CREMA, Antonio da
Nacque a Mantova nel 1435 da Gabriele che era stato creato conte palatino, come testimonia il D'Arco, subito dopo il suo ritorno (1458) dalla corte imperiale, dove era stato inviato dal marchese Luigi III Gonzaga per annunciare la convocazione del concilio a Mantova per l'anno seguente.
Il C. venne allevato fin dall'infanzia dallo zio Guido da Crema, celebre medico mantovano interessato anche a studi di fisica; questi, morto nel 1460, gli lasciò in eredità i suoi beni e la casa di Mantova posta nella contrada "Monticellorum alborum" che il C. elesse a propria dimora. Intrapresa la carriera di giudice, raggiunse una buona fama, tanto che nel marzo del 1479 il Comune di Lucca lo chiamò a ricoprire la carica di podestà, carica che doveva occupare per sei mesi e che invece lasciò nel giugno seguente per l'imperversare della peste.
Tuttavia egli pretese che il Comune toscano gli pagasse l'intero salario. Gli Anziani invece sentenziarono che al C. era dovuta la provvigione di tre mesi, poiché egli aveva abbandonato spontaneamente l'ufficio recando così grave danno alla città. Il C., non soddisfatto della decisione, chiese nel 1480 al marchese di Mantova Federico I di intercedere a suo favore presso Lucca. Anche la marchesa Barbara di Brandeburgo e il principe Gian Francesco appoggiarono la sua richiesta. Gli Anziani, ricordando i buoni rapporti esistenti tra Lucca e Mantova, per fare cosa gradita ai Gonzaga, decisero infine, con sentenza del 4 apr. 1480, di pagare al C. il salario fino al giorno della partenza.Nel 1481 il marchese Federico I elesse il C. podestà di Sermide, incarico che occupò fino al 1484 e durante il quale dovette affrontare un'epidemia di peste, scoppiata tra la fine del 1482 e l'inizio del 1483 a causa del gran numero di soldati presenti nel castello.
Erano alcune delle guarnigioni che il marchese Federico aveva dislocato lungo i confini del Ferrarese per difendere lo Stato dagli attacchi di Venezia, impegnata nella conquista di Ferrara. Da Sermide, piazzaforte strategicamente assai importante perché vicinissima al confine ferrarese, il C. fu un attento testimone degli eventi che, spesso caoticamente, in quegli anni si succedevano. Di essi egli informava quasi tutti i giorni il marchese con dispacci (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2436) ricchi di particolari e di notizie di prima mano. Durante la podesteria di Sermide il C. fu protagonista di un oscuro episodio, per il quale subì un processo. Tuttavia la sentenza, emessa nei primi mesi del 1486, lo giudicò innocente.
Il 28 gennaio 1485 l'abate del monastero di S. Benedetto di Polirone investì il C. di una prepositura di centoventicinque biolche, consistente in due pezze di terra valliva, già appartenuta allo zio Guido.
Durante la quaresima del 1486 venne a predicare a Mantova un frate eremitano agostiniano, certo Mariano. Questi nei suoi sermoni ricorreva spesso, per spiegare gli episodi biblici ed evangelici, a quanto egli stesso aveva visto durante un viaggio in Terrasanta, dove sarebbe ritornato entro l'anno. Libero dal processo e infervorato dalla predicazione del frate, il C. si decise a realizzare un vecchio progetto: andare in pellegrinaggio in Terrasanta, seguendo l'esempio di due suoi antenati. Partito da Mantova il 21 maggio del 1486, vi fece ritorno il 7 dicembre: a ricordo del viaggio compilò un diario, che dedicò al marchese Francesco II.
Nominato all'inizio del 1489 vicario di Revere, il C. non poté finire il mandato, perché venne a morte in questa città poco dopo, nei primi giorni di marzo dello stesso anno.
Sposatosi con una Barbara, ebbe dal matrimonio nove figli, tra i quali Lodovica, Federico, Licea e Luigi.
Nonostante non si sappia nulla sulla sua educazione, da ciò che si ricava dal diario del suo pellegrinaggio in Terrasanta, il C. dovette possedere una solida cultura umanistica, appresa soprattutto dal padre Gabriele e dallo zio Guido. Il padre aveva frequentato la "Ca' zoiosa" di Vittorino da Feltre, dimostrando una eccellente predisposizione per gli studi letterari. Ma fu soprattutto lo zio Guido, dal modo affettuoso con cui il C. lo ricorda, che ne influenzò profondamente la formazione. Tipica figura di umanista, tutto dedito ai suoi studi di medicina e di fisica, Guido dovette pure avere una conoscenza non superficiale degli scrittori classici, greci e latini, di quelli medievali e dei volgari ("expertissimo physico et perfectissimo phylosopho, virtuoso et tanto integerimo" lo chiama il C. nel suo Itinerario, c. 2a). Il C., da parte sua, proseguì in queste letture, approfondendole ulteriormente. Ne è testimonianza il ricco apparato di citazioni, anche di autori allora poco noti, di cui ha corredato il suo resoconto. Accanto ad Omero, Tucidide, Aristotele, Tolomeo, Ovidio, Virgilio, Stazio ci sono Giovenale, Marziale, Servio.
