ANTONIO di Agostino di ser Giovanni, detto Antonio da Fabriano
Pittore, noto per tre dipinti firmati (un San Gerolamo nella Galleria Walters di Baltimora, del 1451; un Crocefisso del 1452 nel Museo Piersanti di Matelica; e un trittico nella Chiesa di San Clemente a Genga), ai quali si accompagnano alcuni documenti, che vanno dal 1457 (quando A. faceva parte del Consiglio di credenza a Fabriano) al 1489. Nel 1465 eseguiva un San Bernardino, oggi perduto, per la parrocchiale di Spineta, presso Genga, e nel 1468 era occupato ad una Madonna col Bambino fra i santi Giovanni Battista e Francesco nel Palazzo comunale di Sassoferrato, anch'essa non più esistente. È possibile che egli sia da identificarsi con l' "Antonello da Fabriano" che nel 1447 è ricordato a Genova. Alle opere firmate possono aggiungersi, per sicuri confronti stilistici: il Transito della Vergine ed un affresco staccato (Madonna col Bambino fra i santi Giacomo e Antonio Abate, con un donatore) nella Pinacoteca di Fabriano; il San Gerolamo nella chiesa di San Clemente a Genga ed uno stendardo a due facce (Madonna col Bambino e San Clemente Papa) nel presbiterio della stessa località; una pala (Madonna fra i santi Donnino e Pietro Martire) già nella collezione Andrassy di Budapest, con la data del 14(7?)9; un trittico (Sant'Anna e la Vergine fra i santi Giuseppe e Gioacchino) nella Pinacoteca di Gualdo Tadino; una Madonna col Bambino già nella collezione Croci di Matelica; due pannelli (Santa Maria Maddalena e San Bernardino da Siena) già nella canonica di Cerreto d'Esi; e infine un grandioso affresco recentemente staccato dal vecchio refettorio di San Domenico a Fabriano, raffigurante il Crocefisso adorato da uno stuolo di Domenicani ,guidati dal fondatore dell'Ordine e da san Pietro Martire, e serrato da due nicchie con S. Lucia e S. Caterina da Siena.
A. da Fabriano è stato sovente confuso con altri pittori delle Marche, soprattutto con Giovanni Antonio da Pesaro, che mostra tuttavia caratteri stilistici del tutto diversi (polittici di Santa Croce a Sassoferrato e del duomo di Cingoli; stendardo a due facce nella Galleria Nazionale di Urbino, ecc.); il suo catalogo, ridotto ai termini reali, rivela una personalità di notevole levatura e assai problematica, per la base culturale tipicamente nordica e fiammingheggiante (o "borgognona") che dal più antico San Gerolamo del 1451 si mantiene sino alle cose più tarde, lievemente toccate da uno scadimento qualitativo. In nessun rapporto è A. da Fabriano con le diverse cerchie pittoriche marchigiane a lui anteriori; la sua educazione va perciò ricercata altrove, ed è stata avanzata la possibilità che egli frequentasse da giovane l'ambiente napoletano, permeato di cultura fiamminga, che fa capo a Colantonio. L'ipotesi di una formazione meridionale sembra confermata da numerosi elementi compositivi riscontrabili nelle opere di A., che alludono a prototipi affini a quelli presenti ad Antonello e agli altri pittori educati a Napoli verso la metà del secolo: al riguardo sono assai significativi la Madonna dello stendardo di Genga, di impianto palesemente antonellesco, o il Transito della Pinacoteca di Fabriano, basato su di uno schema affatto ignoto alla pittura delle Marche, ma diffuso invece nell'Italia meridionale, in Sicilia e in Spagna.
Su questo fondo prevalente di accezione napoletana e fiamminga (ravvisabile del resto anche in particolarità tecniche) il riflesso di Pier della Francesca, mediato forse attraverso Gerolamo di Giovanni da Camerino, regola il solenne impianto delle più felici creazioni di A., fra le quali lo splendido Crocefisso di Matelica dà piena misura della sua nobile, sincera personalità.
A. da Fabriano è stato anche scultore, e in questo campo gli si può riferire un tabernacolo, firmato "M. Antonius pictor me fecit" nella cattedrale di Fabriano. Il suo influsso si avverte in Francesco di Gentile, e, entro certi limiti, in Nicolò di Liberatore da Foligno.
Bibl.: L. Serra, L'Arte nelle Marche, Roma 1934, pp. 235-246 e passim; G. Gombosi, Una Madonna con due santi di A. da Fabriano, in Rassegna Marzhigiana, XI(1933), pp. 37-40; R. Van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, XV, The Hague 1934, pp. 113-129; B. Berenson, Pitture Italiane del Rinascimento, Milano 1936, p. 25; F. Zeri, Giovanni Antonio da Pesaro,in Proporzioni, II(1948), p. 164; G. Urbani, Leonardo da Besozzo, in Bollett. d'arte XXXVIII (1953), pp. 297 ss.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 586.