D'ACHIARDI, Antonio
Nacque a Pisa il 28 nov. 1839 da Giuseppe e da Virginia Ruschi. Dopo gli studi classici si laureò, non ancora ventenne, in scienze naturali e, data la sua viva passione per la chimica, fu subito assunto come assistente al laboratorio chimico. Tre mesi dopo la sua nomina, mentre sorvegliava una distillazione di acido nitrico fumante, la storta di vetro esplose e lo ferì gravemente. Perse l'occhio sinistro rimanendo per diverso tempo sotto la minaccia di diventare del tutto cieco. Fu questo tragico avvenimento che lo spinse a lasciare il laboratorio di chimica per passare a quello di mineralogia e geologia.
Ricopriva allora la carica di direttore dell'Istituto di mineralogia e geologia il geologo Giuseppe Meneghini, che era contemporaneamente professore ordinario di geologia, mineralogia, fisica terrestre e geografia fisica. Nelle università italiane si iniziava infatti solo allora quel processo, tuttora in atto, della separazione in cattedre distinte dei vari rami delle materie naturalistiche, che il progredire della scienza sempre più specializzava. Il Meneghini, che avrebbe dovuto essere quindi il maestro del D., era essenzialmente un grande geologo e paleontologo e, come tale, tentò di indirizzare il giovane allievo soprattutto alla paleontologia. Ma il D., con la sua buona preparazione in matematica e in chimica, con l'istintiva tendenza alle ricerche di laboratorio e all'applicazione degli esatti principi della geometria, trovava nello studio morfologico e fisico-chimico dei minerali un migliore appagamento della sua vocazione scientifica. Su questa via egli doveva quindi muovere i primi passi senza il consiglio di alcun maestro, dato che il Meneghini non poteva certo fornirgli tutto quell'aiuto che, in campo geologico e paleontologico, era invece in grado di dare ai suoi numerosi allievi. Né, d'altro canto, erano numerosi altrove, in Italia, gli studiosi che si occupavano esclusivamente e proficuamente degli sviluppi più recenti della scienza mineralogica, che aveva visto un vivacissimo fiorire di ricerche nelle scuole francese e tedesca. Quando il D. giunse nel 1861 alla soglia della sua carriera scientifica, solo due illustri maestri, Q. Sella a Torino e A. Scacchi a Napoli, gettavano in Italia le basi della moderna mineralogia. A questi si aggiunse molto presto un terzo scienziato, G. Struver, il quale per molti anni doveva ricoprire la cattedra di mineralogia dell'università di Roma. Il primo era un diretto rappresentante della scuola francese, essendosi formato all'Ecole des Mines di Parigi; l'ultimo, di nazionalità tedesca, proveniva dall'università di Gottinga ed era quindi rappresentante dell'altra grande scuola europea.
Tuttavia nessuno di questi grandi mineralisti poté influenzare la preparazione scientifica del D. che, solo, in Pisa si avviava a intraprendere le ricerche mineralogiche con i metodi di indagine più nuovi per i suoi tempi. Egli fu quindi uno studioso solitario che alternava l'escursione mineralogica in terra di Toscana con le sperimentazioni in laboratorio, con la lettura e la meditazione dei testi e delle memorie scientifiche straniere. I suoi lavori a carattere descrittivo trattano infatti soprattutto di minerali toscani, ma con una tale abbondanza di dati sperimentali e di osservazioni personali che ancor oggi chi voglia intraprendere studi su minerali della Toscana deve necessariamente risalire a quanto da lui determinato e descritto. Oltre che alle numerose memorie scientifiche a carattere mineralogico e petrografico, il nome del D. è legato alle ampie trattazioni mineralogiche e litologiche. Nel 1872 egli dava infatti alle stampe, a Pisa, il trattato in due volumi Mineralogia della Toscana, che costituisce ancor oggi uno dei più begli esempi monografici di mineralogia regionale italiana. Sono descritte centottantuno specie mineralogiche, illustrati compiutamente i loro caratteri fisici, chimici e morfologici, le giaciture, le associazioni paragenetiche.
Poco dopo, dietro richiesta del Meneghini e per interessamento diretto del Sella, che faceva allora parte del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, il D. fu nominato professore ordinario di mineralogia nell'università di Pisa. Si era giunti quindi alla separazione della cattedra di mineralogia da quella di geologia e paleontologia, anche se al Meneghini rimase la direzione dell'istituto e del museo di geologia e mineralogia; e questo fatto probabilmente limitò nel D. la possibilità di incominciare fin da allora a formare degli allievi con indirizzo prettamente mineralogico. Ottenuta finalmente nel 1881 la creazione di un laboratorio e di un museo di mineralogia, di cui egli ebbe la direzione, dovette però provvedere alla loro costruzione e alla sistemazione dei nuovi edifici, ultimati nel 1888, quando ormai mancavano non molti anni alla sua morte.
Nel 1883 aveva dato alle stampe, a Pisa, un nuovo trattato a titolo I metalli, loro minerali e miniere. Sono due volumi di complessive mille pagine dove il D. tratta con profonda cultura la giacimentologia, la genesi e l'utilizzazione dei minerali metallici di tutto il mondo. Questo trattato fu assai apprezzato anche all'estero, dove sir V. E. Fuchs e L. A. A. De Launay lo presero a modello per il loro celebre lavoro sui giacimenti dei minerali utili, anche non metalliferi.
