CORBELLINI, Antonio
Nacque a Pellio Superiore (prov. di Como; cfr. contratto del 173 nell'Archivio parrocchiale di Coccaglio) negli ultimi anni del sec. XVII; fratello di Giacomo Antonio (F. Cavarocchi, in Ostbayrische Grenzmarken, XI [1969], p. 138), appartiene alla progenie di stuccatori e costruttori attivi nell'Italia settentrionale e nei paesi di lingua tedesca sino alla fine del sec. XVIII.
Un'indagine andrebbe svolta nella zona di Ghedi ove, in quel medesimo periodo, operavano alcuni Corbellini capimastri, per verificarne le possibili relazioni. Una singolare coincidenza di nomi, complice una notevole carenza di sicuri dati documentari, ha sempre alimentato infatti la confusione e le incertezze.
La prima opera sicuramente sua, affidatagli con contratto in data 21 febbr. 1718, è la parrocchiale di Coccaglio. In questo contratto recentemente ritrovato (Archivio parrocchiale) si fa espresso riferimento al C. non solo come "capomastro", ma anche come ideatore del disegno. Insieme con il C. e poi con il figlio maggiore Domenico, che gli successe dal 1747, collaborava tutta la famiglia, parenti prossimi o meno: Giacomo, Giuseppe, Ottavio, Giorgio, Antonio, Gaetano, Bortolo, tutti Corbellini ricordati come maestri muratori e tagliapietre.
La parrocchiale di Coccaglio presenta una pianta allungata, ad unica navata suddivisa in tre spazi di cui quello centrale più ampio, ai quali corrispondono le cappelle laterali. Il presbiterio quadrato.termina con raccordi arrotondati sugli spigoli così come anche la navata centrale, che appare quindi rinchiusa su se stessa a formare uno schema inscritto in una forma ovoidale allungata. La forma delle coperture, anch'essa caratteristicamente allungata, è un argomento che, insieme con le curvature agli angoli, benché riscontrabile in altri autori, costituirà motivo di attribuzione di altre opere al Corbellini. Le pareti esterne della chiesa di Coccaglio sono perfettamente lineari e si gonfiano e si movimentano con curve e controcurve solo nella zona della facciata che verrà poi eseguita da P. A. Cetti, secondo i disegni di G. Donegani.
Un'altra opera unanimemente attribuita al C. è la parrocchiale di Orzivecchi che, collocata negli anni dal 1740 in poi, presenta un andamento più movimentato dove le cappelle laterali centrali, di maggiore dimensione ed altezza, formano un impianto somigliante ad una croce greca, secondo uno schema tipico dell'età barocca. Intorno a queste due opere ruotano una serie di supposizioni relative all'attività del C. basate di volta in volta su consonanze stilistiche, ripetizioni di motivi architettonici e decorativi, somiglianze grafiche in disegni di progetto, coincidenze geografiche e cronologiche, sforzi tutti tesi a ecnipletare la figura di questo autore immersa ancora in un singolare silenzio di archivi e di studi specifici. Una ridda di presunte certezze e di interrogativi che si intrecciano e si rincorrono da un autore all'altro provocando reciproche suggestioni e condizionamenti.
G. Cappelletto (1961) propone, nella sequenza della produzione del C., una prima opera che sarebbe rappresentata dalla parrocchiale di Castelmella, da situare negli anni intorno al 1708, tesi ripresa dalla Grassi (1966) e da S. Guerrini (1978), ma poi dallo stesso successivamente abbandonata (1981), indi ripresa da A. Rapaggi (1981).
Sempre il Cappelletto avanza, con incertezza dichiarata, le attribuzioni al C. per le chiese parrocchiali di Serle (1725), di San Felice sul Benaco (1749), di Paitone (1737), tutte riprese puntualmente dalla Grassi e da Rapaggi con l'aggiunta, per la prima, della parrocchiale di Virle Treponti (1724-60) e per il secondo anche della parrocchiale di Malonno (1731). Più estesamente S. Guerrini (1981) si occupa dell'attività del C. con alcune proposte non avanzate finora, che individuerebbero la mano dell'architetto anche a Fiesse (1729), a Monno (1731), all'oratorio dell'Annunciazione a Nave (1733), ad Azzano Mella (1734), al campanile di Capriano del Colle (1737), a Dello (173 8), a Saviore (1744), e, forse, a San Zeno Naviglio (Brescia, 1735-1737).
Il C. morì a Rovato (prov. di Brescia), dove abitava da tempo, il 30 apr. 1748 (Archivio di Stato di Brescia, Assistenza Pretoria, Cedole testamentarie, b. 448, fasc. 76), lasciando la moglie Aurelia, le figlie Giovanna, Caterina, Maria e i figli Domenico, Giorgio, Carlo, Francesco e Antonio.
Bibl.: P. Guerrini, Il castello feudale e la parrocch. di Orzivecchi, in Brixia sacra, IV (1913), pp. 297-332, passim;Id., La parrocchia e gli arcipreti di Firle-Treponti, ibid., V (1914), pp. 137-54, passim;C. Esposito, La parrocch. di Coccaglio, in Il Popolo di Brescia, 1° maggio 1936; G. Cappelletto, L'architettura dei sec. XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1961, pp. 368-71; L. Grassi, Provincie del Barocco e del Rococò. Proposta di un lessico biobibliogr. di architetti in Lombardia, Milano 1966, ad Indicem;S. Guerrini, Progetti di chiese bresciane dei secc. XVII e XVIII. Due sconosciute opere di A. e Domenico Corbellini, in Brixia sacra, XIII (1978), pp. 144-148; Id., Chiese bresciane dei secc. XVII e XVIII, Brescia 1981, pp. 32 s.; A. Rapaggi, in Società e cultura nella Brescia del Settecento, IV, Le alternative del Barocco... Architetti, chiese, Palazzi (catal.), a cura di R. Boschi, Brescia 1981, p. 119.