ERIZZO, Antonio
Ultimo dei tre figli maschi di Marco di Antonio e di Orsa Saraton di Raimondo, nacque a Venezia nella prima metà del 1421. La famiglia era di modeste condizioni, e le genealogie tacciono sulla carriera politica del padre, limitandosi ad attribuirgli un secondo matrimonio, nel 1436, con Paoluccia Ziliol di Giovanni, vedova di Pietro Lando di Giacomo.
Naturale, quindi, che gli esordi dell'E. nel mondo della politica avvenissero in sordina, nell'ambito delle magistrature minori e che comportassero una qualche remunerazione: il 5 luglio 1446 era ammesso al Maggior Consiglio e, di lì ad alcuni mesi, il 21 settembre, diveniva giudice del Mobile, quindi (1º dicembre 1448) assumeva la carica di podestà a Torcello, nella stessa laguna veneta, e il 20 settembre 1450 era nuovamente chiamato a far parte di una magistratura giudiziaria, quella dell'Esaminador, seguita poi dalla nomina a capo del suo sestiere, cioè Castello (17 giugno 1453).
L'E. tuttavia non doveva essere privo di capacità, dal momento che l'anno seguente, il 22 giugno 1454, entrava nella Quarantia, il massimo tribunale veneziano con competenze civili e criminali, i cui membri erano per solito scelti nell'ambito dei patrizi di medie fortune, ma di provata moralità e buon equilibrio intellettuale; e appunto nelle tre Quarantie l'E. avrebbe a lungo, e a più riprese, prestato la sua opera, alternandola, nei periodi di contumacia, con l'esercizio di altre cariche.
Nel 1456-57 lasciò per la prima volta la patria, essendo stato eletto (31 dic. 1455) consigliere a Modone e Corone, le imponenti fortificazioni poste nell'estremo lembo del Peloponneso, il cui possesso consentiva alla Repubblica di controllare le rotte marittime del Levante; la caduta di Costantinopoli in mano turca aveva infatti indebolito notevolmente le posizioni veneziane in tutto l'Egeo, ed ora lo Stato marciano era chiamato a giocare una partita decisiva, nella quale erano poste in discussione realtà ritenute ormai consolidate ed equilibri vecchi di secoli. Particolarmente difficili si presentavano i rapporti con i nuovi dominatori della Morea, i Turchi, e con i despoti greci che vi avevano conservato taluni brandelli di autorità; fu questo il compito precipuo che l'E. venne chiamato ad affrontare, senza peraltro che egli riuscisse a venire a capo di una situazione complessa e fluida, al punto che, qualche anno più tardi, la Repubblica avrebbe cercato di risolvere drasticamente la questione mediante la conquista militare dell'intero Peloponneso, partendo proprio dalle basi di Corone e Modone.
Rimpatriato, riprese il suo posto nelle Quarantie, sinché gli venne affidato un rettorato, che doveva portarlo nuovamente nei domini del Levante: nell'estate del 1464 era infatti eletta provveditore a Dagno (oggi Deja), presso Cattaro; il 16 luglio ricevette il mandato e il 19 novembre si trovava già nella cittadina albanese, dove sarebbe stato sostituito da Giovanni Contarini più di tre anni dopo, nel dicembre 1467. Lo stato di guerra esistente tra Venezia e la Porta rese difficile l'impegno dell'E. nel difendere un territorio più di tutti esposto alle incursioni del nemico, che infatti di lì a qualche anno lo avrebbe definitivamente strappato alla Repubblica, assieme al principale centro dell'Albania veneta, Scutari.
Dopo il ritorno in patria, nel 1470 l'E. sposava Caterina Da Mula di Francesco di Giovanni, da cui avrebbe avuto diversi figli; il matrimonio fu contratto quando ormai egli era alla soglia dei cinquant'anni: è probabile quindi che a muoverlo fossero sia ragioni di ordine famigliare (nessuno dei due fratelli, Nicolò e Paolo, si era sposato), sia motivi di interesse economico. Certo è che da allora la sua esistenza conobbe un deciso salto di qualità, prontamente concretizzatosi nella nomina a bailo di Corfù. Tornava dunque nello Stato da Mar, chiamato ancora una volta a prestare la sua opera contro la minaccia ottomana, ma non più quale responsabile di un piccolo presidio, bensì come governatore di una grande isola posta in una posizione strategica di vitale importanza, a difesa dell'Adriatico, il cui compito era soprattutto quello di costituire una base di appoggio per la flotta e, ad un tempo, per i rifornimenti alle posizioni che la Serenissima manteneva in Albania e nella parte meridionale della Dalmazia; insomma, pur nell'ambito del conflitto, fu un incarico di natura logistica piuttosto che militare, come invece era avvenuto a Dagno sei anni prima.
