CORNER, Antonio
Patrizio veneziano, figlio di Natale di Giovanni e Orsa Venier, doveva essere appena diciottenne quando, nel novembre del 1465, fu dal padre iscritto nella lista dei giovani aspiranti al sorteggio di S. Barbara per essere ammessi, prima del venticinquesimo anno di età, in Maggior Consiglio. Testimoni, in quest'atto pubblico davanti agli avogadori di Comun, furono Marco e Francesco Venier, figli rispettivamente di Lorenzo e di Bernardo.
Per quanto godesse di molta stima presso i contemporanei, non ci è giunta di lui gran copia di notizie: ben poco sappiamo, ad esempio, della sua formazione intellettuale che A. Zeno (in Giornale de' letterati d'Italia, V [1711], pp. 360 ss.) vuole sia avvenuta, con Luca Pacioli e Pancrazio Giustinian, alla scuola del filosofo Domenico Bragadin. Il C. poi, non diversamente da altri, alternò la sua attività di studioso e insegnante con quelle mansioni politiche che via via la Repubblica gli affidava. Fu eletto avvocato del tribunale di Petizion nel 1470, incarico che si offriva ai più giovani e dava diritto a sedere in Consiglio; nel 1472 venne scelto per sovrintendere alla Ternaria nuova, ufficio che richiedeva venticinque anni di età.
Intorno al 1475 insegnò filosofia a Padova: quivi, secondo gli stessi senatori veneziani, "eruditionis sue non obscurum specimen ostendit". Tale elogio gli venne ufficialmente attribuito all'unanimità in Pregadi il 5 giugno 1479, quando fu chiamato a sostituire l'ormai vecchio maestro suo alla lettura di logica, filosofia e teologia. Dallo stipendio di costui venivano sottratti ottanta ducati per pagare annualmente il Corner. Si stabiliva, inoltre, che, in seguito, quest'incombenza gli sarebbe spettata non più come sostituto, ma a pieno diritto, con lo stesso stipendio e condizioni del predecessore. Ciò avvenne nel 1484 alla morte del Bragadin. A Rialto, presso la chiesa di S. Giovanni elemosinaro, insegnava al mattino e di pomeriggio, dando notevole impulso agli studi e seguito da numerose persone, tanto che, secondo la testimonianza di un contemporaneo, durava gran fatica a portar a termine l'impegno assunto.
Si sposò nel 1487 con la figlia di Girolamo Zane, Lucia, o, secondo altra fonte, Laura. Rifiutò, qualche anno appresso, l'ufficio di provveditore alle Biave perché troppo impegnato nella lettura. Ma quello stesso 1490 fu eletto podestà di Vicenza, reggimento che egli accettò, non prima però di essersi assicurato per l'avvenire. Chiese infatti al Collegio che l'incarico allo Studio gli venisse conservato fino al ritorno, come era stato fatto anche in altri casi: avrebbe così potuto servire lo Stato con maggior serenità. I sei consiglieri stimarono ragionevole questa richiesta ed esaudendola proposero che venisse scelto un temporaneo successore. Si invitò il C. stesso, alla presenza della Signoria, a esprimere il suo parere circa la preparazione e le doti di ciascuno di quelli che si erano messi in nota per sostituirlo. Questo giudizio, esposto in Senato, avrebbe costituito un'indicazione di base per le votazioni. Al filosofo dunque veniva richiesto in via preliminare di indirizzare lo Stato verso una scelta: notevole era ormai il prestigio da lui raggiunto.
Nel periodo in cui con Giovanni Mocenigo fu rettore di Vicenza il C. non ebbe particolari problemi da risolvere. Non gli mancarono tuttavia, benché lontano da Venezia, attestazioni di stima: il Sabellico infatti gli dedicò uno scritto che già sette anni prima aveva sottoposta al suo giudizio. Nella lettera dedicatoria di questo libretto, intitolato De praetoris officio, l'autore esprimeva la considerazione che lo legava al filosofo e accennava alla conoscenza dei problemi dell'amministrazione civile di costui. Se si deve credere al Sabellico, non è improbabile che anche tali questioni facessero parte degli interessi del Corner. Questi, ritornato in città, riprese il suo posto allo Studio che non gli impediva di partecipare, seppur in forma marginale, all'attività politica: fu per alcuni anni consecutivi (1493-1495) della zonta del Senato, ai cui consigli poteva dunque partecipare con diritto di voto.
È del 17 ag. 1497 un contratto in cui il C. acquistò da Leonardo Vendramin di Luca e dai suoi figli una vasta proprietà di ventinove "campi" con una casa di legno e altri edifici, situati parte a Campoverardo e in parte a Camponogara nel Padovano. In quest'ultima località il C. possedeva già dei beni che continuavano con la nuova terra. Nel settembre dello stesso anno egli aveva già versato 289 ducati presso il banco Pisani e altri 320 in quello dei Lippomano come prezzo dell'intero acquisto, pari a 21 ducati per "campo". L'anno seguente un nuovo incarico politico, il provveditorato al Sale, ripresentò il problema della sostituzione alla lettura. Il Sanuto a questa data ricorda come il C. non volesse più insegnare, senza però specificare per qual motivo avesse preso tal risoluzione. Secondo altri (Priuli) lesse fino al 1500, anno in cui fu inviato podestà e capitano a Crema. Egli ancora, probabilmente per la sua preparazione in teologia, partecipò alla disputa che si ebbe alla presenza del patriarca e che riguardava le tesi ereticali, sostenute da un frate del monastero di S. Stefano. Insieme con lui vi furono altri dottori tra cui Pietro Corner, Giacomo Michiel e Francesco Bragadin. Fu presa la risoluzione che quel frate, dopo avere sconfessato pubblicamente le sue opinioni, se ne partisse da Venezia.
