EPARCO, Antonio
Nacque a Corfù nel 1491. Suo nonno Nicolò e suo padre Giorgio, entrambi medici, appartenevano alla nobiltà corfiota. Il padre era parente di Giano Lascaris, che aveva aiutato a raccogliere manoscritti greci per conto di Lorenzo de' Medici. Non deve quindi sorprendere che Lascaris abbia scelto l'E., nel 1520, per affidargli la scuola greca che aveva convinto il re di Francia Francesco I a fondare a Milano. Quando tale scuola si chiuse, probabilmente nel 1522, l'E. dovette tornare al paese di origine. Nel giugno 1521 era a Venezia per assistere ai funerali del doge Leonardo Loredan. Nel 1524 era a Corfù dove faceva parte del Consiglio dei centocinquanta nobili.
Il 25 ag. 1537, dopo che il sultano Solimano aveva dichiarato guerra a Venezia, le truppe turche sbarcarono a Corfù, dandosi a massacri e razzie. L'E., che in una lettera a Pietro Bembo racconta di essere stato inviato come ambasciatore presso il sultano prima dello sbarco, perse ogni avere, anche se i Turchi si ritirarono il 15 settembre. Si recò allora a Venezia, dove già nel dicembre di quell'anno aprì una scuola; il 9 dicembre scriveva al Bembo narrandogli le sue disgrazie e pregandolo di trovargli degli allievi. Il Bembo gli rispose il 16 che avrebbe fatto il possibile.
L'E. ottenne peraltro dal Consiglio dei dieci, in considerazione dei numerosi servigi resi alla Signoria, una pensione mensile di 8 ducati, accordatagli fintantoché non avesse recuperato la perdita dei suoi beni distrutti durante l'invasione di Corfù; era però obbligato ad insegnare ogni giorno le lettere greche in un locale designato dai Dieci (Arch. di Stato di Venezia, Cons. dei dieci., Comune, reg. 12, f. 140v).
Nel corso della sopraddetta invasione, che aveva distrutto più che altro i sobborghi di Corfù e le campagne, ma che non aveva toccato la cittadella, dove l'E. abitava vicino alla chiesa di S. Giovanni Battista, su cui la sua famiglia esercitava un certo diritto di patronato, si salvò anche la biblioteca dell'Eparco. Quest'ultima fu oggetto dell'interesse di Francesco I, che inviò all'E. Gerolamo Fondulo per proporgliene l'acquisto; i due però non si accordarono sul prezzo.
In seguito, Guillaume Pellicier, divenuto ambasciatore di Francesco I a Venezia, tornò alla carica per acquistare la collezione dell'E., che doveva essere assai rara; l'E. preferì farne, però, dono a Francesco I, il quale lo ricompensò con 1.000 scudi versatigli dallo stesso Pellicier.
Il 10 luglio 1540 il Pellicier scrisse a Pierre du Chastel, vescovo di Tulle e custode della Biblioteca reale, narrandogli l'acquisto fatto dei libri, che già si trovavano a casa sua, e parlandogli dell'impegno che si era assunto l'E. di trovarne altri. Un catalogo dei manoscritti appartenuti all'E. nel 1537 si trova nella Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 3958, ff. 213r-215v.
Dopo questa prima vendita l'E. riuscì a costruirsi una solida fama di raccoglitore di manoscritti greci, che lo portò ad entrare in contatto e a corrispondere con i maggiori uomini ed istituti di cultura del suo tempo, interessati ad acquistare il materiale che egli riportava dai suoi frequenti viaggi in Grecia.
Avendo Paolo III nel 1539 manifestato l'intenzione di sollevarlo dalle sue passate disgrazie, l'anno dopo l'E. si recò a Roma, munito di una lettera di Pietro Bembo datata 7 ott. 1540. A Frascati incontrò il cardinale Alessandro Farnese, nipote del papa, che lo raccomandò volentieri allo zio, il quale gli concesse una pensione. In occasione di questa visita conobbe molto probabilmente il cardinale Marcello Cervini, il futuro bibliotecario vaticano (poi papa Marcello II), col quale iniziò una lunga corrispondenza, ed il suo segretario, Guglielmo Sirleto; il Cervini gli affidava la ricerca di codici antichi e la revisione di manoscritti greci (gran parte della corrispondenza si trova nel Vat. lat. 6411). Anche con Alessandro Farnese l'E. mantenne frequenti contatti epistolari. Dalla corrispondenza dell'E. con questi personaggi, con il Cervini soprattutto, si deduce che egli non si limitava alla compravendita di manoscritti, ma li copiava e li collazionava egli stesso, e che aveva creato a Venezia un vero e proprio atelier di copisti alle sue dipendenze.
