DE BERTI, Antonio
Nato da famiglia d'origine lombarda a Pago in Dalmazia (od. Pag) il 7 sett. 1889, figlio di Antonio, funzionario del catasto, e di Elena Camenarovich, iniziò gli studi a Zara, ma la prematura morte del padre portò la famiglia dapprima a Trieste e poi a Pola. Studente, partecipò al movimento irredentistico e subì arresti e condanne: nel 1909 in seguito al raduno giovanile della Democrazia sociale di Trieste, nel 1911allo scioglimento della Giovane Pola, e nel 1912 come segretario dell'Associazione sportiva Edera e per reato di stampa.
Il D., infatti, aveva dato vita con A. Pesante e R. Rinaldi al periodico radicale La Fiamma (1911-12), che, dichiarandosi antigovernativo, tutto teso alla difesa delle aspirazioni nazionali e dell'autonomia comunale, non poteva aver vita facile nella città-fortezza, base della marina austriaca. Fatto segno a sequestri e a denunce, il giornale dovette cessare dopo meno di due anni di vita, proprio quando al comune di Pola i rappresentanti legalmente eletti venivano sostituiti dal commissario governativo Gorizzutti.
Giornalista vivace e colto, il D. collaborò pure a L'Emancipazione di Trieste e partecipò al I congresso del Fascio giovanile istriano, riunito a Capodistria da P. U. Gambini. Laureatosi in giurisprudenza all'università di Graz (1912), venne chiamato alle armi per il servizio di leva e fu sorpreso dallo scoppio della guerra; invano tentò la diserzione, poiché fu sottoposto a sorveglianza e internato nei campi per sospetti politici di Mittergrabern e di Raschelà.
Rientrato a Pola alla fine del conflitto e ripresa l'attività politica, collaborando con le autorità militari italiane, fondò il quotidiano L'Azione (10genn. 1919) e la sezione istriana del Partito socialista riformista (settembre 1920). Il giornale, fortemente polemico sia nei confronti del vecchio liberalismo nazionale sia del socialismo intemazionalista, ebbe un ruolo importante nella vita polese, contrassegnata in quegli anni dalla crisi economica conseguente alla riduzione dell'arsenale militare e dalla lotta politica sempre più accesa. Fondatore della Camera del lavoro italiana, contrapposta a quella controllata dagli intemazionalisti, il D. si presentò come candidato socialista riformista nel Blocco nazionale alle elezioni del 15 maggio 1921 e venne eletto deputato per il collegio dell'Istria con una lusinghiera affermazione personale.
Partecipò attivamente ai lavori parlamentari, intervenendo con interpellanze e interrogazioni sui problemi economici delle "terre liberate" in particolare per salvaguardare gli interessi polesi, ed ottenne - dopo lo smantellamento dell'arsenale - i mezzi per la costituzione in forma cooperativistica d'un cantiere navale a Scoglio Olivi. Si batté pure per la soluzione di problemi scolastici camministrativi e partecipò alla conferenza italo-jugoslava per la pesca.
Intanto aumentavano le prepotenze fasciste e il D., che aveva sperato in una loro evoluzione democratica, entrò spesso in polemica con i fascisti locali, che contrapposero a L'Azione prima IlNuovo Giornale, poi L'Istria nuova. Così, il 28 ott. 1922 L'Azione dovette sospendere le pubblicazioni per una settimana, e il suo direttore diede le dimissioni da deputato 31 ottobre); poi il giornale ricominciò ad uscire e il D., respinte dalla Camera le sue dimissioni (25 novembre), presentò ancora un'interrogazione per l'arsenale polese. Fatto segno a pressioni e a minacce, si decise infine a cedere L'Azione, che diventò proprietà d'una società editrice del partito fascista. Non partecipò alle elezioni del 1924. ma aderì al Comitato centrale dell'opposizione accanto a I. Bonomi, facendo un ultimo tentativo politico con il giornale L'Arena di Pola (giugnosettembre 1925), fiducioso in una svolta costituzionale sostenuta dal re. Deluse però le sue speranze, si ritirò dall'agone politico per dedicarsi alla professione e alla famiglia.
Sposò il 25 apr. 1925 Rosita Gambini, figlia dell'autorevole uomo politico capodistriano, avv. Pierantonio. Si dedicò alla libera attività e a qualche iniziativa industriale, rimanendo il punto di riferimento dell'antifascismo istriano, e mantenendo rapporti con altri centri in Italia e all'estero, soggetto a una discreta ma continua sorveglianza da parte della polizia. Alla caduta del fascismo venne invitato a Roma da I. Bonomi per riprendere l'azione politica, ma preferì accettare l'incarico di commissario prefettizio temporaneo al comune di Pola. Tenne la rischiosa carica per pochi giorni (1°-13 sett. 1943). intervenendo invano presso il comando militare perché opponesse una resistenza armata all'occupazione tedesca. Con questa, egli venne convinto a ritirarsi in campagna a Semedella (Capodistria), donde tenne stretti contatti con il Comitato di liberazione nazionale di Trieste; respinse invece la collaborazione con gli Jugoslavi dopo le loro dichiarazioni annessionistiche. Alla fine del 1944 subì l'arresto e fu incarcerato dai Tedeschi per qualche mese a Pola; quindi, liberato per autorevoli interventi, raggiunse Trieste nei giorni dell'insurrezione e fortunosamente riuscì a mettersi in salvo a Venezia e a Roma durante l'occupazione jugoslava della città.