Dell'insegnamento del C. e dei problemi al centro del suo interesse, allo stato attuale delle ricerche, resta solo quanto si può desumere dall'indirizzo generale della scuola di Rialto e dal titolo delle opere ch'egli compose. Di esse, per quanto il Bianchi accenni alla loro stampa, non resta traccia né come manoscritto né in altra forma. Scrisse: De praecognitionibus totius philosophiae, De primi motoris infinitate e De forma corporeitatis. Fu lodato dal Sabellico (VII, VIII, IX orazione) che lo diceva: "homo moribus et excellenti doctrina inter veteres philosophos merito reponendus"; inoltre, da Francesco Pisani, Domenico Zorzi e nel Perì archon di Francesco Negri, che affiancò il suo nome a quello dei ben più famosi Ermolao Barbaro e Pico della Mirandola. Nel monumento funebre è ricordata in versi la sua eloquenza e dottrina, il suo insegnamento a Padova e in Venezia.
Nell'epitaffio si dice ancora che morì all'età di cinquantadue anni, ma sembra trattarsi di un'imprecisione, non potendo esser deceduto prima della fine del dicembre 1500, data dell'ultimo incarico, né avendo motivi particolari per mettere in dubbio i dati offertici dall'Avogaria di Comun: le fonti più antiche fanno slittare comunque la morte all'anno seguente. Sembrano pertanto sicuramente errate le notizie più recenti che lo vogliono ambasciatore in Francia nel 1515. Abitando a S. Vitale, fu sepolto nel chiostro del convento di S. Stefano, da dove la sua tomba fu in seguito asportata e posta in quello del seminario patriarcale.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle voci, Misti, regg. 6, cc. 13r, 56r, 57r; 7, c. 39v; 8, cc. 6v, 60r; 9, cc. sr, 7r, 9v, 10v, 11v; 15, cc. 14v, 143v; 16, 29 ag. 1490; Ibid., Senato, Terra, regg. 8, c. 47v; II, c. 13r; Ibid., Collegio, Notatorio, reg. 14, cc. 19v, 21r, 182v; Ibid., Avogaria di Comun, Matrimoni di nobili veneti, regg. 106/1, c. 35v; 107/2, c. 73r; Balla d'oro, reg. 164/III, c. 83r; Ibid., Miscellanea codd., I, Storia veneta, 25: G. Priuli, Genealogie, p. 1800; Ibid.,III, Codd. Soranzo, 31: G. A. Cappellari Vivaro, Famiglie venete, pp. 894 s.; Venezia, Bibl. d. Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 3417: D. Giorgi, Delle lodi della casa Cornaro; Ibid., 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, c. 188r; Ibid., Mss. Gradeingo, 181, I, cc. 10r, 80r, 85r, 138v; Ibid., Mss. P. D. 1313, fasc. 1, cc. 1rv ss.; Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Mss. It., cl.VII, 198 (= 8383), c. 9r; Ibid., Mss. Lat., cl. VI, VI (= 2753) c. 144v; M. Sanuto, Diarii, II, Venezia 1879: coll. 102, 579; III, ibid., 1880, col. 1207; Id., Cronachetta, Venezia 1880, pp. 50 s.; M. A. Sabellico, De situ urbis Venetae de praetoris officio et de viris illustribus, s. l. né d., introd. al De praetoris officio;F. G. Agostini, Istoria degli scrittori viniziani, Venezia 1752, I, p. XLVIII; II, p. 305; J. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, I, Padova 1757, p. 108; S. Castellini, St. della città di Vicenza, XV, Vicenza 1821, pp. 253 s.; E. A. Cicogna, Delle Inscr. Veneziane, III, Venezia 1830, p. 107; A. Diedo-F. Zanotto, I monumenti cospicui di Venezia, Milano 1839, p. 70b; B. Bressan, Serie dei podestà e dei vicari della città e territorio di Vicenza, Vicenza 1877, p. 125; C. F. Bianchi, L'antichissima e nobilissima famiglia veneta dei Cornaro, Zara 1886, p. 8; A. Segarizzi, Cenni sulle scuole pubbliche a Venezia nel sec. XV e sul primo maestro d'esse, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, LXXV (1915-1916), 2, pp. 648 s.; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, II, Bergamo 1928, pp. 226, 243; B. Nardi, Letter. e cultura veneziana del Quattrocento, in La civiltà venez. del Quattrocento, Firenze 1957, pp. 118, 126; Id., La scuola di Rialto e l'umanesimo veneziano, in Umanesimo europeo e umanesimo veneziano, Venezia-Firenze 1963, pp. 101, 115, 117, 126; P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, pp. 203, 574.