Il 13 nov. 1540 Francesco I fornì l'E. di un salvacondotto con una lettera di presentazione all'ambasciatore francese a Costantinopoli, Rincon (Vat. lat. 6411, f. 313), per raccogliere manoscritti greci in Oriente e arricchire la biblioteca di Fontainebleau. Gli avvenimenti della guerra turca e le malferme condizioni di salute gli impedirono di intraprendere il viaggio e la ricerca fino al 1545. Sempre nel 1540 la Repubblica di Venezia dimostrò la stima nella quale teneva l'E. donandogli, a seguito di una sua supplica, un feudo a Corfù.
Il 23 sett. 1542 l'E. scrisse al Cervini pregandolo di fargli pervenire gli atti del concilio di Firenze in greco, che erano nella biblioteca del cardinale Bessarione, perché era sua intenzione trascriverli e stamparli. L'E. coglieva ogni occasione per manifestare la sua intenzione di rendersi utile per l'unione della Chiesa greca con quella latina; spinse inoltre il suo zelo in favore della fede cattolica sino a scrivere delle lettere al Melantone, nella speranza di farlo riavvicinare alla Chiesa di Roma.
Nel 1544 l'E. fece stampare a Venezia il suo Lamento sulla rovina della Grecia, opuscolo rarissimo dedicato a Paolo III, una copia del quale si trova ad Oxford, Bodleian Library, S 241 Theol.
L'autografo dell'E. del Lamento sitrova ai ff. 3r-8v del Vat. gr. 1462; nello stesso codice, ai ff. 10r-27v, si trova la Ypotyposis tes Otomanon tyrannidos, altra opera dell'E., e ai ff. 30r-50r la sua traduzione latina.
Il 30 ag. 1544 l'E., in una ulteriore lettera al Cervini, parla dei suoi progetti di stampare opere greche insieme con Nicola Sophianos (ad esempio, Filone Giudeo, Eusebio, Teodoreto).
Nel 1545, riuscito finalmente a compiere il suo viaggio, giunse a Venezia con i manoscritti, e ne riferì subito a Marcello Cervini in una lettera del 21 nov. 1545 (Vat. lat. 6411, f. 314).
Il catalogo dei manoscritti messi in vendita dall'E. in questa occasione si trova nel Vind. 9734 ed è stato pubblicato integralmente da Charles Graux (Essai…, pp. 413-417); questo gruppo di manoscritti sembra essere lo stesso acquistato dalla Biblioteca di Augusta nel 1545 (ed oggi conservato a Monaco). Un altro catalogo di manoscritti appartenuti all'E., anch'esso databile intorno al 1545, si trova al f. 137 del Vat. lat. 7806 A.
Nel luglio 1546, disperando ormai di essere nominato, come chiedeva, segretario o interprete della nazione greca al concilio di Trento, ripartì per Corfù dove il 5 novembre venne eletto sindaco greco; ma alla fine dell'anno si trovava nuovamente a Venezia.
Nel 1548 si recò a Bologna per incontrarsi con il Cervini. La pensione concessagli da Paolo III era stata infatti soppressa, ed egli tentava di riottenerla attraverso il Cervini, al quale voleva donare in quell'occasione tre medaglie greche; ma il cardinale aveva già lasciato Bologna. Il 6 giugno di quell'anno tornò alla carica con una nuova lettera al Cervini, offrendosi nuovamente come fornitore di manoscritti per la Vaticana; non gli offrì però i circa cinquanta manoscritti di cui era in possesso in quel momento, perché si era già impegnato in via provvisoria col vescovo di Noyon, Jean de Hangest, che aveva incontrato a Bologna; l'atto provvisorio di vendita prevedeva la clausola che esso era da considerare nullo qualora il re di Francia Enrico II avesse mostrato interesse all'acquisto dei detti manoscritti; l'affare, già complicato, fu tirato talmente in lungo da Enrico II da non andare in porto.
Il 4 ag. 1548 (lettera al Cervini) l'E. si riproponeva di ripartire per Corfù con una lista di manoscritti che il cardinale desiderava acquistare; il 29 dello stesso mese, giunto nell'isola, scrisse al Cervini mettendolo al corrente delle sue scoperte; il 3 settembre scrisse della sua intenzione di spingersi sino al Monte Athos, ma in un'altra lettera del 22 maggio 1549 narra di essere stato malato tutto l'inverno.
