso, che fu vicario generale dell'Ordine cisterciense e tredicesimo abate della badia di S. Salvatore a Settimo, e la sorella Agnoletta che, in qualità di sua erede, nell'aprfle del 1410 ottenne dalla Signoria di Volterra la risoluzione di un credito contratto dal fratello nel marzo 1396 con Ludovico di Piero Corsini.
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