CORTELAZZO (Cortellazzo), Antonio
Figlio di Pietro e di Elisabetta Tomasi, nacque a Vicenza il 18 febbr. 1820; mancano notizie precise sulla formazione di questo cesellatore che arrivò a tale perfezione tecnica da far passare sue opere come originali del '500.
Secondo Memmo (1867) "egli esordiva lavorando nell'incisione di suggelli ... Un giorno cadde fra man al Cortelazzo un pezzo di antico lavoro d'incrostazione dell'oro sull'acciajo: fu il lampo d'una rivelazione: collo studio e colla pertinacia di chi vuol riescire ad ogni costo, egli arrivava alla perfetta imitazione di quei lavori, perfezionava il sistema, giungeva ad ottenere il rialzo negli arabeschi e nelle cesellature in modo che durassero all'urto del tempo e delle cose. Ma l'aver raggiunto questo punto non lo avrebbe salvato dalla oscurità e dalla sventura", perché le sue opere erano vendute dagli antiquari come originali del Rinascimento e del Manierismo. Sempre secondo Memmo, "uno straniero salvò il C. da questa sorte": sir A. H. Layard, uno degli scopritori di Ninive e noto collezionista di arte italiana. Secondo M. J. Guest (1911, I, p. 21), cognato di Layard, questi lo trovò che stava "making forgeries to sell as old and persuaded him to exhibit under his own name". Da allora il C. poté dedicarsi interamente all'arte e le sue opere percorsero il mondo. Ciò avvenne probabilmente nel 1855, quando Layard passò sei mesi in Italia (G. Waterfield, Layard of Niniveh, London 1961, pp. 279 s.), anche se il C. è menzionato nella corrispondenza rimasta di Layard soltanto qualche anno più tardi quando mandò al collezionista un bacile (lettera del 12 maggio 1863: Londra, British Library, Add. Mss. 38.966).
Prima opera documentata del C. è una spada con fodero, destinata a Vittorio Emanuele II, che fu esposta a Firenze nel 1861 ed è oggi conservata nell'Armeria reale di Torino (T29: Angelucci, 1890; Avogadro di Quarenga, 1898). Nel 1867 fu esposto a Venezia un cofanetto in ferro cesellato e ageminato, ordinato dal sovrano, che secondo il Memmo poteva esser "collocato fra le opere immortali di Benvenuto che si ammirano in Palazzo Pitti" ed effettivamente era lì esposto tra le opere del Cellini ancora al momento della morte del C. (L'Illustraz. ital., 31 maggio 1903, p. 444; se ne ignora l'attuale ubicazione). Tra le opere esposte dal C. a Parigi nel 1867 era un servizio da tè descritto da una fonte contemporanea come "di grandi dimensioni... sia per le proporzioni che per lo stile, adatto solo per Gog e Magog", e forse identificabile con quello fatto per un membro della famiglia Narishkine (lotto 75, Sotheby's, Belgravia, 24 febbr. 1972; Culme, 1973 e 1978).
All'Esposizione internazionale che si tenne a Londra nel 1871 il C. espose (prestato da William Spottiswood) "un orologio in ferro e argento ... una bella imitazione d'un elegante arco palladiano" (firmato e datato 1870; ora nel museo di Sheffield), "un vaso stupendo e un piatto in ferro con intarsi, nielli, rilievi in argento... nello stile più puro dell'epoca più gloriosa dell'arte italiana" (L'Arte in Italia [1871], pp. 111 s.).
Si tratta di una brocca con bacile (già Roma, coll. Bulgari) prestati da William Drake, un amico di Layard. Quest'ultimo il il giugno 1869 aveva scritto a Giovanni Morelli: "Cortelazzo a executé pour Mr. Drake un travail vraiment magnifique. Cet homme fait toujours du progrès. Je ne croyais pas qu'il était capable de produire un chef d'oeuvre tel qu'il vient d'executé. Tous ceux qui l'ont vu sont restés etonnés... C'est vraiment un genie cet homme. Il est bien à regretter qu'il n'a jamais etudié le dessin" (Londra, British Library, Add. Mss. 38.966, f. 127).Sempre nel 1869, il 28 agosto, in una lettera a Layard, Drake manifestava il suo entusiasmo per quel "peculiar artistic go which gives the charm to Cortelazzo's works" (ibid. 38.996, f. 378).