Nel 1550, volendo dotare una delle sue numerose figlie in età da marito, l'E. rimise in vendita il vecchio gruppo di circa cinquanta manoscritti greci che non era ancora riuscito a vendere. Li offrì all'erudito cardinale Antoine Perrenot de Granvelle, ma finì per cederli, dietro offerta di 200 scudi, alla Biblioteca Vaticana, dove giunsero l'8 apr. 1551; un catalogo di tali manoscritti si trova nel Vat. lat. 3963, ff. 6-8. L'E. ripartì subito per la Grecia per ottemperare ad altre richieste del Cervini. Il 2 genn. 1553 era ancora a Venezia, da dove annunciava al Cervini di aver portato una copia degli atti del secondo concilio di Nicea. Pure del 1553 è una sua Information delle cose di Corphù redatta per conto della Repubblica di Venezia, che si trova a Venezia nella Biblioteca del Civico Museo Correr, Mss. Cicogna 3245, fasc. 10.
Gli anni successivi trascorrono in un continuo itinerare dell'E. tra la Grecia (a Corfù riceve numerose cariche civiche) e Venezia. Del 17 ag. 1561 è una lettera autografa dell'E. a Pio IV (Ambr. 1018 [F. 105 inf.]), nella quale egli afferma di aver avuto già da Marcello II l'incarico di acquistare manoscritti in Grecia per conto della Biblioteca Vaticana. Nel 1565 invia di nuovo un gruppo di manoscritti alla Vaticana, per i quali viene gratificato di 50 scudi d'oro. Ricca di particolari biografici sull'E. è un'altra lettera dell'8 febbr. 1565 a Ludovico Beccadelli (Parma, Bibl. Palatina, Carteggio Beccadelli, 1029, I, 8); in essa l'E. elenca le sue opere, ed a quelle precedentemente indicate aggiunge il De modo evertendae tyrannidis Turcarum, che non venne mai stampata.
Il 23 marzo 1566 l'E. comunica da Corfù al cardinale Carlo Borromeo di aver trovato parecchi manoscritti rari e medaglie e promette d'inviargliene il catalogo al suo arrivo a Venezia. Anche in questa vendita l'E., come in precedenza, offre a parecchi possibili compratori il lotto di manoscritti: al cardinale A. Farnese, al Sirleto, ad Alfonso II d'Este, a Cosimo I de' Medici.
Il Fava (Alfonso d'Este…, pp. 497-500), pubblica un elenco di codici rinvenuto nell'Archivio di Stato di Modena, che potrebbe essere una copia del suddetto catalogo dell'Eparco. Il Graux (Essai..., p. 3), appoggiandosi su una lettera di Guzman da Silva, ambasciatore di Filippo II a Venezia, al suo re (14 giugno 1572), afferma che Cosimo I rifiutò di acquistare i manoscritti per la somma di 1.000 scudi, sembratagli eccessiva, e che il Guzman, dopo la morte dell'E., acquistò gli stessi dai suoi eredi per 300 scudi. È certo, in ogni caso, che questi manoscritti sono finiti nella Biblioteca dell'Escorial. E. Giotopoulou-Sisilianou (Antonios o Eparchos…, pp. 301-305) ha pubblicato un catalogo di tali manoscritti (Archivo general de Simancas, Estado. Venecia, leg. 1549, 197).
Nel febbraio 1570, nonostante l'età avanzata, l'E. fu ancora incaricato di un'ambasciata a Venezia dai suoi concittadini. Presentò al Senato una petizione per ottenere che, data la situazione di guerra con il Turco, venisse concesso ai cittadini dei sobborghi di Corfù di abitare nella cittadella.
Il 20 ottobre dello stesso anno venne di nuovo eletto membro del Consiglio dei centocinquanta nobili di Corfù. Alla fine del 1570, a settantanove anni di età, l'E. era ancora in vita. Era già morto invece il 29 sett. 1571, come risulta da un documento pubblicato dal Sathas (Documents..., V, 327).
Oltre alle numerose figlie femmine, che maritò per lo più a veneziani, ebbe quattro figli maschi; uno di essi, Nicola, medico ma che s'interessava anche di affari commerciali, seguì le orme del padre e probabilmente si associò a Nicola Sophianos e a Marco Samariaris per impiantare una stamperia a Venezia. Di un altro figlio, Michele, che esercitò la professione di avvocato a Venezia, si conserva una lettera ad Antonio Possevino dell'8 sett. 1582 (Dorez, Antoine..., pp. 357-360) con numerose notizie riguardanti il padre.
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