Al termine del mandato, il 25 maggio 1471 assumeva il comando della "muda" delle galere di Alessandria, e alla fine del 1472 (3 dicembre) entrava a far parte degli ufficiali alle Rason Vecchie, quale ennesima conferma della straordinaria prontezza con cui, all'epoca, gli esponenti del patriziato veneziano riuscivano a rendersi disponibili a prestare la loro opera nell'ambito di incarichi di natura completamente diversa. Dopo di che, per alcuni anni le fonti tacciono sul suo nome, che ritroviamo solo nel 1478, associato alla carica di consigliere a Cipro, la più grande e ricca isola del Mediterraneo orientale, allora regno formalmente autonomo della veneziana Caterina Corner, ma in pratica strettamente controllato dalla Repubblica mediante alcuni funzionari, le cui competenze non si limitavano certo alla tutela degli interessi della fiorente colonia veneziana, per estendersi invece all'intero apparato amministrativo e finanziario dell'isola. Sull'attività dell'E. ci restano due lettere, dell'ottobre e novembre 1478, scritte al capitano di Famagosta, Giorgio Contarini, concernenti l'una il furto di alcuni bovini, l'altra una richiesta di rifornimenti per gli arcieri che costituivano la scorta armata di alcune galere.
A questo punto, parrebbe anche lecito concludere che l'interesse per il mondo del Levante fu prevalente nell'animo dell'E.; e invece no: il 7 ottobre 1484 iniziava un nuovo reggimento, stavolta come podestà a Bergamo, dove fu sostituito nel 1486 da Girolamo Badoer.
La guerra di Ferrara, che aveva visto Venezia contrapporsi alla maggior parte degli Stati italiani, si era bensì conclusa con la conquista del Polesine, appunto nel 1484, ma essendosi rivelata dispendiosissima e assai più lunga del previsto, aveva lasciato in grave dissesto le finanze della Repubblica, per cui il Senato non cessava di far presente ai propri rappresentanti nelle città e nei territori del dominio, la necessità di procedere con tutti i mezzi, e rapidamente, alla riscossione dei dazi e delle gravezze, ordinarie ed eccezionali, che le urgenze del conflitto avevano suggerito di imporre. Né l'E. sfuggì a questa logica, e nel corso della sua podesteria più che ad amministrare la giustizia, badò ad appoggiare il collega nel compito - certo non facile e comunque ingrato - di controllore ed esattore tanto dei singoli quanto delle Comunità.
Fu quindi eletto (29 dic. 1486) auditore al luogo di procuratore sopra gli Atti del sopragastaldo, poi l'anno successivo ricoprì la carica di savio di Terraferma, e il 17 agosto 1489 divenne avogador di Comun; sostenne l'incarico, tuttavia, solo per pochi mesi, dal momento che il 1º ottobre si deliberava la nomina di un suo successore, poiché egli aveva accettato di recarsi visdomino a Ferrara, che propriamente non era un rettorato, ma una magistratura assai simile nelle attribuzioni a quella che aveva sostenuto a Cipro, nel 1478.
Si trovava da pochi mesi nella nuova sede, allorché, nel 1490, una sua figlia venne chiesta in moglie da Giovanni Cernovich, un principe albanese, per il figlio Giorgio. Il Senato veneziano dette il suo consenso, e le nozze furono celebrate in Albania, poco dopo la morte dello stesso Giovanni Cernovich. La sposa si chiamava Elisabetta; esattamente come la figlia di un altro Antonio Erizzo, procuratore di S. Marco, morto nel 1483: ma nessun fraintendimento è possibile, poiché di quest'ultima possediamo il testamento, dal quale si evince che rimase sempre nubile. Dunque non resta che pensare che l'E. abbia messo positivamente a frutto le sue permanenze a Dagno e a Corfù per allacciare importanti amicizie nella regione, dove la morte di Scanderbeg aveva privato la Repubblica di un valido aiuto; di qui l'assenso del Senato ad un'operazione che rivestiva ben altro significato di un semplice rapporto di parentela tra due famiglie: e infatti, qualche anno più tardi, Giorgio Cernovich tentò di giocare le sue carte mediante l'aiuto veneziano, ma non ottenne praticamente nulla, e cadde ben presto in disgrazia.
L'E. tuttavia non assistette a queste vicende: era morto infatti poco dopo il suo ritorno da Ferrara a Venezia, nel 1492.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codici 1, St. veneta 19: M. Barbaro-A. M Tasca, Arbori de' patritii veneti..., III, p 413; Ibid., Avogaria di Comun. Indice matrimoni con figli, sub voce; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti..., II, c. 7v; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 16 (= 8305): G. A. Cappellari Vivaro, IlCampidoglio veneto, II, c. 55v. Per la carriera politica, Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, reg. 178: Prove di età per patroni di galera, cc. 24v, 103v, 114v, 127v; Ibid., Segretario alle Voci. Misti, reg. 4, cc. 9r, 11r, 34v, 75v, 138v, 142r; reg. 5, c. 6r; reg. 6, cc. 15v, 19r, 35v, 75v, 83r, 103r, II 5v, 132r; reg. 15, c. 132v; Ibid., Senato. Mar, reg. 7, c. 180r; M. Sanuto, Diarii, I, Venezia 1879, coll. 402, 421; L. de Mas Latrie, Documents nouveauxservant de preuves à l'histoire de l'ile de Chypre..., Paris 1882, pp. 500 s. Si veda inoltre: P. Bembo, Rerum Venetarum historiae, in Degl'istorici delle coseveneziane, II, Venezia 1718, p. 24; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, XII, Podestaria e capitanato di Bergamo, Milano 1978, p. XXXVII; T. Dean, Venetian economic hegemony: the case of Ferrara, 1220-1500, in Studi veneziani, n. s., XII (1986), p. 78; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Erizzo, tav. II.