Oltre che alla mineralogia descrittiva, alla cristallografia e alla giacimentologia, il D. dedicò la sua opera anche ai problemi di genesi e di mineralogia teorica. I suoi lavori sull'origine dell'acido borico e dei borati, sull'origine dei gessi, sulla genesi del cinabro, sull'acqua di cristallizzazione furono per quell'epoca validissimi contributi alle teorie sulla minerogenesi e sull'essenza dello stato cristallino.
Ma un altro ramo della mineralogia, la petrografia, che soltanto nella seconda metà del XX sec. ha assunto in Italia indirizzi e ordinamenti autonomi nei riguardi della mineralogia, fu sapientemente trattato dal D'Achiardi. Il diffondersi dei microscopio polarizzante da mineralogia, che richiedeva, per il suo proficuo uso anche nello studio delle rocce, specializzate cognizioni di ottica e di fisica e chimica mineralogica, e l'affermarsi della necessità di esatte analisi chimiche, avevano fatto sì che questo importante campo i ricerche, così utile e determinante per lo studio geologico della crosta terrestre, divenisse specializzata materia di studio dei laboratori e degli istituti di mineralogia. Il D. fu in Italia all'avanguardia nell'utilizzazione dei nuovi metodi, nel perfezionamento delle nuove teorie petrogenetiche. Dobbiamo a lui le prime trattazioni petrografiche italiane, sia su rocce magmatiche sia metamorfiche, che riportano le determinazioni al microscopio polarizzante e i dati ottici quali sono ancor oggi alla base della diagnostica litologica.
Nel 1888 il D. dava alle stampe, sempre a Pisa, un nuovo trattato, Guida al corso di litologia, perfetto e, per quell'epoca, modernissimo compendio delle conoscenze petrografiche e dei criteri di classificazione del tempo. Mancava ancora l'opera che compendiasse i fondamentali argomenti della mineralogia stessa, il trattato di mineralogia generale e speciale. Quando il D. si accinse anche a questo lavoro, mancavano ormai pochi anni alla sua morte, che lo colse nel pieno rigoglio dell'attività scientifica, per cui l'opera rimase incompleta. Nel 1900 egli dava alle stampe ancora a Pisa, il primo volume, riguardante la mineralogia generale, di una magistrale opera, cui dette il modesto titolo Guida al corso di mineralogia; la parte speciale fu qualche anno dopo edita dal figlio Giovanni, che volle completare l'opera paterna. In quest'opera la cristallografia e l'ottica cristallografica sono trattate con una precisione ed una chiarezza che in alcuni ben più moderni testi non ritroviamo. Anche le parti di chimica mineralogica, con i capitoli sul polimorfismo e sull'isomorfismo, compendiano compiutamente le ultime acquisizioni e teorie espresse alla fine del secolo passato.
Il D. morì a Pisa il 10 dic. 1902.
Egli fu uno dei più insigni mineralisti italiani in un periodo, quello della seconda metà del sec. XIX, che dette all'Italia non molti ma ottimi cultori della mineralogia. E tuttavia la sua figura e la sua opera di scienziato autodidatta non sono oggi fra le più ricordate.
Egli non lasciò molti allievi, sia per i motivi già illustrati, connessi con la posizione della mineralogia nell'ambito delle altre discipline naturalistiche nell'ateneo pisano, sia anche per una serie di sventure che colpirono coloro che avrebbero dovuto continuarne ed avvalorarne l'opera in Italia. E. Manasse, naturalista e chimico, che del D. era stato allievo brillante, morì a soli 47 anni, non senza tuttavia essersi creato la fama di ottimo mineralista, tanto che giunse ad essere nominato professore ordinario, prima a Siena e quindi a Firenze. Anche P. Aloisi, che fece le sue primissime esperienze di mineralogia e petrografia col D., divenendo quindi assistente del figlio, raggiunta la cattedra di mineralogia in Firenze, morì del tutto immaturamente.
La sorte volle quindi che solo al figlio del D., Giovanni, che nel 1893 era entrato ventenne, appena laureato, nel laboratorio del padre come assistente, toccasse il compito di continuare l'opera di questo grande scienziato, compito che egli assolse nel modo più degno.
Oltre che dei volumi sopra ricordati, il D. è autore di numerose memorie scientifiche, pubblicate fra il 1864 e il 1902, soprattutto sul Nuovo Cimento, sul Boll. del R. Comitato geologico d'Italia e sugli Atti della Soc. toscana di scienze naturali, Processi verbali e memorie. Fra esse ricordiamo: Sui granati della Toscana, in Boll. d. R. Comit. geol. d'Italia, II (1871), pp. 166-181;, Sui feldispati della Toscana, ibid., pp. 208-232, 261-287; Miniere di mercurio in Toscana, in Atti d. Soc. tosc. di scienze natur., Mem., III (1877), pp. 132-149; Sull'origine dell'acido borico e dei borati, ibid., III (1878), pp. 252-273; Rocce ottrelitiche delle Alpi Apuane, ibid., VIII (1887), pp. 442-454.
Bibl.: S. Bonatti, La scuola mineral. Pisana "Antonio e Giovanni D'Achiardi", Pisa 1953, pp. 3-15; Id., A. D., in Rendiconti della Società miner. ital., XXI (1965), pp. X-XIX.