Allo stesso 1871 si data una cintura con cammei (firmati L. Rosi) e smalti (Londra, Victoria and Albert Museum). L'anno seguente la Fondazione Querini Stampalia di Venezia deliberò l'acquisto di una opera del C. (delibera n. 129 dell'11 dic. 1872) e in conseguenza acquistò un calamaio in ferro battuto cesellato e ageminato, recante impressa l'iscrizione "A. Cortelazzo. Fece. Vicenza. Mia Patria", che fa tutt'ora parte del patrimonio della Fondazione. Un tabernacolo in ferro battuto a cesello sormontato da orologio e da putto con stemma queriniano (con base in legno) è anch'esso conservato nella stessa fondazione.
Lady Charlotte Schreiber, suocera di Layard, collezionista di porcellane e objets d'art, che aveva incontrato il C. per la prima volta nel 1869 a Venezia e a Vicenza, racconta nel suo diario (Guest, 1911, II) di essere andata nel 1877 a Vicenza a far visita all'artista, il quale le mostrò diverse sue opere e le descrisse il progetto da lui concepito per la propria tomba: su questa pensava di scolpire la propria immagine in abito da lavoro, in atto di mostrare una sua opera a Layard. Nello studio si leggeva una scritta: "se c'è un Dio, Layard è il mio". E, proseguendo nel suo racconto, annota: "Poiché non ha figli, spende i suoi soldi in carri e cavalli-guida quattro ponies", e ricorda di aver visto a Venezia in quell'anno l'armatura ageminata fatta dal C. per il conte Papadopoli.
La carriera del C. fu interrotta nel 1883 da uno sfortunato episodio di cui non si hanno precise informazioni. Ad esso accenna sir James Hudson, già ministro plenipotenziario britannico a Torino (1852-62), in una lettera a Layard da Firenze del 25 febbr. 1883: "(This affair of poor Cortelazzo disturbs me greatly. Of all men in the world I should say he would be the last to have left poison about intentionally... it would be difficult to imagine a more kindhearted individual... I have less dread of the Italian judge than of the Italian jury" (Londra, British Library, Add. Mss. 39-037, f. 63). L'anno dopo, forse in seguito all'interessamento e all'aiuto di Layard in relazione a questo episodio, il C. pose una lapide sulla sua casa a Santa Croce Bigolina presso Vicenza: "Ad Enrico Layard che l'ala del suo genio l'accolse e fe' gloria di chi col lavoro acquistò ed abbellì quella Villa A . Cortelazzo riconoscente 7 marzo 1884, (riportata da L. Romano, in Vicenza, XVI [1974], 3, p. 15). Nello stesso anno lady Charlotte Schreiber (Guest, 1911) annota l'arrivo di un orologio commissionato al C. da suo figlio Arthur; inoltre Guest (1911, I) ricorda che lord Wimbourne, lady Layard e lady Bessborough possedevano degli esemplari dell'arte del Cortelazzo. Dieci anni dopo sir F. W. Burton, direttore della National Gallery di Londra, in una lettera del 15 dic. 1894 a lady Layard, scrive di aver sentito dire che ella stava traducendo le memorie del Cortelazzo" (Londra, British Library, Add. Mss. 39.100, f. 328), ma di esse non si è trovata sinora traccia. Nell'ultimo decennio del secolo il C. mandava ancora opere in Inghilterra e l'ultimo documento che rimane di lui è una lettera del 3 nov. 1895 a lady Layard, in cui conferma di averle inviato un "lavoretto" a Londra e domanda se il fratello di lei, lord Wimbourne, voleva comprare tutta la sua "collezione" oppure solo alcuni pezzi (ibid., f. 332).
Il C. morì a Vicenza il 16 maggio 1903.
Fonti e Bibl.: Necrol. in L'Illustraz. ital., 31 maggio 1903, p. 444; M. Memmo, A. C. e i suoi lavori, in Giorn. di Vicenza, 21 maggio 1867 (Id., in Corr. della Venezia); Gli artisti italiani all'Espos. internaz. di Londra, in L'Arte in Italia, III (1871), pp. III s. (il riferim. 1869, p. 179, cit. in Thieme-Becker, è errato); A. Angelucci, Catalogo dell'Armeria reale di Torino, Torino 1890, p. 529; L. Avogadro di Quarenga, Armeria antica e moderna di S. M. il Re d'Italia in Torino, Torino 1898, III, p. 188; J. Culme, A. C. and the Narishkine tea service, in Art at Auction 1971-72, New York 1973, pp. 422 s.; Id., Nineteenth cent. Silver, London 1978, ad Ind.; Lady Charlotte Schreiber's London, a cura di M. J. Guest London 1911, I, p. 21; II, pp. 32 s.; J. Fleming: Art dealing in the Risorg., in The Burlington Magazine, CXXI(1979), pp. 492, 571 n. 27; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 482.