COCCHI DONATI (Chocho, Coccus, de' Cocchis), Antonio
Nacque a Firenze il 17 novembre del 1450, da Donato e da Costanza di Piero di Luigi Guicciardini. Nulla sappiamo circa la sua prima educazione; possiamo soltanto dedurre che, a differenza del fratello Niccolò, non seguì il padre nell'attività politica, ma da lui ereditò la vocazione agli studi giuridici. Scarsissime le testimonianze su dove e quando abbia svolto tali studi; dal documento di dottorato, riportato dal Verde, risulta aver frequentato le sedi universitarie di Siena e di Perugia e tale possibilità sembra ulteriormente confermata dal nome dei suoi promotori al diploma, il senese Bartolomeo Socino e il perugino Baldo de' Bartolini, ambedue al primo anno di attività nello Studio fiorentino appena rinnovato e trasferito a Pisa. A Pisa, appunto, il C. si laureò il 22 ottobre 1473; esaminato dal Collegio utriusque fu dichiarato dottore in iure civili da Mariano da Vecchiano vicario dell'arcivescovo Filippo de' Medici alla presenza di due illustri cittadini e giuristi di Firenze, Antonio di Pietro de' Pazzi e Puccio di Antonio de' Pucci. Quasi immediato fu ilpassaggio all'insegnamento; dal 1º novembre 1473 è infatti documentata la sua attività di professore straordinario di diritto canonico nello Studio pisano con un salario di 80 fiorini. La diversità tra la materia insegnata e quella in cui si era addottorato e il ritrovarlo citato come "doctor i.u." nel documento che ne attesta la chiamata da parte degli ufficiali dello Studio fa pensare alla possibile esistenza di un non rintracciato titolo accademico precedente alla laurea pisana. Con la condotta del 1473, valida per due anni, iniziava per il C. una lunga carriera universitaria, terminata solo con la morte, che lo portò nella schiera dei principali giureconsulti del tempo, accanto a personaggi ben più conosciuti come Felino Sandeo, Filippo Decio e lo stesso Socino.
Alla figura e all'opera del C. non è però stato dedicato, a tutt'oggi, alcuno studio complessivo, cosicché è possibile delinearne le vicende biografiche solo seguendo l'evolversi della sua carriera universitaria in cui, peraltro, sembra essersi esaurita tutta la sua attività pubblica. A differenza del padre e della maggioranza dei giuristi del tempo, il C. non amò infatti dividersi tra le attività di studioso e quelle politico-amministrative e anche i pochi impegni extrauniversitari che ricorrono nella sua biografia rimangono sempre nella sfera dell'attività giudiziaria. Divenuto ordinario di diritto canonico dal 1475 e assegnato, in concorrenza con il bolognese Girolamo Giannettini, alla lettura serale con un salario di 125 fiorini, ricoprì questo incarico anche nei due anni successivi. Frattanto, nel 1476, si era iscritto all'arte dei giudici e notai e dall'inizio di questo stesso anno è documentata la sua attività di vicario dell'arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati. Così si firma, tra l'altro, in una lettera inviata il 18 maggio di quell'anno a Lorenzo de' Medici che è insieme una richiesta di raccomandazione ("raccomando alla Vostra Magnificentia el facto mio, cioè del salario") e una asserzione di dichiarata fedeltà. All'appoggio del Magnifico il C. era già ricorso nel 1474 per raccomandargli il fratello Piero, e la richiesta di aiuti e raccomandazioni sarà la costante di tutta la corrispondenza tra lui e il signore mediceo - in quegli anni, tra l'altro, ufficiale dello Studio -, perfettamente inseribile, del resto, sia nel quadro dei rapporti che avevano legato le due famiglie già dal tempo dell'ascesa al potere della casa medicea, sia nel panorama delle consuetudini epistolari tra gli intellettuali e la famiglia dominante. Giudice, "pro tribunali sedens" dal 31 marzo 1476 al 29 aprile 1478, in questa veste il 15 marzo 1477 emise una sentenza d'arbitrato per risolvere una lite tra il pievano Lorenzo di maestro Guglielmo e Bernabone di Tomeo Lupi. Il 1478 fu un anno denso nella vita del Cocchi Donati. La congiura dei Pazzi (26 aprile 1478) aveva visto tra i suoi protagonisti l'arcivescovo Francesco Salviati che aveva pagato con la vita il tentativo di vendicarsi della mancata assegnazione dell'arcivescovato fiorentino concesso, per il favore dei Medici, al romano Rinaldo Orsini. Morto il Salviati, l'università di Firenze-Pisa, università di diritto pontificio, veniva a trovarsi priva del grande cancelliere; fu per questo che il 26 settembre i canonici della Chiesa pisana, confermando la decisione presa dai priori e dal vessillifero di giustizia, elessero il C. vicario e vicecancelliere dello Studio. Ma l'assunzione della carica non fu priva di ostacoli e il suo effettivo godimento di assai breve durata. Per ben tre volte nel giro di pochi giorni, dal 3 all'8 ottobre, il C. si rivolse a Lorenzo de' Medici perché appoggiasse la sua causa contro messer Ludovico Martelli, canonico fiorentino e pisano, uomo di largo prestigio e forte di appoggi nel capitolo, che aveva avanzato pretese al vicariato. Se l'interessamento così pressantemente richiesto ci sia stato non sappiamo, ma, vista la conclusione della vicenda, è lecito dubitarne o almeno credere che non sia stato sufficientemente convinto. Il 20 ottobre i canonici cancellarono, infatti, tutte le precedenti elezioni tranne quella del Martelli che rimase così padrone del campo. L'insuccesso subito non ebbe ripercussioni sulla carriera universitaria del C., né sembrò incrinare i suoi rapporti con Lorenzo de' Medici al quale, anzi, si rivolse di nuovo pochi mesi dopo - il 26 maggio 1479 - proprio per richiedergli una lettera di raccomandazione allo stesso Martelli in favore di tale prete Giovanni Zampanti.
