ANTONIO da Pistoia (A. dalla Torre)
Di lui si sa con certezza che almeno dal 1453 al 1463 fu informatore, da Firenze e da Roma, di Francesco Sforza; ma scarsi e incerti sono i suoi dati biografici.
Apparteneva, secondo il Chiappelli (Nuovi dati..., pp. 160 ss.), alla famiglia dalla Torre, originaria di Lamporecchio, ma passata all'inizio del Quattrocento a Pistoia, ove assunse anche lo stemma gentilizio di una omonima famiglia estintasi in quegli anni. La notizia, però, non è sicura. A. sposò in Pistoia una donna della nobiltà, Giuliana di ser Gaspero del Campana. Benché in documenti pistoiesi figuri come "cantore", risulta anche che conseguì il notariato, e tale professione esercitò inizialmente in Pistoia. Nel 1448 fu inviato, con Tofano di Biagio dei Bianchi di Pistoia, a custodire la cittadella di S. Miniato. Nell'imborsagione dei Dodici del Collegio del Comune di Pistoia del 1º sett. 1452 fu tra gli estratti; sul principio del 1454 appare come notaio dei priori del Comune.
In questo periodo, tuttavia, doveva essere già entrato in rapporti con lo Sforza e, almeno per alcuni mesi del 1453, soggiornare a Roma, perché alcuni dispacci di quel tempo al duca di Milano riferiscono sulle iniziative prese dal papa Niccolò V subito dopo la notizia della caduta di Costantinopoli. A Milano, dove fu certamente in seguito, ebbe dal duca un beneficio, perché, in una lettera del 12 ag. 1457, da Firenze a Cicco Simonetta, dice di dover ancora "scuotere li fructi de la cantoria": ma che avesse un vero e proprio ufficio di cantore non appare da alcun documento milanese. Un altro beneficio di cui godeva in Firenze era stato occupato durante la sua assenza da un rivale e proprio per recuperarlo era partito dalla Lombardia; ma, riusciti vani i suoi tentativi e confidando di poter ricorrere a qualche potente amicizia, ai primi di novembre del '57 ripartiva per Roma, non senza aver prima scritto al duca di raccomandarlo, come per l'addietro, a certi cardinali suoi protettori, perché gli venisse concesso un ufficio in curia. A Roma si fermò ora stabilmente, e a questo periodo si riferiscono la maggior parte dei suoi dispacci allo Sforza.
In essi A. informa, sull'attività e la politica di Callisto III, sui rapporti tra il papa e Alfonso d'Aragona e sulla morte di questo, cui segue poco dopo (6 ag. 1458) quella del papa. Con grande schiettezza parla del nepotismo di Callisto III: "el Papa ha facto richi la più parte di soi, per forma che tutto el palazzo ride" (cfr. Pastor, Storia dei Papi, I, p. 870). Segue con attenzione l'andamento del conclave e dopo l'elezione di Pio II si sofferma sulle difficoltà incontrate dal nuovo papa per risolvere i problemi lasciati dal predecessore e in particolare i rapporti con Napoli, che allo Sforza interessavano in modo speciale per il problema della successione.
Nel 1459 è commissario apostolico presso le truppe milanesi alleate del pontefice e condotte dal duca d'Urbino; in una lettera del 21 novembre di quell'anno a Francesco Sforza dà notizia degli spostamenti delle truppe e della richiesta di un soldo maggiore avanzata da queste al pontefice. Probabilmente ricoprì altri uffici in curia o alla corte pontificia, e nel 1463 è segretario del cardinale vicecamerlengo; sono della fine di quest'anno le ultime due lettere, indirizzate al duca, che si conoscano. Non si sa quando sia morto; certamente prima del 1471, perché in un documento notarile pistoiese di quell'anno è menzionata sua moglie Giovanna come già vedova.
Fonti e Bibl.: Le lettere di A. da Pistoia allo Sforza, conservate parte all'Archivio di Stato di Milano (Arch. Sforzesco, Potenze Estere, cart. 259 ss.), parte nella Biblioteca Ambrosiana (Codice Z 219 sup.), sono state edite da A. Chiappelli, Sette lettere di A. da Pistoia a Cicco Simonetta ed a Francesco Sforza Duca di Milano, in Bullett. stor. pistoiese, XXVIII (1926), pp. 57-64, e da L. v. Pastor in Storia dei Papi, I, Roma 1931, pp. 844 ss.; II, Roma 1932, pp. 680 ss.; cfr. anche A. Chiappelli, Nuovi dati documentari su A. da Pistoia al servizio del Duca Francesco Sforza, in Bullettino storico pistoiese, XXVIII(1926), pp. 160-164.