COLONNA, Antonio
Figlio di Giuseppe e di Rosa Pozzo, di lui non si conoscono le date di nascita e di morte; fu attivo come architetto nella seconda metà del Settecento a Mantova e nel territorio limitrofo. Il D'Arco (p. 222) attesta che sposò tale Maria Sermenti e che morì all'età di quarantasei anni; informa inoltre che "dai registri del Civico Spedale rilevasi che il 5 maggio 1794 era stato investito del possesso enfiteutico di quattro pezze di terra, poste a Curtatone di biolche 66 tav. 50 del valore di L. 12000" (è questo, per cronologia, l'ultimo documento noto riguardo al Colonna). La sua formazione artistica e tecnica avvenne nell'ambito dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Mantova, sotto la guida di Paolo Pozzo che, in quella sede, insegnava principi d'architettura dal 1773 (è ipotesi non implausibile che il C. fosse legato al maestro da vincolo di parentela per parte di madre). Il Pozzo stesso, in un documento datato il 10 genn. 1791, cita il C. nell'elenco degli undici migliori allievi formatisi alla sua scuola: "Colonna Antonio. Fece qui [in Mantova] molte cose di sua invenzione, fu pure adoperato nel censo ed ora attende in campagna ai propril interessi mancandogli in città le occasioni di impiegarsi" (D'Arco, p. 221). Nel 1778 l'architetto veronese Luigi Trezza inviò al C., non direttamente bensì tramite il Pozzo, rilievi di edifici veronesi, presumibilmente sanmicheliani (lettera del Trezza al Pozzo in data 6 ott. 1778, conservata nell'Archivio di Stato di Mantova Raccolta d'Arco, b. 45: cfr. Carpeggiani, 1974). Nel 1782, in seguito all'incendio del teatro di corte di Mantova, il C. invio a Milano un progetto di ricostruzione dell'edificio, da sottoporre al vaglio di G. Piermarini. L'anno successivo il C. riceveva un'importante commissione dal conte Giambattista Gherardo d'Arco: l'incarico di approntare un progetto di radicale rinnovamento del suo palazzo in Mantova.
Nell'archivio degli Arco, custodito nell'omonimo palazzo, sono ora conservati i piani ed i disegni originari dell'architetto: l'analisi di tali materiali consente di constatare che la dimora gentilizia assunse la sua caratterizzazione definitiva (che è anche l'attuale) in capo ad un'elaborazione progettuale complessa ed articolata. Le primitive proposte, connotate da moduli decorativi ancora partecipi di esperienze tardobarocche, cedono gradualmente ad una sintassi linguistica più rigorosa ed armonica, ad elementi lessicali semplici ed essenziali: esiti in cui si riconosce il segno dell'apprendistato del C. nella scuola del Pozzo. Dell'edificio è positiva espressione architettonica la ftonte, caratterizzata da semicolonne d'ordine gigante, palesemente ispirate alla tarda produzione di Andrea Palladio. Nel cortile interno, invece, connotato da un'esedra che richiama suggestioni di carattere prettamente scenografico, s'individua il recupero di tipologie architettoniche di matrice sanmicheliana (si pensi al cortile di palazzo Canossa in Verona), non disgiuntodall'attenzione verso talun episodio mantovano del periodo barocco (il cortile di palazzo Sordi). "Nell'assieme il palazzo - ove l'articolazione dell'ampio andito e il loggiato ad archi incombente sullo scalone risentono di latenti permanenze barocche - è l'ultima grande realizzazione dell'architettura residenziale mantovana" (Marani).
Si devono, con provata certezza, a progetti del C. altri due edifici di più modesta qualità architettonica: la casa dell'artista in contrada Pradella (ora corso Vittorio Emanuele II) a Mantova (di essa la sola facciata, ormai, si presenta intatta e, quindi, correttamente leggibile) e il prospetto, di evidente ispirazione palladiana, della chiesa parrocchiale di Castellucchio.
Bibl.: G. Susani, Nuovoprospetto di Mantova, Mantova 1831, p. 97; C. D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, Mantova 1857-59, I, p. 111; II, pp. 199, 202, 221 s.; E. Filippini, G. Piermarini nella vita e nelle opere, Foligno 1936, p. 146; E. Marani, Storia di una dimora gentilizia, in Gazzetta di Mantova, 8 genn. 1950; Ripristinato l'antico stemma sulla facciata di palazzo D'Arco, ibid., 7 marzo 1954; G. C. Bascapè-C. Perogalli, Palazzi privati di Lombardia, Milano 1964, pp. 319 s.; E. Marani-C. Perina, in Mantova. Le arti, III, Mantova, 1965, pp. 257, 278 s.; P. Carpeggiani, P. Pozzo, un profilo dell'architetto, in Bollettino del Centro internazionale di studi di architettura, "Andrea Palladio", XIV (1972), p. 351; Id., Disegni "mantovani" inediti di L. Trezza, in Civiltà mantovana, VIII (1974), 45, p. 138; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 255.