ANTONIO di Boezio (A. di Buccio)
Nacque a San Vittorino, uno dei castelli del contado di Aquila, certamente prima del 1350, da una famiglia di modeste condizioni. Passò a vivere in Aquila, dove ebbe famiglia, ma si tenne lontano, come egli stesso racconta, dalla vita pubblica del suo inquieto Comune; tuttavia, per amore di esso e per l'entusiasmo suscitato in lui dalla lettura della Cronaca rimata di Buccio di Ranallo, si dedicò alla continuazione di quest'opera, interrotta agli avvenimenti del 1362, portando la narrazione fino al 1381. Conservò nella sua lunga Cronaca in volgare aquilano (il cui titolo è forse Delle cose dell'Aquila), iniziata nel 1377, il metro usato da Buccio, la quartina monorima alessandrina, di tradizione schiettamente medievale. Nell'altra sua opera, la narrazione in cinque canti della Venuta di Carlo di Durazzo nel Regno, che comprende gli avvenimenti, non soltanto aquilani, dal 1378 all'82, volle invece usare l'ottava, rivelando così (anche se in fine del poema dichiarò di voler tornare alla quartina) il primo influsso della letteratura toscana sull'ambiente culturale aquilano. Dai suoi versi apprendiamo altri particolari sulla sua vita: fu a Roma due volte, nel 1350 per il giubileo e nel 1369 per farsi assolvere dall'aver preso parte a una scorreria in quel di Antrodoco; partecipò nel 1372, con altri sette concittadini, a una spedizione in Puglia per provviste di grano alla città. Nel 1379 assistette al Consiglio degli abitanti di Popplito in Aquila. Dev'essere morto intorno al 1390.
Continuatore della sua Cronaca, ma in prosa, fu un altro scrittore aquilano, Niccolò da Borbona; più tardi anche della sua narrazione si ebbe una traduzione in prosa, che va sotto il nome del b. Berardino da Fossa (1420-1503). Infine, una rielaborazione in terzine della sua Cronaca, come di quelle di Buccio di Ranallo e di Niccolò da Borbona, dette nel 1493 l'aquilano Niccolò di Ludovico. Le due opere di A., dimenticate per più secoli, furono riscoperte, intorno al 1740, nella biblioteca del convento dei francescani di S. Bernardino in Aquila, dallo storico A. L. Antinori che ne dette la prima edizione, insieme con le opere di Buccio e degli altri principali cronisti aquilani, nel tomo VI delle Antiquitates italicae Medii Aevi di L. A. Muratori (Mediolani 1742, coll. 711-848). A. è un espositore tutt'altro che raffinato, ma sincero e di animo retto.
Bibl.: G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, II, Milano 1833, p. 454; F. S. Zambrini, Catalogo delle opere volgari dei secoli XIII e XIV, Bologna 1844, p. 33; A. Dragonetti, Le vite degli illustri aquilani, Aquila 1847, pp. 206 s.; A. Potthast, Bibliotheca historica medii aevi, I, Berlin 1896, p. 114; V. De Bartholomaeis, Prefazione alla Cronaca Aquilana rimata di Buccio di Ranallo di Popplito di Aquila, in Fonti per la storia d'Italia, XLI, Roma 1907, passim.