Antonio da Rho
Umanista (1398 circa - dopo il 1450), di umile origine; entrò a diciott'anni nell'Ordine francescano divenendo frate minorita; nel 1425 era già ‛ magister theologiae ' a Brescia. Entrato nell'ambito umanistico, sostenne fra il 1429 e il 1432 una fiera polemica col Panormita a causa dello Ermaphroditus, che egli giudicava opera indegna. Nel 1430 compose la Apologia (redatta sul modello dell'Apologia di Socrate) con la quale egli intese difendersi dall'accusa di ignoranza e di menar vita non troppo corretta. In questa sua opera, indirizzata al Generale dell' ordine, padre Antonio Massa, A. dimostrò di conoscere, oltre a moltissime opere di autori greci e latini, anche la Commedia (" E florentina quidem civitate clarissima ingenia nescio ne divina dixerim nata sunt. Eiusque namque urbe oriundus Dantes marone praevio me per stigias per manes perque umdras tartareas non latino quod eum plerique nescisse dutant verum materno sub tegmine trahit "), sebbene, da quanto scrive, si possa dedurre " una parziale sua chiara conferma dell'antica opinione dello sdegnoso ed indifferente atteggiamento degli umanisti verso il massimo nostro poeta " (Ronzoni).
Come umanista, A. assunse (1431) una posizione di rilievo in seno alla cultura milanese; nel 1436, figurando fra i dotti più accreditati del suo tempo, venne convocato assieme all'Aurispa, a Vittorino da Feltre e al Filelfo, a Basilea, come peritus utriusque linguae, in vista delle trattative per l'unificazione delle Chiese romana e greca. Brillante polemista, " la sua accettazione dell'Umanesimo appare completa e incondizionata; egli si pone senz'altro sulla scia degli umanisti d'avanguardia " (Fubini).
Bibl. - D. Ronzoni, L'Apologia di A. Raudiense e la fortuna di D. nel Quattrocento, in " Giorn. d. " X (1903) 1-3; R. Fubini, A. da Rho, in Die. biogr. degli Ital. III (1961) 574-577.