MARINETTI, Antonio
detto il Chiozzotto. – Nacque a Chioggia il 22 genn. 1719 da Francesco e il 29 dello stesso mese fu battezzato nella parrocchia di S. Andrea (Bonaldo; Pallucchini, 1932; Tomasini). Queste sono le sole informazioni note anteriori al suo arrivo a Venezia, da collocarsi presumibilmente intorno alla metà del quarto decennio del Settecento. Secondo A. Longhi, suo primo biografo, fu il padre a introdurlo alla scuola di G.B. Piazzetta (1762); e la capacità, conquistata «affaticandosi» (ibid., p. 38) a imitare la pittura del grande maestro, gli portò presto delle commissioni autonome. I suoi primi lavori documentati sono quelli per la chiesa di S. Niccolò a Chioggia, per la quale eseguì un S. Carlo Borromeo e un S. Bartolomeo, entrambi recanti lo stemma della famiglia Gradenigo e la data 1740 (Tomasini; Sponza). A questo primo nucleo di opere appartiene anche la S. Teresa in estasi (Tomasini; Sponza), oggi nella chiesa di S. Andrea insieme con le altre due opere.
Già attribuita a Piazzetta e restituita al M. da Pallucchini (1960), questa tela è considerata dalla critica come tipica dello stile giovanile per «movimento nel volto e nelle vesti della Santa. La pennellata è morbida e diventa analitica nel volto e nelle mani» (Tomasini, p. 168); di quest’opera, desunta chiaramente dai modelli di Piazzetta, è stata resa nota un’altra versione in controparte conservata in una collezione privata padovana (Sponza).
Negli stessi anni il M. iniziò a lavorare anche per le chiese di Venezia, eseguendo per S. Simeon Piccolo l’Angelo e i ss. Gaetano da Thiene e Francesco di Paola, da collocarsi tra il 1740 e il 1749. Tra il 1751 e il 1753 lavorò, nuovamente a Chioggia, all’esecuzione di due grandi pale d’altare per l’oratorio dei Filippini, la prima con la Presentazione della Vergine, la seconda con i Ss. Francesco di Sales e Luigi Gonzaga adoranti il Cuore di Gesù (Pallucchini, 1932; Tomasini). Per la stesso oratorio eseguì anche un ciclo di santi a mezzo busto, oggi conservato nella casa dell’Ordine. Datato intorno al 1756 in base a considerazioni stilistiche, è ritenuto un lavoro di routine per un pittore che a questa data aveva già eseguito commissioni più impegnative e con esito ben diverso (Sponza). Soltanto qualche anno prima il M. aveva infatti dipinto la pala con La Vergine che dà la cintura a s. Agostino per la chiesa di S. Caterina a Venezia (ora in palazzo patriarcale), considerata una delle sue opere più riuscite (ibid.).
Dal 1754 al 1766 risulta iscritto alla fraglia dei pittori veneziani; nel 1755 espose in piazza S. Marco la Gloria del b. Girolamo Miani per un soffitto destinato al collegio dei padri somaschi di Treviso (Tomasini), opera della quale si conserva il bozzetto preparatorio nella collezione Pogliani di Roma; negli anni 1755-60 eseguì per la chiesa trevigiana di S. Agostino tre pale d’altare raffiguranti la Madonna con il b. Girolamo Miani, l’Angelo custode, considerata da Pallucchini una delle sue opere migliori (1932), e Il transito di s. Giuseppe, più tardo e già incline a quello scadimento dello stile che caratterizzò l’ultima sua produzione.
Furono gli anni di maggiore attività per il M., che ricevette importanti commissioni di pale d’altare e quadri devozionali per le chiese veneziane e della provincia veneta. Anche la sua presenza nell’Accademia veneziana fu formalmente riconosciuta quando, nel 1756, fu nominato nella nuova commissione costituita da 36 membri e, successivamente, confermato più volte nel ruolo di maestro (1777-78, 1780-81, 1784-85, 1787-88, 1790-91, 1793-94).
Agli ultimi anni della sua attività devono essere ricondotti i lavori per la chiesa di S. Giacomo a Chioggia, dove realizzò, con l’aiuto dei quadraturisti Antonio e Romualdo Mauri, l’affresco raffigurante la Decapitazione di s. Giacomo e la pala con la Vergine delle Grazie (1787-90).
