DE FERRARI (Ferrari), Antonio
Detto Foler (Ridolfi, 1648) o Follero (Gigli, 1615) o Del Foler, secondo gli elenchi della fraglia dei pittori (Favero, 1975), nacque probabilmente a Venezia intorno al 1536, se è vero, come afferma il Ridolfi, che sarebbe morto "l'anno 1616 e nell'ottantesimo del viver suo". Nel 1589 data la Nascita di Maria della chiesa di S. Barnaba a Venezia, dal 1590 al 1612 risulta iscritto alla fraglia pittorica. Se assai scarse sono le notizie biografiche, altrettanto esiguo è il catalogo delle opere superstiti di questo esponente della cultura figurativa tardomanieristica a cavallo tra la fine del Cinquecento e i primi anni del nuovo secolo. Il Ridolfi, descrivendolo perseguitato da scarsa fortuna e difficoltà economiche tali da impedirgli una assidua applicazione allo studio del disegno, lo ritiene buon colorista anche se non scevro da scorrettezze formali e fornisce un elenco di opere veneziane, oggi non più esistenti o disperse: nell'abbazia di S. Gregorio, soppressa dai decreti napoleonici, un'Assunzione, ai cui lati erano un Cristoalla colonna ed una Crocefissione;a S. Alvise un Cristo coronato di spine; in S. Giovanni nuovo, chiesa profondamente rimaneggiata nel 1762, sulle pareti laterali della cappella del Sacramento tre Episodi della vita del santo (due secondo il Boschini nel 1664); ancora, in S. Samuelei, Profeta Samuele con l'apostolo Matteo. Bernardo Giunti, colleziopista, della famiglia di stampatori fiorentini, possedeva al tempo del Ridolfi. un piccolo dipinto con Cristo e le Marie.
Il D. lavorò anche per la chiesa di S. Caterina, eseguendo due grandi dipinti di stretta ispirazione palmesca nel presbiterio: Cristo nell'orto e la Resurrezione (Ridolfi, 1648), distrutti nel corso dell'incendio del 1978 (Moschini Marconi, 1978), e una Nascita di Maria, attualmente in deposito nella cappella del palazzo patriarcale. Notevole in quest'opera l'indipendenza nei confronti dei modelli veronesiani e palmeschi, con brano di pungente realismo, come il velo e la veste della donna di spalle in primo piano o il piccolo braciere di rame. Perduto risulta invece un "Tobia accompagnato dall'Angelo, accolto dal Zio Raguel, da cui ottenuta Sara per isposa, gli consegna la dote, e se ne ritorna al padre", ricordato ancora dal Ridolfi (1648) in S. Caterina. Ugualmente dispersi un Martirio della santa, già sull'altar maggiore della chiesa di S. Agnese, e una Nascita della Vergine annotati dallo Zanetti (1733), infine una Ultima Cena col ritratto del pittore stesso nel refettorio del convento di S. Michele e una pala sull'altar maggiore della chiesa di S. Mattia a Murano (Moschini, 1808).
Oggi restano, accanto alla Nascita della Vergine di S. Barnaba, l'unico dipinto datato e ancora esistente fra quelli citati dal Ridolfi, un Martirio di S. Stefano sull'altare del santo nell'omonima chiesa veneziana (Zanetti, 1733), dove accanto ad elementi palmeschi coesistono scoperte suggestioni veronesiane, ed infine il suo lavoro più indipendente, che coincide con la più importante commissione pubblica: il fregio di fondo, intorno al tabernacolo, nella sala della Quarantia civil nuova di palazzo ducale con "Venezia in atto di affidare alla Giustizia la soluzione delle liti e l'accoglimento delle suppliche" (Boschini, 1664). Èsenz'altro uno degli ultimi dipinti eseguito dal D. intorno al primo decennio del Seicento e sicuramente non dopo il 1612, ultimo termine di iscrizione alla fraglia. Il linguaggio dell'artista che, dopo un iniziale tintorettismo si accosta a Paolo Veronese, non senza la mediazione più corsiva di Palma il Giovane (secondo una parabola comune anche ad altri tardomanieristi), appare, pur sempre fondamentalmente condizionato dal palmismo e dal neoveronesismo, più libero e disinvolto, non privo addirittura di spunti naturalistici. Il Ridolfi ricorda anche una sua notevole attività di frescante, attribuendogli ad Orgnano nella villa dei procuratore di S. Marco Vincenzo Cappello, "in una sala le sette Maraviglie del mondo, e in altra varie figure di Virtù con belle Architetture e ricchi ornamenti", e nella casa veneziana dei Cappello "alcune grand'arme di quella famiglia con figure intorno". Ancora alcune storie della famiglia nella villa di Giovanni Barbarigo a Noventa Vicentina, oggi sede municipale, alla cui decorazione il D. sembra aver collaborato con Antonio Vassillacchi detto l'Aliense (Crosato, 1962), almeno per quanto riguarda la sala a croce latina e la stanza di levante a sinistra, mentre potrebbe spettargli interamente la stanza di levante a destra. Il Boschini (1664), infine, segnala "nel volto della Cappella della chiesa di S. Maria Maggiore" un Giudiziouniversale a secco.
Bibl.: G. C. Gigli, La pittura trionfante, Venezia 1615, pp. 9, 31; C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte [1648],a cura di D. von Hadein, II, Berlin 1914, pp. 150 s.; M.Boschini, Le Minere della pittura, Venezia 1664, pp. 52, 117, 180, 354, 356, 388, 429, 430; A. M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture..., Venezia 1733, pp. 127, 174, 220, 338, 340, 387; 402; A. M. Zanetti, Della Pittura veneziana... libri V [1771],a cura di E. Filippi, Venezia 1972, pp. 360 s.; G. A. Moschini, Guida per l'isola di Murano, Venezia 1808, pp. 4, 91; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 7, Milano 1934, pp. 269 s.; G. De Logu, Pittura venez. dal XIV al XVIII sec., Bergamo 1958, p. 316; L. Crosato, Gli affreschi nelle ville venete del Cinquecento, Treviso 1962, pp. 162-164; V- Meneghin, S. Michele in Isola di Venezia, Venezia 1962, I, p. 351; S. Savini Branca, Il collezionismo venez. nel '600, Padova 1964, p. 222; C. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori del '600veneto, Firenze 1967, pp. 184 s.; E. Favero, L'arte dei pittori in Venezia..., Firenze 1975, ad Indicem; S. Moschini Marconi, Note per la chiesa di S. Caterina, in Quaderni della Soprintendenza ai beni artistici e storici di Venezia, Venezia 1978, n. 7, pp. 31-39;A. Niero, Chiesa di S. Stefano in Venezia, Padova 1978,p. 90; R. Pallucchini, La pittura venez. del Seicento, Milano 1981, p. 53; A. M. Spiazzi, Dipinti demaniali di Venezia e del Veneto nella prima metà del sec. XIX, in Boll. d'arte, XX (1983), p. 97; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 149 (sub voce Foler, Antonio; con bibl.).