Nominato, su designazione del Partito democratico del lavoro, nel settembre 1945 consultore nazionale e questore della Consulta, fondò il Comitato giuliano di Roma, incoraggiò l'opera del Comitato di liberazione nazionale di Pola e la rifondazione del quotidiano L'Arena di Pola, e mantenne frequenti contatti con uomini di governo. Promosse l'attuazione a Venezia della clandestina Radio Venezia Giulia e diresse a Roma il quotidiano La Ricostruzione. Esperto del problema adriatico, svolse una appassionata e larga attività d'informazione e di propaganda con lettere, memoriali e articoli; accompagnò De Gasperi a Londra alla conferenza dei ministri degli Esteri (settembre 1945) e, come consigliere politico, alla conferenza della pace di Parigi (maggio-settembre 1946) fu vicino a De Gasperi e a Bonomi.
In preparazione di questa conferenza si erano svolte nel maggio importanti riunioni dei delegati giuliani a Roma: il D., fedele ai principi del Risorgimento, sosteneva che la Venezia Giulia costituiva parte integrante dell'Italia; solo rinnegando tali principi si poteva proporre la creazione d'uno Stato libero, dubitando dell'italianità proporre il plebiscito. Altri, più realisti (come F. Amoroso), proponevano senz'altro il plebiscito e in subordine lo Stato libero. Il Comitato di liberazione di Pola, dopo che la conferenza si orientò per la linea francese, e quindi per la creazione del Territorio libero di Trieste, sostenne la battaglia per il plebiscito, cui aderì anche il D., che si mantenne a lungo contrario allo Stato libero, che ad ogni modo avrebbe dovuto essere allargato al Sud.
Compì una visita a Pola nel febbraio del 1947, e si batté contro la ratifica del trattato di pace; indisse la sottoscrizione nazionale per la Venezia Giulia e propose la creazione d'un centro urbano per raccogliervi gli esuli (a Cesano). Aveva aderito intanto al Partito socialista dei lavoratori italiani (P.S.L.I.), ma non si presentò candidato alle elezioni del 1948; fu invece nominato consigliere di Stato e membro dei Consiglio superiore delle forze armate; nel 1951 fu capo di gabinetto di G. Saragat, ministro della Marina mercantile.
Il D. morì improvvisamente a Roma il 2 maggio 1952, ed ebbe funerali a spese dello Stato a Roma e a Trieste.
Fonti e Bibl.: Necrol. in L'Arena di Pola (Gorizia), 7 maggio 1952; Atti parlamentari, Camera, Discussioni, XXVI legisl. (1921-23), ad Ind.; P. A. Quarantotti Gambini, Primavera a Trieste, Milano 1951, pp. 19, 31, 35, 44; L.Giusti, A. D., in Difesa adriatica (Roma), 10 maggio 1952; G. L. Aiello, Ricordo di A. D., ibid., 21 luglio 1952; P. A. Quarantotti Gambini, Ricordo di A. D., in'Trieste, II (1955), 7, pp. 23 s.; S. Cella, Giornalismo e stampa periodica in Istria, in Atti e mem. della Soc. istr. di archeol. e storia Patria, n. s., IV (1956), pp. 141 s., 144 s. e schede 71, 81, 84, 86, 95; Id., "La Fiamma" di Pola (1911-12), in Pagine istriane, s. 3, XXXII (1958), pp. 3-8; G. Quarantotti, La vita e l'opera di A. D., in Voce giuliana (Trieste), il maggio 1958; E.Predonzani, Pietre miliari: il processo "Subietta", in Pagine istriane, s. 3, XXXVI-XXXVII (1959), pp. 3-9; Atti e mem. del C. L. N. di Pola, a cura di P. De Simone, La vana battaglia per il plebiscito, Gorizia 1960, pp. 47-69 e passim; L'artiv. a Parigi dei deleg. giuliani, ibid. 1960, pp. 7-35 e passim; La strada controversa dell'ultima difesa, ibid. 1962, pp. 15-54 e passim; S. Cella, I reggitori di Pola, in Atti e mem. della Soc. istr. di archeol. est. patria, n. s., IX (1961), pp. 69 s.; E. Apili, Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), Bari 1966, pp. 64, 162, 218; G. Miglia, Dentro l'Istria, diario 1945-1947, Trieste 1973, pp. 40 s., 109-12, 129, 152; D. De Castro, La questione di Trieste, Trieste 1981, I, pp. 386, 432, 498; 11, pp. 142 s.; Storia di un esodo, Istria 1945-1956, Trieste 1980, pp. 200-04, 279-81; S. Cella, L'Istria fra le due guerre mondiali, in Atti e mem. della Soc. istr. di archeol. e storia patria, n. s., XXIX-XXX (1982), pp. 164 s., 175; R. Tankovich, Il caso di Pola, Gorizia 1985, pp. 97-181 passim.