L'unica opera conosciuta del C., tuttora inedita, è appunto l'Itinerario al S. Sepolcro, scritto probabilmente subito dopo il suo ritorno a Mantova. Di essa è rimasta un'unica redazione, forse autografa, conservata presso la Biblioteca Maldotti di Guastalla nel fondo Galvani, ms. 100. Il C., partito da Mantova il 21 maggio con lo scopo di raggiungere Venezia, base di partenza ormai usuale dei pellegrinaggi per l'organizzazione e la sicurezza che essa offriva, vi giunse il 24 maggio, sostandovi alcuni giorni in attesa dell'imbarco (8 giugno). Poté così assistere e descrivere minutamente i fastosi festeggiamenti del Corpus Domini. Il viaggio si svolse secondo una rotta ormai collaudata, scandita dalle soste di Ragusa, Corfù, Modone, Candia, Rodi, Cipro. Il 29 luglio arrivò a Giaffa e il 13 agosto, attraverso le tappe obbligate di Rama e Lidda, a Gerusalemme. Oltre alla città santa visitò Betlemme e il monte Sion e si recò sul fiume Giordano. Incrinatisi i rapporti tra i pellegrini e i Musulmani, il C. dovette imbarcarsi prima del previsto. Il primo settembre così partì alla volta di Venezia, dove giunse il 22 novembre. Il 7 dicembre arrivò a Mantova, dove poté finalmente abbracciare i suoi cari.
Nonostante che il C. giustifichi il viaggio con motivazioni religiose, la narrazione non si sostanzia più della spiritualità sottesa, ad esempio, ai pellegrinaggi trecenteschi. Il viaggio è per il C. l'occasione di vedere confermato un passato di cui egli ha solo una conoscenza erudita, fatta sugli scrittori classici, e che ha potuto ammirare nelle pitture e nei disegni di Andrea Mantegna. Egli non pare attardarsi a recitare preghiere o a visitare reliquie. Nel diario il C. si sofferma a descrivere monumenti antichi ancora ben conservati, come il palazzo di Diocleziano a Spalato, o a ricostruire, attraverso i pochi frammenti rimasti, le costruzioni e i templi ormai scomparsi, quando percorre la Grecia. Ricorda di avere assistito di persona al ritrovamento di antichissimi reperti, come gli successe a Creta, quando vennero riportate alla luce alcune monete di Cnosso, che si affrettò ad acquistare. A Gerusalemme poi il C. è preso totalmente dall'atmosfera esotica, più letteraria che reale, soprattutto quando riesce ad entrare nel sacro recinto dell'Alhram ash-Shérif, da cui sono esclusi i cristiani. Da una parte si sofferma a evidenziare l'intensità cromatica degli ambienti percorsi, dall'altra si attarda a descrivere minuziosamente le ricche decorazioni. È un affollarsi nella sua mente delle esperienze culturali fatte non solo nell'ambiente mantovano, davanti alle raffinate creazioni del gotico fiorito o nella suggestiva Camera degli sposi, ma anche in quel triangolo della pianura padana compresa tra Mantova, Padova e Venezia, che stava allora conoscendo i primi sviluppi di umanesimo archeologico, triangolo in cui egli visse a lungo, soprattutto dopo la sua nomina a podestà di Sermide nel 1481.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Documenti Patrii D'Arco: C. D'Arco, Notizie delle Accademie, dei giornali e delle tipografie che .furono in Mantova e di circa mille scrittori mantovani dal sec. XIV in poi, ms., vol. III, pp. 162-166; Ibid., Id., Fam. mantovane, ms., III, pp. 319-339;Ibid., Arch. Gonzaga, bb. 1138(Lucca); 2436(Sermide); 2437 (Revere); Ibid., Libri dei Decreti, b. 23, f. 190; Ibid., Registraz. notarili, a. 1485, c. 667;Arch. di Stato di Lucca, Carteggio degli Anziani al tempo della libertà, filze 444, nn. 40-42; 533, reg. 35, cc. 11b-12b, 100a-101b; 534. Su Gabriele si veda A. Schivenoglia, Cronaca di Mantova, a cura di C. D'Arco, in Racc. di cronisti e docum. storici lombardi inediti, Milano 1857, p. 131;G. Brambilla, "Intorno alla vita di Vittorino da Feltre". Dialogo di Francesco Prendilacqua, Como 1871; E. Faccioli, Mantova. Le lettere, II, Mantova 1963, p. 31. Sul C.vedi G. Nori, La Qubbat al-Sakhra di Gerusalemme. Una testimonianza inedita del 1486, in Riv. stor. ital., XCIII (1981), pp. 55-70.