DORIA, Antonio
Nacque nel 1801 a Bonifacio, in Corsica, da Angelo e da Maria Bottolucci. Il padre apparteneva ad un ramo collaterale della nobile famiglia ligure e il 21 apr. 1795 aveva chiesto ed ottenuto l'ascrizione al patriziato genovese anche se, probabilmente in relazione alle vicende della Corsica nei decenni precedenti, il suo patrimonio aveva subito un serio contraccolpo e le condizioni generali della famiglia avevano dovuto sopportare un certo imborghesimento del livello di vita. Il figlio, comunque, aveva mantenuto la cittadinanza francese, cosa che gli aveva facilitato i viaggi e i contatti con gli ambienti nei quali, all'indomani della Restaurazione, si elaboravano le strategie delle società segrete e si rinsaldavano i propositi di combattere i regimi assolutistici ristabiliti a Vienna dopo il crollo di Napoleone.
Con questa carboneria internazionale, che faceva centro a Parigi e di lì si diramava principalmente in Spagna ed in Italia, il D. entrò in relazione già dopo i primi scoppi rivoluzionari del 1820-21 e la conseguente reazione; forse, a fargli da tramite con il mondo della cospirazione fu Raimondo Doria, spagnolo di origine, che a Genova, dove erano vive le tradizioni democratiche ed era diffuso il malcontento per la recente annessione al Piemonte, non aveva avuto difficoltà a diffondere gli ideali costituzionali ed antiaustriaci della carboneria; certamente, comunque, anche a prescindere da un ipotetico intervento di Raimondo Doria, che in seguito si sarebbe rivelato un delatore, il D. era già nel 1828 collaboratore di quel F. A. Passano che, come gran maestro della carboneria genovese, aveva reclutato molti adepti soprattutto tra gli avvocati e gli studenti universitari, in settori, cioè, dove maggiore era l'effervescenza politica e più forte il desiderio di cambiamento. Il D., peraltro, non apparteneva a nessuna di queste due categorie in quanto, come il Passano, si era dato al commercio aprendo nella zona di Campetto una libreria che presto era diventata luogo di convegno dei settari e centro principale per la lettura e lo smercio di scritti rivoluzionari proibiti. Uno dei frequentatori più assidui sarebbe poi risultato il giovane Mazzini che in quegli anni, tra il 1828 e il 1830, muoveva i suoi primi passi di cospiratore affiliando neofiti e scrivendo opuscoli di circostanza.
A tali trame, manifestazione di uno spirito di rivolta incapace di avere sbocchi concreti, la polizia pose fine con gli arresti del 13 nov. 1830: tra gli altri finirono in carcere il D., il Passano, il Mazzinì, che da questa esperienza avrebbe, con l'esilio, preso le mosse per maturare la propria critica della carboneria e sviluppare il programma della Giovine Italia. Forse perché cittadino francese, il D. non subì conseguenze molto pesanti e, assolto in istruttoria per insufficienza di prove, fu nel gennaio del 1831 rimesso in libertà. Poco più di un anno dopo, quando già da tempo aveva ripreso, nonostante la sorveglianza della polizia, a fare del suo negozio il centro d'una intensa attività cospiratoria che si diramava anche in Lombardia e in Toscana, le deposizioni di alcuni arrestati e le nuove rivelazioni di R. Doria ai giudici austriaci indicarono in lui un esponente di rilievo, come segretario della vendita genovese, dell'organizzazione settaria. In particolare R. Doria, oltre ad attribuirgli vari progetti criminosi, il 24 ott. 1832 lo rappresentava come "il più pericoloso di quanti Carbonari esistevano ed esistono in Genova, non eccettuato neppure il Mazzini" e lo diceva astutissimo e capace di dissimulare, sotto un atteggiamento conciliante e bonario, la durezza dei suoi sentimenti repubblicani, al punto che, soggiungeva, "ogni classe di persone gli è amica e i gesuiti e i membri della Compagnia della misericordia lo ritengono per un loro affezionato, mentre invece non solo egli è nemico d'ogni legittimità ed in ispecie in sommo grado dell'Austria, ma inoltre professa un completo ateismo" (Luzio, G. Mazzini carbonaro, p. 405).
