ZONDADARI, Antonio Felice
– Nacque a Siena il 13 dicembre 1665 da Ansano e da Agnese Chigi. Pronipote di papa Alessandro VII, diede origine al ramo Chigi Zondadari insieme ai fratelli.
Si addottorò in utroque iure a Siena e fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1690. Poco dopo si trasferì a Roma e fu avviato alla carriera curiale dallo zio, il cardinale Flavio Chigi, il quale lo invitò a frequentare i tribunali della città per affinare le sue competenze nel diritto. Nel 1693 fu nominato referendario delle due Segnature e, l’anno successivo, prelato nella congregazione della Fabbrica di S. Pietro. Fu vicelegato di Bologna tra il 1694 e il 1697, poi governatore di Ancona sino al 1699, quando divenne ponente della S. Consulta.
Dal 6 dicembre 1698 fu nunzio straordinario per l’arrivo della regina di Polonia. Dopo la morte del re Giovanni Sobieski, la moglie Maria Casimira lasciò Cracovia a causa delle contese per la successione tra i nobili polacchi. Zondadari accolse la sovrana al confine dello Stato della Chiesa e la accompagnò sino a Roma, entrando in città il 24 marzo 1699. Il 28 concluse il suo incarico e fu ricevuto da papa Innocenzo XII, che mostrò gradimento per il lavoro svolto dal prelato.
Il 18 dicembre 1701 fu consacrato arcivescovo di Damasco dal segretario di Stato Fabrizio Paolucci. Lo scoppio della guerra di successione spagnola costrinse papa Clemente XI a ricercare un difficile equilibrio tra le opposte rivendicazioni dei Borbone e degli Asburgo. Il 27 gennaio 1702 il pontefice nominò Zondadari nunzio straordinario presso Filippo V di Spagna, per rafforzare il ruolo di arbitro del pontefice nella crisi successoria e per esplorare le possibilità di un accordo tra le potenze europee. A causa del conflitto in corso, Zondadari fu ricevuto dal sovrano solo il 14 giugno 1702 presso Acqui Terme. Durante i mesi che seguirono, contribuì a risolvere alcuni contenziosi per l’assegnamento delle cariche ecclesiastiche vacanti nel Regno di Napoli. L’8 febbraio 1703 partì per la Spagna, entrando a Madrid il 1° marzo seguente. Alcuni influenti nobili della corte tentarono di impedire il riconoscimento della nunziatura, ma sul momento la loro opposizione non fu efficace. Anche se la mancata investitura di Napoli a Filippo complicava la sua attività, egli fu ben ricevuto dal re perché la sua presenza contribuiva alla legittimità politica e diplomatica dello schieramento filoborbonico. Ciononostante, il progetto di pace proposto da Clemente XI incontrò resistenze insormontabili.
Dal 1704 al 1706 Zondadari seguì il sovrano nelle campagne militari intraprese contro gli eserciti alleati a sostegno di Carlo d’Asburgo. Durante questi anni – oltre a informare la Curia sugli sviluppi militari in corso – si dedicò anche a impegni pastorali: sia in Spagna, dove esercitava la sua giurisdizione, sia nelle località portoghesi occupate dalle forze borboniche.
Il 28 maggio 1706 fu nominato nunzio ordinario a Madrid, ma la sua attività fu ostacolata sin dagli esordi dal Consiglio di Castiglia. Dunque provò a contrastare il crescente impegno giurisdizionalista di alcuni consiglieri per la riduzione dei privilegi del clero e per l’incameramento delle rendite ecclesiastiche da parte della Corona. Nel 1708, a seguito dell’occupazione austriaca della località pontificia di Comacchio, Clemente XI abbandonò la propria politica di mediazione dichiarando guerra all’imperatore Giuseppe I, ma le forze pontificie furono messe in rotta a gennaio del 1709. Nel trattato di pace il papa dovette riconoscere l’arciduca Carlo d’Asburgo come sovrano e inviare un nunzio a Barcellona. Zondadari era consapevole che il trattato avrebbe provocato l’ostilità di Filippo V verso la Sede apostolica: tentò di presentare memorie in suo favore presso la corte e di essere ricevuto dal re, ma senza ottenere successi. Il 5 aprile 1709 furono ordinate l’interdizione di ogni relazione con la Curia romana e l’espulsione del nunzio, a cui Zondadari non ottemperò. Il 10 egli delegò l’attività ordinaria della nunziatura a due collaboratori fidati: l’abate Giustino Antonio Gentiloni e il fiscale Guidobaldo Salamanni, ma le autorità si mossero anche contro di questi. Inoltre, mancò il sostegno di gran parte dei vescovi spagnoli: furono solo tre a intervenire in suo favore. Il 12 gli fu nuovamente ordinato di lasciare la Spagna e il 22 fu decretata la cessazione della nunziatura. Lo stesso mese partì da Madrid e si stabilì ad Avignone, continuando a esercitate la propria funzione, che però era in gran parte limitata alle sole attività informative per Roma.