Il M. si dedicò quasi esclusivamente al genere sacro e devozionale, riuscendo a conquistare un mercato piuttosto ampio e uno spazio, se non di eccellenza, di sicuro prestigio all’interno della società artistica del tempo. La sua committenza dovette essere di segno piuttosto conservatore dal momento che il suo stile rimase singolarmente uguale a se stesso, in un continuo sforzo mimetico con la pittura di Piazzetta. L’imitazione è condotta in modi che semplificano e smorzano gli slanci del maestro; i chiaroscuri risultano accentuati fino quasi a ritagliare le figure sullo sfondo; le espressioni dei volti scadono nel sentimentalismo e i movimenti risultano bloccati e dimessi.
Dopo l’elogio di Longhi (1762), che registrava la stima e il largo consenso di cui godette il M., il giudizio della critica settecentesca e ottocentesca rimase pressoché invariato, e nulla aggiunsero Rossetti (1765) e Moschini (1817, 1840) all’immagine di pittore capace, di sicuro mestiere e artefice di una pittura accademica e rigorosa. Furono i primi studi di Pallucchini sulla scuola di Piazzetta (1932) a introdurre una variante critica e a tracciare con maggiore precisione la figura del M., cui venne ricondotto un primo nucleo di opere, molte delle quali attribuite al maestro. Pallucchini delineò il ritratto di un pittore a tal punto fedele agli schemi del maestro da risultare noioso, privo di autonomia e originalità, e lo relegò nel ruolo di traduttore pedissequo e senza stile (1932 e 1960). Gli studi successivi furono condotti con lo scopo di dare maggiore chiarezza e definizione al catalogo delle sue opere; il contributo di Tomasini, oltre a restituire organicità alla produzione del M., riconobbe il valore di questo e la sua capacità di fare una buona pittura, la cui innegabile scarsa originalità era più vicina al gusto comune di quanto, forse, non fosse quella ancora troppo rivoluzionaria del grande Piazzetta. Ulteriori aggiunte e precisazioni riguardo al catalogo del M. vengono offerte dal successivo contributo di Sponza che, tuttavia, non sembra discostarsi troppo dal parere di Pallucchini. Del pittore di Chioggia egli traccia infatti un profilo mediocre e, pur riconoscendogli qualche risultato, lo definisce un artista che «tende a involgarire le invenzioni di Giambattista facendo spesso assumere alle figure atteggiamenti ed espressioni popolaresche e dialettali, quando, addirittura non le faccia scadere nel becero» (p. 261). Nonostante gli studi pubblicati sull’attività del M. abbiano certamente contribuito a ricostruire, almeno in parte, l’attività di questo prolifico pittore, manca a tutt’oggi uno scritto completo e documentato sulla sua ricca produzione pittorica e su quell’attività incisoria, a cui solo viene fatto un accenno, che tanto contribuì alla diffusione delle opere di Piazzetta (Tomasini).
Il M. morì a Venezia il 12 genn. 1796, nella parrocchia di S. Vio, «per lenta febbre senile» (ibid., p. 163).
Fonti e Bibl.: A. Longhi, Compendio delle vite de’ pittori veneziani…, Venezia 1762, p. 38; G.B. Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture ed architetture di Padova, Padova 1765, p. 123; F.S. Bartoli, Le pitture, sculture ed architetture della città di Rovigo, Venezia 1793, p. 286; G.A. Moschini, Guida per la città di Padova, Venezia 1817, p. 277; Id., Guida per la città di Venezia…, Venezia 1840, p. 155; T. Bonaldo, Scelta di onorevoli memorie delle cose militari e civili di Chioggia, Chioggia 1882, p. 59; R. Pallucchini, A. M. detto il Chiozzotto, in Riv. di Venezia, XI (1932), pp. 27-34; Id., Attorno al Piazzetta, ibid., XII (1933), pp. 565-578; Id., L’arte di G.B. Piazzetta, Bologna 1934, pp. 74 s.; Id., La pittura veneziana del Settecento, Venezia-Roma 1960, pp. 162 s.; P.L. Fantelli, Restauri a Chioggia, in Ateneo veneto, n.s., XIX (1981), 1-2, p. 186; D. Tomasini, in Giambattista Piazzetta: il suo tempo, la sua scuola (catal.), Venezia 1983, pp. 163-170; A. Mariuz, I dipinti del Piazzetta e della sua scuola in palazzo Vendramin Calergi, in Arte veneta, XXXVII (1983), pp. 294, 302; La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1989, II, p. 784; S. Sponza, Appunti su A. M. detto il Chiozzotto, in Arte. Documento, 1994, n. 8, pp. 261-266; La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1995, pp. 190-195.