A dispetto delle denunzie, tuttavia, il D., affiliato alla Giovine Italia, operò d'intesa con J. Ruffini per propagare l'associazione in Genova e favorirne i primi tentativi; ma all'inizio del 1834, mentre il Mazzini preparava la spedizione in Savoia cui da Genova si sarebbe dovuto collaborare con una vasta sollevazione, le autorità decisero d'intervenire e il 15 marzo 1834 disposero l'arresto del D. e di suo fratello. Il console di Francia a Genova, E. Decazes, cercò invano di ottenerne la scarcerazione, ma all'ambasciatore francese a Torino, subito interessato al caso, fu nel luglio del 1834 risposto che il D. era uomo di fiducia del Mazzini, "suo corrispondente e probabilmente tesoriere della Giovine Italia a Genova" (Relazioni, I, p. 445). Subito dopo, su richiesta di Torino, il Decazes fu richiamato in Francia; al D. invece, revocato un iniziale provvedìmento di espulsione dal Regno, fu concesso, sembra per un intervento personale del re, di restare a Genova "insino a che la sua presenza non sarebbe ravvisata contraria alla sicurezza pubblica ed alla tranquillità degli Stati" (Genova, Museo del Risorgimento, Carte Ricci, n. 2367, relazione dei ministro degli Interni del 26 genn. 1849).
Rimesso in libertà, il D. si fece più prudente e, pur continuando presumibilmente a far parte della Giovine Italia, diradò i propri rapporti col Mazzini e solo nel 1843 si fece notare in qualche riunione in casa del marchese G. C. Di Negro presso il quale, col pretesto delle conversazioni letterarie, si tentava, ma senza grandi risultati, di agitare anche la questione politica. Tempi più propizi si profilarono con l'inizio delle manifestazioni di massa per le riforme e con l'approssimarsi della guerra all'Austria: segretario del Comitato dell'ordine che nel marzo del 1848avrebbe visto riuniti, su iniziativa di Giorgio Doria, liberali e democratici nel comune intento di sottolineare l'urgenza d'una decisa svolta nazionale da parte di Carlo Alberto, il D. appariva come uno dei "plus enragés" (Montale, G. Balbi Piovera..., p. 554) nel predicare risolutezza e raccogliere volontari, e un mese dopo, in una lunga lettera all'amico ministro V. Ricci, quando già il Comitato si era mutato in Circolo nazionale, sosteneva l'opportunità di propugnare una candidatura del Mazzini alle prossime elezioni per il Parlamento: solo così, a suo dire, la monarchia sabauda avrebbe palesato l'intenzione di attuare una politica unitaria e di combattere una guerra realmente nazionale. Nonostante il D., accantonando l'antica sua ideologia, si desse ad esaltare lo sforzo bellico prodotto dal "Piemonte largo e generoso, col suo Re alla testa" (Codignola, Dagli albori della libertà..., p. 460) e si spingesse fino a garantire la neutralità del Mazzini sulla questione istituzionale, su cui il popolo avrebbe espresso la propria volontà a guerra vittoriosamente conclusa, la sua proposta non fu accolta e la candidatura Mazzini, subordinata ad una non realistica accettazione dell'amnistia e ad una felice conclusione delle trattative di tregua con la monarchia, cadde.
