ANTONIO di Mario
Fiorentino, nacque verso la fine del XIV secolo da un Mario di Francesco di Nino, e si dedicò agli studi notarili, conseguendo il titolo di notaio fra il settembre del 1417 e il dicembre del 1419. Pochissimo sappiamo della sua vita pubblica, riguardo alla quale risulta soltanto che fu notaio della Signoria nel 1436 e nel 1446 e notaio di Montecarlo (Lucca?), in avanzata età, nel 1461; nulla di quella privata. Comunque egli è assai più noto per le sue benemerenze letterarie di infaticabile trascrittore, che non per l'attività notarile, ben presto trascurata a favore dell'altra.
Il primo codice noto da lui vergato e datato è del 24 ag. 1417; già in esso A. adoperava il nuovo tipo di minuscola libraria canonizzato da Poggio Bracciolini pochi anni prima e derivato dall'imitazione della minuscola carolina: la "lettera antica", oggi comunemente denominata "umanistica libraria" o "rotonda". Non sappiamo chi abbia insegnato ad A. la nuova scrittura; ma certo, anche se è impossibile che sia stato diretto allievo di Poggio - rimasto lontano da Firenze dal 1403 al 1422 - egli può averne appreso gli elementi e dall'imitazione di autografi del Bracciolini, e dalla consuetudine con un altro grande amanuense dell'epoca, di lui più anziano: Giovanni Aretino.
Divenuto presto assai noto nell'ambiente umanistico della Firenze quattrocentesca, A. entrò in contatto con Niccolò Niccoli e con Cosimo de' Medici, trascrivendo per quest'ultimo numerosi codici; una lettera del Niccoli a Cosimo, del 20 marzo 1426, rivela che l'umanista si prestava a far da tramite fra i Medici e l'ancor giovane amanuense: "I' ò parlato con ser Antonio di Mari(o) del transcrivere le Pistole di Seneca; et in quanto ti piaccia, egli le scriverà di quella medesima forma di lettera che l'altre opere in minor volume" (Le Carte Strozziane,p.590; il codice, terminato il 23 maggio 1426, è oggi il Laur.45, 32).
Altri clienti noti di ser A. furono Benedetto Strozzi, l'umanista e bibliofilo inglese William Gray, vescovo di Ely, per il quale fra il 1445 e il 1448 egli vergò tre manoscritti, e Alfonso d'Aragona. Complessivamente ci rimangono, firmati e datati da lui, ben quarantadue manoscritti: una cifra notevolissima, se paragonata a quella dei codici di altri noti copisti del tempo, e se si considera che ad essa possono essere aggiunti numerosi altri pezzi di quasi sicura attribuzione (cfr. Ullman, p. 105, nota 14).
Suoi autori preferiti furono, fra i classici, Eusebio di Cesare, Cornelio Celso, Plutarco (in latino); fra i contemporanei Leonardo Bruni e Matteo Palmieri, della cui opera storica A. eseguì, fra il 1448 e il 1451, le prime copie destinate alla diffusione.
Comunque, la fortuna e il successo di A. di Mario non possono essere attribuiti ai capricci della moda, ma esclusivamente alla sua straordinaria capacità di comporre una scrittura equilibrata ed elegante, superiore, per armonia, a quella dello stesso Poggio (cfr. Cencetti, p. 271), e assai più costante dei vari tipi adoperati dal rivale Giovanni Aretino. Complessivamente può dirsi che ser A. di Mario è l'amanuense che, nella prima metà del XV secolo, seppe meglio rendere, in una originale sintesi, le caratteristiche della nuova scrittura, nata nell'ambiente umanistico fiorentino e ad esso congeniale.
Il Mazzatinti affacciò l'ipotesi che A. abbia lavorato al servizio di Vespasiano de' Bisticci. Ma non esistono prove che documentino rapporti fra i due.
Fonti e Bibl.: Le Carte Strozziane del R. Archivio di Stato in Firenze. Inventario. Serie prima, I,Firenze 1887, p. 590; Matthei Palmerii Liber de Temporibus, in Rer. Italic. Script., XXVI,1, a cura di G. Scaramella, pp. VIII, XXIII s.; G. Mazzatinti, La biblioteca dei re d'Aragona in Napoli, Rocca S. Casciano 1897, pp. X-XII; D. Marzi, La cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca S. Casciano 1910, pp. 499, 500; R. Sabbadini, Storia e critica di testi latini,Catania 1914, pp. 296, 297, 311; S. Morison, Early Humanist Script and the first Roman Type, in The Library,XXIV(1943), pp. 1-29; G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna 1956, pp. 271 s.; B. L. Ullman, The origin and development of humanistic script, Roma 1960, passim e specialmente pp. 98-109 (contiene un elenco dei codici noti).