DE MARTINI (De Martino), Antonio
Nacque a Palma Campania (Napoli) il 26 febbr. 1815, da Giuseppe e da Girolama Manfredonia. Seguì gli studi medici a Napoli, dove si laureò nel 1836. Dopo la laurea compì viaggi d'istruzione scientifica, visitando scuole e centri di studio italiani e stranieri. Si recò in particolare a Vienna e a Parigi: in quest'ultima città soprattutto trovò un ambiente fertile, da cui trasse stimoli per la ricerca e con il quale mantenne collegamenti anche in seguito.
Tornato a Napoli, intraprese subito la professione medica; nel 1838 vinse per concorso il posto di aiutante straordinario nell'ospedale degli Incurabili e in quell'istituto percorse tutte le tappe della carriera, guadagnandosi reputazione di ottimo clinico. Ma i suoi maggiori interessi furono fino dai prim'anni orientati verso la ricerca scientifica, nel campo prediletto della biologia e della fisiologia.
Nei primi anni della carriera il D. legò il proprio nome alla Accademia degli aspiranti naturalisti, sodalizio che, fondato in Napoli intorno al 1841 da (1. Costa, raccoglieva diversi giovani studiosi di scienze naturali i quali si radunavano periodicamente nella chiesetta del Pontano e pubblicavano i loro lavori in una raccolta intitolata dapprima Esercitazioni accademiche degli aspiranti naturalisti e successivamente Annali. Il D., insieme a S. Tommasi e C. De Meis, ne fu tra i membri più attivi; propose e discusse temi di interesse naturalistico; presentò memorie nelle quali raccolse i risultati di personali e originali osservazioni scientifiche, come quelle sull'organo uditivo dei Rettili e sull'anatomia delle lamprede, le ricerche istologiche sul sistema nervoso dei Molluschi (queste ultime soprattutto degne di memoria. perché anticipano di qualche anno le osservazioni di R. Wagner sul prolungamento delle fibre nervose delle cellule ganglionari).
È noto che gli anni intorno alla metà del secolo costituirono un periodo fecondo per la fisiologia; una generazione di giovani ricercatori, usciti principalmente dalle scuole di Berlino e di Parigi, aveva improntato i propri studi allo sperimentalismo, all'orientamento biofisico e biochimico, all'interesse metodologico. Il D. colse questi stimoli di rinnovamento nella ricerca e mantenne i collegamenti con i centri più qualificati. Diede buone prove di applicazione allo studio e si segnalò precocemente negli ambienti scientifici, anche oltre l'ambito napoletano.
La sua produzione fu molto vasta e toccò vari argomenti. Pubblicò ricerche sui Rettili, sulla natura dei fermenti fisiologici, sulla fisiologia degli organi della riproduzione, sull'ovulazione spontanea nella donna e nei Mammiferi, sulla riproduzione nei Pesci, sull'azione della mofeta. Dedicò alcuni studi al sistema venoso jacobsoniano: nel 1841 inviò all'Accademia delle scienze di Parigi una prima memoria sulla direzione della circolazione nel sistema di Jacobson nei Rettili e sui rapporti tra la secrezione dell'urina e della bile; tornò sull'argomento con una memoria sul sistema venoso jacobsoniano delle raie e delle torpedini, al VII congresso degli scienziati italiani, e successivamente con un lavoro sulla legge di compenso fra la secrezione della bile e dell'urina nei Rettili. Compì anche studi anatomici e antropologici, tra i quali si può ricordare una memoria sul forame occipitale nelle razze umane e nelle scimmie antropomorfe. Studiò la membrana di Jacob in rapporto con la funzione dell'occhio; pubblicò i risultati di diversi lavori nel campo dell'embriologia e dell'osteologia. Diede così, in pochi anni, una copiosa produzione scientifica, nella quale mostrò ottime qualità di ricercatore. Il suo nome si impose presto come autorevole punto di riferimento per gli studi fisiologici nell'area napoletana.