Di questi stessi anni sono i rapporti del C. con Marsilio Ficino e l'Accademia Platonica, rapporti che dovettero essere di stima e d'amicizia se in una lettera datata "idibus Ianuariis 1478" il Ficino accomuna il C. al cosmografo Francesco Berlinghieri e al medico Giorgio Cyprio che furono tra i suoi più affettuosi amici e corrispondenti. Unica ulteriore testimonianza dei rapporti tra il C. e il Ficino, che non è purtroppo possibile indagare con maggior chiarezza, è una lunga lettera inviata dal filosofo all'"insigni iurisconsulto" per dimostrargli che non si può avere pazienza senza sentimento religioso. Proseguiva frattanto la carriera universitaria del C. che dalla concorrenza con Girolamo Giannettini era via via passato a quella con Battista Nelli, con l'antico suo maestro Bartolomeo Socino, con Lancellotto Decio, con Roberto Strozzi per essere trasferito poi, nel 1483, alla lettura serale di diritto civile con un salario di 330 fiorini. Nello stesso anno esaminò e giudicò una lite affidatagli dagli ufficiali dei Pupilli; fra le attività legate alla vasta esperienza legale va ricordato anche l'incarico affidatogli nel 1481 di dirimere un contrasto sorto, per una questione di confini, tra le Comunità di Barga e Gragnano e la sua partecipazione in qualità di legale del vescovo suffraganeo di Pisa, Zaccaria, alla fase iniziale di una lunga vertenza che ebbe a protagonisti da una parte lo Zaccaria e il C., dall'altra Ludovico Martelli, che reclamava il pagamento dell'affitto di alcuni poderi affidati allo Zaccaria, e l'altro canonista Giovanni Cerretani. Ritornato alla lettura serale di diritto canonico nel 1484, in quell'anno fu per la prima volta in concorrenza con il prestigioso Filippo Decio di cui sarà competitore anche nel 1488 e 1489 richiamando studenti - con una leggera maggioranza per il C. - tra cui spiccano nomi famosi. Tra questi Angelo Poliziano, dal 1480 impegnato, per la protezione e la benevolenza del Magnifico, nella cattedra di eloquenza latina e greca dello Studio, che il 23 dicembre 1485, presentato dal C. e da Francesco Pepi, ottenne la laurea in diritto canonico eccezionalmente discussa non a Pisa ma a Firenze e Giovanni de' Medici, secondogenito di Lorenzo e futuro papa Leone X, che frequentò le lezioni del C. nel 1489-1490. La carriera universitaria del C. aveva, frattanto, subito una leggera variazione; nel 1486, Felino Sandei dal 1474 impegnato, tranne brevi interruzioni, nella lettura mattutina di diritto canonico abbandonò lo Studio per recarsi a Roma come uditore della Sacra Rota e fu sostituito dal C., fino allora sempre impegnato alla lettura serale. Merita di ricordare, come testimonianza del largo seguito che il C. aveva tra gli studenti e del prestigio di cui godeva anche negli organi di governo dello Studio, che lo spostamento fu espressamente richiesto da un numeroso gruppo di studenti ed avvenne nonostante la concorrenza di Domenico Bettini da Prato che aspirava allo stesso incarico. Alla lettura mattutina il C. rimase per i restanti anni del suo insegnamento pisano, prima in concorrenza con Giovanni Cerretani (1486-87), poi ancora una volta con Filippo Decio (1488-89) che pure molti altri docenti rifiutavano come competitore e infine nel 1490, ultimo anno di attività didattica, con Bono de' Bonis.
Ammalatosi nell'agosto del 1491, nonostante il premuroso interessamento del Magnifico che ripetutamente - le sue lettere datano 8 e 17 agosto - chiamò in città perché lo curasse Bernardo Torni tra i più famosi medici del tempo, morì a Firenze il 13 sett. 1491. Gli succedette nell'insegnamento Filippo Decio.
