CISERI, Antonio
Pittore, nato a Ronco (Canton Ticino) il 25 ottobre 1821, morto a Firenze l'8 marzo 1891. Ottenne la cittadinanza italiana. Recatosi a Firenze nel 1833, fu ammesso all'Accademia del disegno dove compì tutto il corso. Nel 1841 espose all'Accademia di S. Matteo in Firenze un quadro di libera invenzione raffigurante Carlo V nell'atto di raccogliere il pennello di Tiziano. Dopo non molto conquistò il premio triennale dell'Accademia stessa, con una tela rappresentante S. Giovanni che rimprovera Erode. Preso dalla voga dei soggetti storici, non abbandonò tuttavia la pittura religiosa; anzi, dopo un periodo di silenzio e di raccoglimento iniziò la grande composizione che doveva rivelare appieno la sua preponderante personalità artistica: La strage dei Maccabei (1855-1863) per la chiesa di S. Felicita in Firenze. Nello stesso anno, mentre attendeva alla sua scuola privata d'arte, fondata nel 1860, dipinse i quadri di mezze figure al naturale: Date a Cesare e Giuseppe venduto. Il C. lasciò anche molti ritratti.
Si è rimproverata al C. una certa falsità di luce e di colore che è, del resto, intenzionale, e che egli spiegava agl'intimi con la necessità di idealizzare il vero attraverso la sua coscienza mistica. Fino dai suoi saggi giovanili si nota la sua sicurezza nell'affrontare i più gravi problemi di composizione, di rapporti prospettici e di ricerca delle forme. Anche nelle sue opere maggiori, quali il Trasporto di Cristo, esistente nel santuario della Madonna del Sasso, sopra Locarno (1869-71), la Strage dei Maccabei, l'Ecce homo (1880-90, Galleria d'arte moderna, Firenze), non abbandonò mai un certo fare accademico in cui riecheggiavano le formule della sua prima educazione alla scuola del Benvenuti e del Bezzuoli. Ma di fronte al vero, libero da ogni preoccupazione di precetti e di scuola, si rileva appieno la sua alta capacità di disegnatore impeccabile, di potente costruttore di forme, di profondo indagatore di anime. Così che i ritratti e gli studî innumerevoli che nella sua alta coscienza di artista condusse prima di accingersi a dipingere un quadro, debbono oggi considerarsi come la parte più eletta e centrale dell'opera sua. La sua scuola, che egli aveva ideata non come una riforma rivoluzionaria dell'insegnamento artistico ufficiale, ma come un semplice complemento all'Accademia, fiorì fino alla sua morte e diede scolari molti e pregevoli, fra i quali Nicolò Cannicci, Raffaello Sorbi, Edoardo Gelli, Tito Lessi.
Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, VII, Lipsia 1912; G. Rosadi, La vita e l'opera di A. C., Firenze 1916.