Accanto all'impegno sempre costante per la ricerca, il D. mostrò interesse e buona inclinazione anche per la didattica. Volle istituire in Napoli una facoltà privata medico-chirurgica, nella quale impartire un insegnamento della medicina confacente ai fondamenti scientifici che propugnava; si dedicò con perseveranza a questo progetto e riuscì a condurlo a compimento con la fondazione dei privato Ateneo medico, inaugurato nel 1841: egli lesse il discorso di apertura della scuola e per diversi anni vi insegnò anatomia, fisiologia comparata e microscopia, radunando una nutrita schiera di allievi e docenti. All'impresa collaborò anche A. Ciccone, titolare della. seconda cattedra di medicina pratica dell'università, noto per la sua avversione al regime e perseguitato dai Borboni. La privata facoltà fu poi chiusa per ordine della poliziá perché sospetta di cospirazione. Il D. fondò inoltre la rivista Ateneo, che doveva successivamente fondersi con quella di S. Tommasi, Sarcone, per dar vita al nuovo periodico Giornale delle scienze mediche.
Diede contributi notevoli anche a molti altri argomenti di interesse più strettamente medico. Come membro di una commissione fisiologica dell'Accademia di medicina, si occupò dell'argomento dell'eterizzazione che si andava imponendo all'attenzione degli ambienti medici. Tra il 1847 e il 1857 presentò diverse memorie all'Accademia medico-chirurgica di Napoli: sulla gangrena secca, sul morso della tarantola, sugli effetti della recisione dell'ottavo paio di nervi cranici, sulla leucocitemia, sul morbo bronzino che proprio in quegli anni veniva studiato da T. Addison.
Caduto il governo borbonico, nel 1860 il D. venne finalmente chiamato all'insegnamento universitario. Fu nominato professore di anatomia e fisiologia comparate nella scuola di veterinaria e nello stesso anno dette alle stampe il volume Principii di osteologia e artrologia dell'uomo e dei mammiferi domestici (edito a Napoli), un manuale, apprezzato anche da T. L. G. Bischoff, che offriva una guida a quegli studi con i principi di base della disciplina.
Nel 1860 fu chiamato anche a reggere la cattedra di fisiologia sperimentale nel Collegio medico di Napoli. Questi incarichi costituirono il riconoscimento ufficiale delle sue qualità di scienziato e di docente e precedettero di poco la sua nomina a professore ordinario nell'università degli studi di Napoli: nell'ottobre 1861 divenne titolare della cattedra di patologia generale, che avrebbe retto poi incessantemente fino all'anno della morte. Da allora orientò esclusivamente su questa materia i suoi interessi, precedentemente rivolti a vari temi di ricerca; a un primo periodo in cui aveva coltivato soprattutto gli studi di anatomia e fisiologia comparata, infatti, aveva poi fatto seguito lo studio di questioni fisiopatologiche, affrontate con gli strumenti di indagine propri di quell'epoca caratterizzata dagli sviluppi della citologia e dai progressi della embriologia e della microbiologia.
Nella sua personale impostazione la definizione di patologia generale era sinonimo di biologia patologica sperimentale. Il D. considerava la biologia come la base di tutta la dottrina medica; la patologia generale doveva quindi fondarsi sulle esperienze e sulle ricerche proprie della biologia e dell'istologia patologica, poiché esse soltanto possono fornire i dati, oggettivi che permettono di affrontare lo studio delle "dottrine" dei processi morbosi. Egli era convinto che l'esame delle manifestazioni e dei processi biologici non poteva essere affrontato che con i metodi e le teorie della fisiologia sperimentale, che proprio in quegli anni trovava definitiva affermazione. E su questi temi si era già pronunciato in alcune opere dei primi anni; nel Compendio di fisiologia umana e veterinaria, stampato a Napoli nel 1848 e dedicato a B. Panizza, aveva sostenuto il concetto di una "idea fisiologica essenzialmente sperimentale" e la necessità di sostituire nella ricerca il metodo razionale con il metodo naturale, cioè con il metodo che ricostruisce la storia di un fatto secondo l'ordine con cui la natura lo produce e non secondo quello con cui la ragione lo esamina. Ma è soprattutto nelle opere della maturità che egli, confortato anche dall'orientamento generale della ricerca scientifica, riuscì a esprimere più decisamente questa sua impostazione. Nella Guida al corso di patologia generale e di fisiologia patologica nella Regia Università di Napoli (Napoli 1864, seconda edizione) egli raccolse ed espose ordinatamente i cardini del suo pensiero e dei suoi metodi di ricerca scientifica.
