DELLA CORNA, Antonio
Figlio di Giorgio, probabilmente identificabile con il pittore ricordato in un documento del 1472, e di Francesca de Ho, fu fratello di Luca, pittore di una certa fama, e di Sigismondo (Malaguzzi Valeri, 1902). Ignoriamo invece il grado di parentela con un Fermo, pure ricordato in un documento del 1472. Mancano dati certi sulla data e sul luogo della sua nascita. Appare verosimile collocarla, comunque, tra il 1450 e il 1455; quanto al luogo, l'indicazione di Soncino (Cremona), suggerita dal Ceruti (1834), è tutt'altro che certa, anche se non va dimenticato il fatto che nell'Ottocento un suo dipinto era custodito nella casa arcipretale di Soncino. Nel 1478 il D. si proclamava a chiare lettere allievo del Mantegna nel S. Giuliano che uccide i genitori della collezione Schwarzenberg di Vienna: "hoc quod Manteneae didicit sub dogmate clari, Antonii Corneae dextera pinxit opus" (Zeri, 1976).
Questa affermazione non è da prendersi alla lettera in quanto "tali dichiarazioni non erano infrequenti nell'alta Italia, anche da parte di pittori che non avevano direttamente studiato sotto il Mantegna" (Longhi, 1942). Il dipinto, infatti, appare più rivolto in direzione ferrarese, secondo un orientamento tipico dell'arte cremonese di quegli anni, che mostra soprattutto in Benedetto Bembo un chiaro approccio all'arte estense del momento più fulgido. Nel S. Giuliano il D.rivela di aver guardato attentamente all'arte del Cossa e di Baldassarre d'Este, volgarizzando la loro alta parlata in un linguaggio più corsivo e stilizzato.
Il 4 febbr. 1481 (ma la datazione è "ab incarnatione" al modo fiorentino; quindi da intendersi 1482) il D. sottoscrive un documento (Bonetti, 1913) relativo al contratto coi sindaci della Scuola dei battuti del Cistello, per una ancona e una pala per l'altare di detta scuola, nella chiesa di S. Michele Vecchio. Da questo atto notarile, oltre ad alcune notizie sulla paternità del D. e sul quartiere di residenza (quello di S. Giovanni Nuovo, vicinia di S. Michele Vecchio), apprendiamo che il D. doveva rifarsi ad un'altra ancona in S. Ippolito. Il 1482 è anche l'anno della decorazione nella sacrestia del duomo di Mantova, riconosciutagli dal Puerari (1967), raffigurante episodi della Vita di Maria;avvicinabili al S. Giuliano, questi dimostrerebbero i rapporti con la città dei Gonzaga cui alludeva l'iscrizione del dipinto Schwarzenberg. La fama del D. era comunque notevole, e testimoniata nel 1490 da una lettera di Lodovico il Moro (cfr. Beltrami), in cui si rileva che questi, volendo far decorare la sua residenza del castello di Porta Giovia a Milano, in occasione delle sue nozze con Beatrice d'Este, mandò ordine perché i podestà e i referendari di Treviglio, Como, Pavia, Cremona ecc. spedissero artefici di nome a Milano per intraprendere tali lavori. I cremonesi convocati erano il D., un Antonio da Piadena ed Alessandro Pampurino. Intorno alla stessa data è stata accostata (Voltini, 1958) una commissione prestigiosa: il polittico della cattedrale di S. Andrea ad Asola, di cui non possediamo documenti di allogazione, e che al confronto con gli altri dipinti sembra respingere la sua paternità.
L'opera del D. manifesta un mantegnismo di seconda mano, forse filtrato dalla lezione del miniatore Gerolamo da Cremona, non nascondendo anche accenti lagunari, alla Bartolomeo Vivarini. All'incirca allo stesso periodo F. Zeri (1970) ha attribuito una serie di tavolette con scene della Passione di Cristo, suddivise in varie collezioni private, la Walters Art Gallery di Baltimora ed il Princeton University Museum. A questi dipinti si può accostare anche un'altra tavola della collezione d'Arco di Mantova, raffigurante Cristo davanti a Pilato, che certamente faceva parte dello stesso complesso. In questa serie si avverte più sensibilmente che l'orientamento del D. non è mantegnesco: il suo mantegnismo appare in sostanza applicato su di un forte sostrato lombardo di matrice ancora foppesca, con uno studio accurato e soffice del chiaroscuro, come mostra bene un Cristo morto fra i ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, reso noto dallo stesso studioso.
A questo momento dovrebbe riferirsi anche il Presepe e s. Giovannino sutavola della Pinacoteca di Cremona; mentre è del 1494 la seconda opera firmata: il trittico della collezione Bagatti Valsecchi di Milano, opera in cui si fondono elementi foppeschi ad altri mantegneschi e ferraresi. Posteriori al 1494, per l'innesto di inflessioni umbre peruginesche (la pala del Vannucci in S. Agostino a Cremona è appunto di quest'anno), sono i frammenti d'affresco della Pinacoteca di Cremona raffiguranti L'Angelo e Tobiolo e la Madonna adorante il Bambino, provenienti dal palazzo comunale di Cremona. La data 1498 è invece segnata sulla volta della seconda crociera a destra del duomo di Asola, raffigurante santi in oculi. Nel tempio asolano buona parte della decorazione è dovuta al D.: varie figure di santi, una Natività, una Annunciazione. In questi affreschi vi è un riflusso marcato di elementi ferraresi, unito ad un tentativo di aggiornamento sul versante lombardo bramantesco, in parallelo con le coeve opere cremonesi di Giovan Pietro da Cemmo.