Si ha ricordo del matrimonio del C. con una non meglio identificata Agnoletta e, successivamente, con Filippa detta Pippa figlia di Adovardo Rucellai, la quale pochi giorni dopo la morte del marito, il 21 ottobre, come amministratrice testamentaria dei figli nominò Donato di Francesco Capponi di Firenze procuratore a comporre ogni vertenza. Di almeno tre figli del C. - Piero, Carlo, Donato - si hanno sicure testimonianze; la biografia di un quarto figlio, Marco, è meno certa e documentata. Assai poco è rimasto, o almeno poco è stato finora recuperato, della produzione scientifica del C. che certamente, data la lunga attività accademica, dovette essere più abbondante; restano solo, ad una ricerca sia pure da approfondire, alcuni consigli legali nei codici Magliab. XIX, 188 e 202 della Biblioteca nazionale di Firenze e nei mss. 701 e 704 della Biblioteca universitaria di Pisa (codd. Roncioni 22 e 25, inventariati con i nn. 691 e 694 in G. Mazzatinti, Inventari..., XXIV) e alcune repetitiones nel ms. E 61 della Biblioteca comunale di Perugia.
Tra i molti fratelli e fratellastri del C. il già ricordato Niccolò sembra essere stato più impegnato nella politica; maggiore di Antonio era nato a Firenze intorno al 1443 - fu camarlingo generale di Arezzo nel periodo dic. 1470-giugno 1471 (Arch. di Stato di Arezzo, Tratte 82, c. 152r), priore nel settembre-ottobre 1477, squittinatore nel 1480, dei Sedici gonfalonieri di Compagnia nel 1485 e 1490, dei Dodici buonomini nel 1489 e 1494, vicario di Firenzuola per il periodo agosto-febbraio 1487 e, infine, gonfaloniere di Giustizia nel gennaio-febbraio 1492.
Si deve ricordare anche un altro suo fratello, Giovanni, che era nato nel 1454 a Firenze, e che, eventualità non rara a quei tempi, alternò gli impegni pubblici e amministrativi con gli studia humanitatis sotto la guida di Marsilio Ficino. Dalle poche notizie che lo riguardano si intravede un personaggio di non scarsa importanza nella cerchia degli umanisti che si raccolse intorno al Ficino; membro dell'Accademia Platonica fu tra i pupilli del maestro che lo definì "literis et moribus ornatissimo" e gli inviò, oltre ai vaticini a Sisto IV e a Federico d'Aragona in ringraziamento del dono di alcuni frutti, una lunga lettera in cui, attraverso Platone, gli dimostrava che il pericolo maggiore della maldicenza è quello di rendere maldicente chi la maldicenza subisce. In rapporto con altri intellettuali tra cui Lottieri Nerone e il poeta Bartolomeo Rigogli che gli dedicò alcuni carmi leggibili nel ms. 582 della Biblioteca dell'Accademia dei Lincei e Corsiniana, si esercitò anche nell'attività letteraria. Restano, infatti, una sua orazione sull'eucarestia recitata nella Compagnia della Natività e attualmente tramandata dai codd. Magliab. XXXV, 211, Riccardiano 2204 (S. IV. 44) e Ginori Conti 0113 e, sempre nel Magliab. XXXV, 211, una exhortatio ad poenitentiam, cioè uno di quei sermoni che, a Firenze, si tenevano durante la settimana santa, recitato nella Compagnia di S. Antonio da Padova. Rimane anche un suo volgarizzamento della versione latina, opera di Leonardo Bruni, del De studiis di S. Basilio. Il volgarizzamento, accompagnato da un proemio di dedica a tale Giovanni di Pierfrancesco Sernigi, è conservato nel cod. Magliab. XXXIX, 89. Per quanto riguarda la sua attività pubblica sappiamo che fu vicario di Firenzuola per sei mesi a partire dal 9 febbraio 1489 con un salario di 1.000 libre e una familia composta da un cavaliere, un notaio, quattro donzelli e un cavallo. Questa sua funzione è documentata, tra l'altro, da una lettera inviatagli il 29 aprile 1489 da Lorenzo il Magnifico per la liberazione di Petronio da Verdiana, contado di Bologna. Nel carteggio mediceo la presenza di Giovanni si riscontra in un'altra lettera, datata 14 febbr. 1482. Da ricordare che egli fu podestà di Laterina nel 1491 e priore per il periodo novembre-dicembre 1493; in questa veste pubblica appare in un documento per l'assegnazione a Bartolomeo Socino di 400 fiorini larghi per l'acquisto di beni immobili nel territorio pisano, ricompensa e garanzia da parte dell'università di Pisa dell'attività prestata dal celebre giureconsulto presso lo Studio. Fu, infine, podestà di Castel Fiorentino nel 1501 e dei Dodici buonomini nel 1514.
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