In questa prospettiva il D. volle che alla sua cattedra fosse annesso un laboratorio, idoneo a condurre la ricerca secondo il dettato del metodo sperimentale. Già nel 1862 poté contare su una struttura, seppure modesta, nella quale avviare praticamente gli studi; nel 1866 poté ampliare questo laboratorio finché ottenne, nel 1878, la costituzione dell'istituto di patologia generale, del quale tenne la direzione fino all'anno della sua morte.
Nell'ateneo napoletano egli diede vita a una qualificata scuola di patologia generale alla quale si formarono Molti allievi. Dei suoi interessi per la didattica e delle sue qualità di docente si trova esplicita testimonianza nei diversi manuali che pubblicò e nei testi delle sue lezioni raccolte in volumi a cura degli allievi (si possono citare tra gli altri: Manuale di patologia generale, Napoli 1868; Elementi di patologia della circolazione, respirazione e delle escrezioni, ibid. 1869; Istituzioni di patologia generale, ibid. 1877).
Il suo nome viene poi ricordato anche tra i cultori di storia della medicina, poiché dedicò a questo argomento alcuni lavori, tra cui certamente il più noto è il volume Periodi storici della scoperta della circolazione del sangue, ibid. 1889; ancora oggi l'opera appare una valida sintesi basata su conoscenze delle fonti e capacità di analisi storica; era dedicata a C. De Meis e recava una sostanziale dichiarazione a favore dell'insegnamento della storia della medicina nel corso degli studi medici.
Il D. fu socio, prima corrispondente e poi ordinario, della Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli; fu socio e presidente dell'Accademia medico-chirurgica della città, membro dell'Accademia Pontaniana, dell'Istituto d'incoraggiamento e della Accademia delle scienze di Torino. Nel 1890fu presidente della commissione sanitaria nell'ospedale degli Incurabili di Napoli, nel quale aveva percorso i gradi di carriera fino alla carica di direttore. Il suo impegno verso questa istituzione fu premiato con il riconoscimento di un diploma di benemerenza governativo.
Medico della Real Casa, fu decorato della medaglia d'oro dei benemeriti della pubblica assistenza. Tra i diversi suoi meriti ci fu anche quello di essersi attivamente prestato nelle necessità per il colera del 1884a Napoli.
Il 12 giugno 1881 venne nominato senatore del Regno per la diciottesima categoria, convalidato il 30 giugno dello stesso anno. Appartenne alle correnti liberali moderate, ma non fu assiduo ai lavori del Senato, ai quali preferì sempre il suo lavoro di scienziato e di docente. Continuò a studiare e a pubblicare fino in tarda età e resse la cattedra fino alla morte.
Mori in Napoli il 29 febbr. 1904.
Suo successore nell'insegnamento e nella direzione dell'istituto fu G. Galeotti.
Bibl.: Necrol. in Atti della R. Acc. medico-chir. di Napoli, LVIII (1904), pp. 111-125;in Annuario della R. Università degli studi di Napoli 1904-1905, Napoli 1905, pp. 341-344;in Rend. dell'Accad. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s.3, X (1904), pp. 87-91; P. Manzi, L'arte di Esculapio in Nola e nei paesi dell'Agro, Nola 1963, p. 68; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 376;A. Hirsch, Biograph. Lexikon der hervorragenden Arzte..., II, p. 219; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, I, Milano 1940, p. 346.