Sono da rifiutare quindi le seguenti attribuzioni a Cremona: Pinacoteca, Andata di Cristo al Calvario, di cultura estranea al D. (Puerari, 1951); pal. Fodri, gli affreschi dell'atrio riguardano gli esordi dello Pseudo Bramantino, mentre quelli delle stanze, e dello sguscio della gronda sono comunque estranei al D. (A. Puerari, Gli affreschi di Giovan Pietro da Cemmo, in Bollett. d'arte, XXXVII [1952], p. 229); per quanto riguarda le tavolette del soffitto esse risultano di varie mani, non avvicinabili al D., ma di qualche bottega cremonese, secondo una pratica molto in voga nel Quattrocento nell'Italia settentrionale; S. Michele, Pietà, S. Nicola da Tolentino, S. Antonio da Padova (M. Salmi, in L'Arte, XXVI[1923], p. 155), trittico smembrato del primo momento cremonese dello Pseudo Bramantino; cartoni per alcune tarsie del Platina per il coro e l'armadio del duomo (Puerari, 1967), probabile opera dello stesso intarsiatore; a Londra, Victoria and Albert Museum, soffitto affrescato con Apollo e le Muse, dal convento della Colomba a Cremona (Pseudo Bramantino).
Bibl.: A. Lamo, Discorso [1584], Cremona 1774, p. 26;Cremona, Bibl. stat. e libreria civica, AA. 2. 16: D. Arisi, Accademia (ms. sec. XVIII), p. 7; Ibid., AA. 3. 7: G. B. Biffi, Artisti cremonesi (ms. sec. XVIII), anno 1450; G. B. Zaist, Notizie istor. de' pittori, scultori ed architetti cremonesi, Cremona 1774, I, pp. 37 ss.; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, pp. 257 s.; B. Vidoni, La pittura cremonese, Milano 1824, p. 122;G. Grasselli, Abecedario biografico, Milano 1827, p. 109; P. Ceruti, Biografia soncinate, Milano 1834, pp. 96-101, 179;L. Beltrami, Il castello di Milano, Milano 1894, p. 454; F. Sacchi, Notizie pittoriche cremonesi, Cremona 1872, pp. 101 s.; F. Malaguzzi Valeri, Documenti sull'arte cremonese, in Rassegna d'arte, II (1902), p. 187; Id., Pittori lombardi del Quattrocento, Milano 1902, pp. 227, 244; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A History of painting in North Italy, a cura di T. Borenius, London1912, I, p. 103; III, pp. 332 s.; C.Bonetti, Due opere sconosciute di A. D., pittore cremonese (1481), in Arch. stor. lomb., s. 4, XX (1913), pp. 477 s.; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, 3, Milano 1912, p. 290;R. Longhi, Carlo Braccesco, Milano 1942, pp. 25 s.; A. Puerari, La Pinacoteca di Cremona, Cremona 1951, pp. 54-56; F. Bologna, The Cremonese ceiling from Via Belvedere, in The Burlington Magaz., XCVI (1954), pp. 166 ss.; A. Puerari, I corali del duomo di Cremona e la miniatura cremonese nel Quattrocento, in Annali d. Bibl. governativa e libreria civica di Cremona, VIII (1955), pp. 9 s., 25; M. L. Ferrari, Giovan Pietro da Cemmo, Milano 1955, pp. 98-101; A. Puerari, Boccaccino, Milano 1957, p. 252; Mostra dell'arte lombarda dai Visconti agli Sforza (catal.), Milano 1958, pp. 131 s.; F. Voltini, A. D. ad Asola, in Paragone, IX (1958), 87, pp. 10-22; W.Terni deGregory, Pittura artigiana lombarda del Rinascimento, Milano 1958, pp. 130 ss.; A. Puerari, Il Museo civico di Cremona, Milano 1960, p. 43;G. Paccagnini, Mostra del Mantegna (catal.), Venezia 1961, pp. 129-135; F. Mazzini, Affreschi lombardi del Quattrocento, Milano 1965, pp. 631s.; A. Puerari, Le tarsie del Platina, Milano1967, pp. 106, 111; F. Zeri, Panels of the Passion of Christ, in The Journal of the Walters Art Gallery, XXIX-XXX (1966-67), pp. 49-59;G. Romano, Casalesi del Cinquecento, Torino1970, p. 32; A. Puerari, Il duomo di Cremona, Milano 1971, pp. 150 ss.; F. Zeri, Italian painting in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976, I, pp. 291 s.; M. Tanzi, Per gli esordi cremonesi dello Pseudo Bramantino, in Boll. d'arte, 1984, n. 26, pp. 13-30.