ANTONIO da San Marino
Nacque a San Marino, da Paolo de' Fabri, nel sesto decennio del sec. XV; trasferitosi a Roma nel 1476, fu allievo di Antonio Bregno, orefice di Sisto IV. Nel 1492 acquistò in Borgo Vecchio la bottega di Guglielmo di Bartolomeo Fiorentino e divenne uno dei più apprezzati orefici romani, tanto da essere ascritto da Alessandro VI tra gli orafi di corte. Fu probabilmente tra gli artefici delle statue argentee degli apostoli per la cappella privata del pontefice. La repubblica di San Marino lo elesse suo rappresentante permanente a Roma e A., che alla corte pontificia godeva di molte e potenti relazioni, poté rendere alla sua patria importanti servigi: ottenne la protezione di Innocenzo VIII e di Alessandro VI nelle interminabili contese della piccola repubblica con i signori confinanti, in particolare con Pandolfo Malatesta e col vescovo di Montefeltro Celso Melini, e indusse Giulio II ad inviare a San Marino, il 31 marzo 1509, un breve in cui si assicurava la protezione papale alla repubblica minacciata dalle mire di Venezia sulla Romagna; un breve di protezione ottenne anche dal pontefice Leone X nel 1516.
Alla fine del sec. XV fu ad Urbino ed eseguì alcune opere di oreficeria per quella corte; ivi conobbe Raffaello Sanzio, al quale rimase sempre legato da viva amicizia. Tornato a Roma, nel 1508, fu console dell'università degli orefici, e l'anno successivo poté aprire una nuova bottega nella famosa strada dei Banchi. Ottenne importanti commissioni dal banchiere e mecenate Agostino Chigi, che molto ne apprezzò l'opera, e collaborò assiduamente con Raffaello alla Farnesina ed alle cappelle di S. Maria della Pace e di S. Maria del Popolo, non soltanto come orefice, ma anche in qualità di architetto e di decoratore.
Nell'aprile del 1520, alla morte di Raffaello e di Agostino Chigi, per disposizione testamentaria di quest'ultimo, assunse la direzione dei lavori per il completamento della cappella di S. Maria del Popolo. Nel marzo dell'anno successivo la repubblica di San Marino lo incaricò di una ambasceria a Firenze, ma non si hanno notizie sugli scopi e sui risultati di essa. Oltre alle attività di diplomatico e di artista, A. si dedicò anche al commercio del sapone, del quale aveva il monopolio per Roma; il consiglio comunale della città gli impose, però, nel 1521 di non superare il prezzo di vendita di dieci quattrini la libbra. Nel primo semestre del 1522 fu nuovamente console dell'università degli orefici; morì a Roma alla fine di ottobre di quell'anno. Aveva sposato nell'anno 1512 la fiorentina Faustina di Giovanni Federici, dalla quale ebbe cinque figli.
Fonti e Bibl.: B. Cellini, Vita,Milano 1954, pp. 35, 466; G. Roscoe, Vita e Pontificato di Leone X,IV,Milano 1816, p. 23; G. Cugnoni, Agostino Chigi il Magnifico,in Arch. d. Soc. romana di storia patria, II (1879), pp. 61, 484; [G. Amati iunior], Lettere romane di Momo,Roma 1872, pp. 13-22; E. Müntz, Raphaël. Sa vie son oeuvre et son temps,Paris 1881, pp. 434-435; Id., Les arts à la cour des papes Innocent VIII, Alexandre VI, Pie III (1484-1503),Paris 1898, pp. 105-107, 246; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secc. XV, XVI e XVII, I, Milano 1881, p. 271; Id., Le arti minori alla corte di Mantova nei secc. XV, XVI e XVII,in Arch. stor. lombardo, XV(1888), p. 313; E. Calzini, Urbino e i suoi monumenti, Rocca San Casciano 1897, p. 181; L. v. Pastor, Storia dei Papi,IV, 1,Roma 1908, pp. 27, 28; E. Rodocanachi, La première Renaissance. Rome au temps de Jules II et de Léon X,Paris 1912, p. 286; P. Franciosi, Mastro A. da Sammarino orafo e politico del Rinascimento e la storia della Repubblica dal 1480 al 1530, Bologna 1916.