Il 18 maggio 1712 fu creato cardinale, ottenendo la berretta rossa il 23 settembre 1715 con il titolo di S. Balbina. Divenne poi membro di varie congregazioni: Cerimoniale, Concilio, Disciplina dei regolari, Immunità ecclesiastica, Fabbrica di S. Pietro, Propaganda Fide, Riti (di cui fu proprefetto dal 1726), Vescovi e regolari, Visita apostolica. Nel frattempo acquisì altre cariche: camerlengo del S. Collegio (10 gennaio 1718-7 febbraio 1719), cardinale protettore della nazione senese, dei camaldolesi, dei celestini e altri ordini religiosi.
Dopo il conclave del 1724 commissionò una serie di dieci dipinti, in cui sono raffigurati, in particolare, alcuni eventi significativi della sua nunziatura in Spagna tra il 1701 e il 1709 ed episodi della vita dei suoi fratelli, Marco Antonio e Alessandro. I quadri furono eseguiti tra il 1727 e il 1730 da artisti noti nel panorama romano del primo Settecento: Sebastiano Conca, Placido Costanzi, Luigi Garzi, Giuseppe Nicola Nasini e Giovanni Odazzi. Le opere furono collocate nel palazzo di famiglia a San Quirico d’Orcia. Il ciclo era piuttosto celebre e diede avvio alla moda presso le famiglie romane di commissionare quadri parimenti documentari e celebrativi (Lo Bianco, 1985). Le ambizioni del porporato in Curia furono evidenziate anche attraverso il finanziamento della ricostruzione in stile romano del palazzo Chigi Zondadari in piazza del Campo a Siena, il cui cantiere durò dal 1725 al 1731.
Nel Concistoro dell’11 giugno 1725 egli, insieme con otto altri cardinali della fazione ‘zelante’, votò contro il conferimento del cardinalato a Niccolò Coscia, favorito di papa Benedetto XIII e accusato di gestire gli affari ecclesiastici per il proprio interesse. Nel conclave del 1730 fu uno dei possibili candidati al soglio pontificio, potendo contare sui voti dei cardinali zelanti, dei savoiardi e di quelli creati da Benedetto XIII. Il 27 maggio Fracesco Valesio annotò che «si fanno trattati gagliardi» per la sua elezione (Valesio, 1977-79, V, p. 228). Vi fu, però, l’opposizione decisiva dai sovrani europei, in particolare da Filippo V di Spagna che impose il proprio veto alla sua elezione. Il 20 luglio il neoeletto Clemente XII nominò Zondadari prefetto della Segnatura di grazia.
Il 6 agosto 1731 il papa dichiarò nullo il concordato siglato nel 1727 tra Benedetto XIII e il re di Sardegna, causando la rottura delle relazioni diplomatiche e le rappresaglie politiche del re Carlo Emanuele III. All’interno del S. Collegio si scontrarono pareri discordanti su come reagire: Zondadari propose una linea d’azione moderata, che però fu messa in minoranza. Il 21 aprile 1732 fu aggregato alla congregazione De nonnullis, istituita nell’agosto del 1730 da Clemente XII per raccogliere le prove delle malversazioni a danno della Camera apostolica da parte del cardinale Coscia e dei suoi sodali. Il porporato fu poi dichiarato colpevole all’unanimità il 28 aprile 1733. Il 3 marzo 1736 Zondadari fu parte della congregazione cardinalizia deputata all’esame di tutte le controversie pendenti riguardanti le trattative per il concordato tra la Spagna e la Sede apostolica.
Morì a Siena il 23 novembre 1737 e fu sepolto nella chiesa di S. Giorgio, di cui aveva finanziato la ristrutturazione.
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