Deluso in queste speranze e amareggiato dalla proclamazione del Regno dell'Alta Italia, il D. si dimise dal Circolo nazionale e uscì di scena, tanto da non figurare né nelle riunioni dell'ultrademocratico Circolo italiano costituitosi qualche mese dopo né tra i protagonisti della rivolta di Genova della primavera successiva. In seguito ebbe ancora qualche rado contatto col Mazzini che gli fu grato per l'assistenza prestata alla madre morente nel luglio del 1852 e lo definì poi un "antico e provato amico" (Scritti, XLIX, p. 276). Le ultime testimonianze scritte di questa amicizia risalgono al 1854; dopo di allora il D. visse appartato, conservando qualche legame solo con V. Ricci, al quale si rivolgeva di tanto in tanto per ottenerne favori e raccomandazioni.
Il D. morì nel 1871 a Rivarolo Ligure.
Fonti e Bibl.: Carte e docc. riguardanti il D. e le sue disavventure giudiziarie nonché sue lettere a V. Ricci, G. E. Benza, G. B. Spotorno si conservano nell'archivio dell'Istituto Mazziniano di Genova (per una sommaria descrizione si vedano A. Neri, Museo del Risorgimento. Catalogo, Milano-Roma 1915-1925, I, pp. 138 ss.; II, pp. 43 s., 360; e il Catalogo della Mostra ligure del Risorg., a cura di P. Nurra-A. Codignola, Genova 1927, ad Indicem). Parte della corrispondenza col Ricci è stata utilizzata da F. Donaver, Il ministro V. Ricci (1848-49), in Rass. nazionale, 1º dic. 1898, pp. 507 ss.; Id., Genova nei primi mesi del 1848, in Riv. storica del Risorg. ital., III (1898), pp. 171 s., 185-192; B. Montale, Il '48a Genova. I circoli politici tra mazziniani e moderati, in Riv. stor. ital., LXXIX (1967), pp. 196-199, 201, 203. Notizie di prima mano sul D. e la sua attività settaria in A. Luzio, G. Mazzini carbonaro, Torino 1920, pp. 44 s., 226, 245, 251, 253, 257-265, 276, 282, 311 s., 405 ss., 413, 431, 472; Ediz. naz. degli scritti di G. Mazzini, Epist., Indici, II, I, ad nomen; Lettere e docc. ined. di Mazzini e Campanella, in Giornale d'Italia, 10 marzo 1908; Le relaz. diplom. fra la Francia e il Regno di Sardegna, s. 2, II, 1832-34, a cura di A. Saitta, Roma 1976, ad Indicem; Le relaz. diplom. fra l'Austria e il Regno di Sardegna, s. 2, II, (1833-38), a cura di N. Nada, Roma 1973, p. 260. Scarsa l'attenzione prestata al D. dalla storiografia che lo ha studiato essenzialmente in funzione della sua vicinanza al Mazzini: si vedano F. Ridella, La vita e i tempi di Cesare Cabella, Genova 1923, p. 132; A. Codignola, La giovinezza di Mazzini, Firenze 1926, ad Indicem; Goffredo Mameli e i suoi tempi, Venezia 1927, pp. 47, 52, 59-63, 169; E. Passamonti, Nuova luce sui processi del 1833in Piemonte, Firenze 1930, ad Indicem; A. Codignola, Daglialbori della libertà al primo proclama di Moncalieri, Torino 1931, ad Indicem; C. Spellanzon, Storia del Risorg. e dell'Unità d'Italia, II, Milano 1934, pp. 240 s., 342, 345; S. Mastellone, Mazzini e la "Giovine Italia" (1831-1834), Pisa 1960, ad Indicem; B. Montale, G. Balbi Piovera e la Guardia civica di Genova, in Rass. stor. del Risorg., LIV (1967), p. 554; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari it., Milano 1974, ad Indicem. L'anno della morte si ricava da V. Spreti, Enciclopedia stor.-nobiliare ital., App., II, Bologna 1969, p. 44; sulla famiglia si veda anche C. Sertorio, Il patriziato genovese, Genova 1967, p. 118. Succinte biografie del D. in Diz. del Risorg. naz., II, sub voce, e in Encicl. ital., XIII, sub voce.