DE LUCA, Antonio (Antonio da Lucca, Antonio da Padova)
Nacque probabilmente intorno alla metà del sec. XIII, ma nulla sappiamo con certezza della sua biografia fino al 1288.
Dalle fonti che lo riguardano si può comunque dedurre che il suo cognome non sia un patronimico, ma indichi piuttosto il luogo di origine, ossia Lucca: il fatto che diversi autori indichino il D. come "Antonio de Luca da Padova" è da far risalire con molta probabilità all'importanza dell'ufficio inquisitoriale da lui ricoperto in quella città, e non al luogo di nascita.
Il D., forse, potrebbe essere tutt'uno con quell'"Antonius de Luca", abile predicatore e scrittore di sermoni, che fu minister dell'Ordine francescano nelle Marche e in Toscana sul declinare del secolo: ma la prima notizia precisa sul D. - ormai da tempo, evidentemente, frate francescano - è quella relativa alla sua carica di vicario dell'inquisitore fra' Francesco da Trissino nel 1288, anno in cui il D. risulta anche lettore presso il convento di S. Lorenzo a Vicenza. Nel 1292 fu guardiano di Padova, carica che ricoprirà di nuovo negli anni 1299-1300. Nel 1293, probabilmente verso la fine dell'anno, fu eletto inquisitore, e poco dopo, il 23 dicembre, fece confiscare i beni di Ezzelino, Antonio e Ripando Zerli. Dopo questo primo incarico come inquisitore, durato fino al 1295, quando gli venne sostituito il Trissino, il D. nel biennio 1299-1300 fu di nuovo guardiano a Padova; nel 1300 riebbe l'ufficio inquisitoriale, che ricoprì fino al 1ºgiugno 1302, data in cui Bonifacio VIII sospese i francescani dall'esercizio dell'inquisizione nella Marca. Durante il suo secondo incarico come inquisitore il D. condusse, nel 1300, importanti trattative con il doge Pietro Gradenigo, perché accettasse di introdurre nella Repubblica veneta le costituzioni antieretiche.
Il governo veneziano infatti aveva a lungo rifiutato di accreditate l'inquisizione monastica controllata dal pontefice, fino all'accordo del 4 ag. 1289 tra Roma e Venezia in base al quale veniva accettata sul suolo veneziano l'inquisizione alle dipendenze del papa, senza che questo comportasse un unifOrmarsi alle costituzioni papali. L'inquisizione monastica continuava inoltre ad essere affiancata da quella ducale. L'unica sentenza francescapa pronunciata in quel primo periodo fu proprio del D., in seguito ad un processo postumo contro l'eretico Deiano di Raimondino, veronese abitante a Venezia.
Il D. si fece portavoce del malcontento degli inquisitori monastici per l'ingerenza laica: in seguito a una richiesta di chiarimenti da parte del doge sull'operato degli inquisitori Lorenzo Segreo, Tommaso Viadro e Marino Zorzi, questi ultimi si rivolsero al D. che prontamente rispose loro che erano tenuti a dar conto esclusivamente a lui. Il 21 e 30 nov. 1300 il D. e il doge si incontrarono per trovare un accordo, ma le trattative non portarono ad alcuna soluzione definitiva.
Tutte le altre testimonianze sul D. riguardano la sua intensa attività fiscale svolta tra il marzo 1301 e il giugno 1302, quando, rimasto unico inquisitore dopo la chiamata in Curia del coinquisitore fra' Boninsegna, si dedicò essenzialmente alla vendita di beni confiscati a diversi eretici vicentini defunti e a irrogare multe o confische di beni a eretici viventi. Le vendite concernettero il periodo dal febbraio al giugno 1302: gran parte dei denaro confiscato apparteneva agli eredi dei fratelli Pilio e Marcabruno de Pilio, morti da molti anni. La promessa fatta da Benedetto XI al Comune di Vicenza di far cessare l'attività degli inquisitori contro gli antichi fautori di Ezzelino e loro eredi fu molto probabilmente motivata proprio dall'azione del D. contro la memoria dei due fratelli, causata sicuramente dal desiderio di impadronirsi del loro ingente patrimonio. Bonifacio VIII non nominò il D. nelle bolle dirette contro gli inquisitori francescani accusati di aver abusato del loro ufficio - tanto da esserne esonerati il 22 genn. 1303 a favore dei domenicani - ma è probabilmente da attribuirsi a queste vicissitudini il fallimento della sua candidatura all'arcivescovato di Strigonia nell'estate del 1302. Il nome del D. ricorre inoltre spesso negli atti delle due inchieste pontificie sull'operato degli inqui.sitori veneti svolte nel 1302 dal vescovo di Saintes Guido de Neuffille e nel '308 dal canonico di St. Astier Guglielmo di Balait.
Il D. morì tra il 1302 e il 1308, poiché negli atti del procedimento del 1308 Guglielmo di Balait fa riferimento a lui come "frater Antonius bonae memoriae".
Fonti e Bibl.: P. Ridolfi, Historiarum seraphicae religionis libri tres, III, Venetiae 1586, p. 308v; C. Cipolla, Ilpatarinismo a Verona nel secolo XIII, in Archivio veneto, n. s., XXV (1883), p. 270 e passim;C. Eubel, Provinciale Ordinis fratrum minorum, Florentiae 1892, p. 59; Bartolorneo da Pisa, De conformitate vitae beati Francisci ad vitam domini Iesu, I, Romae 1906, p. 517; G. G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci a Waddingo, I, Romae 1908, p. 83 n. 202; Mariano da Firenze, Compendium chronicarum fratrum minorum, in Arch. franc, histor., II (1909), p. 632; F.M. Delorme, Un homonyme de saint Antoine de Padoue inquisiteur dans la Marche de Trevise vers 1300, ibid., VIII (1915), pp. 312-316; G. Presutti, Altri documenti su l'omonimo fra' A. da Padova O.M. e l'Inquisizione in Lombardia, ibid., pp. 662-667; L. Wadding, Annales minorum, V, Ad Claras Aquas 1931, p. 469; G. Biscaro, Eretici ed inquisitori nella Marca Trevisana (1280-1308), in Archivio veneto, s. 5, XI (1932), pp. 156 ss. e passim;Ilarino da Milano, L'istituzione dell'inquisizione monastica papale a Venezia nel sec. XIII, in Collectanea franciscana, V (1935), pp. 206, 208-212; Mariano da Alatri, Inquisitori veneti del Duecento, ibid., XXX (1960), pp. 410 ss., 428 s., 434-439; Id., Due inchieste papali sugli inquisitori veneti (1302 e 1308), ibid., XXXIX (1969), pp. 172-187.