FERRUCCI, Antonio
Appartenente ad un'antica famiglia guelfa che esercitava la mercatura, nacque. a Firenze il 2marzo 1412 da Leonardo di Francesco e da sua moglie Nanna.
Nel corso dei secoli XIV-XV i Ferrucci si disimpegnarono progressivamente dall'attività mercantile, specializzandosi nell'esercizio delle cariche pubbliche. Particolarmente ricercati erano gli uffici "estrinseci", cioè quelli che venivano esercitati nelle varie località del dominio, che, a differenza delle cariche cittadine, davano diritto ad una vera e propria retribuzione.
Il F. fu capitano di Castrocaro nel 1438, podestà di Greve nel 1446, podestà di Foiano nel 1448, capitano della montagna di Pistoia nel 1450, vicario di Poppi nel 1453, podestà di Pistoia nel 1458, capitano di Volterra nel 1466-67.
Negli anni 1433-34, quando a Firenze si fece più cruenta la lotta tra la fazione degli Albizzi e quella dei Medici, sembra che il comportamento della famiglia Ferrucci non sia stato univoco: mentre lo zio del F., Bartolomeo di Francesco Ferrucci, dava il suo appoggio agli Albizzi, il F. ed il fratello Tuccio, dopo un primo periodo di incertezza, divennero in seguito leali sostenitori dei Medici: lo comprova il fatto che nessun membro della famiglia Ferrucci faceva parte della Balia del 1434 che richiamò i Medici dall'esilio; il F. fece poi parte, in qualità di "arroto" per il quartiere di S. Spirito, di tutte le Balie istituite nell'arco della sua vita, con l'unica eccezione di quella del 1480.
Le Balie, già organi straordinari, previsti dagli statuti per fronteggiare situazioni di emergenza, concedendo pieni poteri ad un ristretto gruppo di cittadini, divennero nel periodo del predominio mediceo sulla città quasi una presenza costante nell'apparato istituzionale fiorentino. I Medici si servivano infatti di questi organi, di cui riuscivano ad assicurarsi l'affidabilità, selezionando attentamente i singoli membri, per far approvare riforme costituzionali che presumibilmente non sarebbero riusciti a far passare seguendo l'iter normale dell'approvazione dei Consigli.
Il periodo 1465-66 fu uno dei più agitati nella storia fiorentina: per la prima volta dopo il ritorno in patria di Cosimo nel 1434 la supremazia dei Medici a Firenze fu seriamente messa in pericolo da un gruppo di oppositori capeggiati da Luca Pitti. In questo frangente il F. mise le sue sostanze e la sua persona a disposizione dei Medici.
Il 6 maggio 1467 il F. divenne membro degli Otto di guardia e balia, la magistratura che sovrintendeva all'ordine pubblico, ma una deliberazione presa lo stesso giorno dal Consiglio dei cento stabilì che questa magistratura si trasformasse, previa elezione dei due membri mancanti, nei Dieci di balia, l'organismo straordinario che veniva creato in tempo di guerra per sovrintendere alle operazioni militari ed all'azione diplomatica. Era infatti scoppiata, proprio in conseguenza della congiura del Pitti, una guerra contro la Repubblica di Venezia, che si atteggiava a protettrice dei fuoriusciti fiorentini. Il F. rimase membro di questa magistratura fino a tutto il mese di agosto 1467. Poco dopo, il 27 novembre dello stesso anno, entrò in ufficio come vicario di Lari. Da questa località il 12 giugno 1468 inviò lettere tanto a Piero de' Medici che al figlio Lorenzo affinché, nell'imminenza del nuovo "squittinio" per la Signoria, si adoperassero, in nome della "affectione et amore ò verso v.a Magnificentia e vostra casa" affinché egli fosse "veduto" gonfaloniere di Giustizia (Arch. di Stato-di Firenze, Mediceo av. il princ. 17. c. 624 e 23, c. 207).
I "veduti" erano coloro che, nel sistema elettorale fiorentino, basato sull'estrazione a sorte, venivano approvati dalla commissione elettorale e quindi immessi nelle borse per l'estrazione, anche se poi, una volta estratto il loro nome, non potevano, per varie ragioni (assenza da Firenze, malattia) esercitare effettivamente l'ufficio. Coloro che invece prendevano realmente possesso dell'ufficio si dicevano "seduti". Il F. era già stato scrutinato per il gonfalonierato di Giustizia, la massima carica della Repubblica, nel 1465-66, ma non aveva raggiunto il numero di voti necessario per essere imborsato; pertanto, nell'imminenza del nuovo scrutinio, confidava nell'aiuto dei suoi potenti amici. Il fatto di essere stati anche soltanto "veduti" a questa carica era infatti molto importante: non soltanto ne derivava grandissimo onore alla famiglia del candidato, ma vi erano connessi anche poteri effettivi. La mancanza della documentazione relativa allo scrutinio del 1468-69 non consente di sapere se l'istanza del F. ebbe buon esito. Egli tuttavia non esercitò mai la carica di gonfaloniere di Giustizia, anche se fece per tre volte (nel 1441, 1466, 1470) parte della Signoria in qualità di priore per il quartiere di S. Spirito. Nel 1471 fu "tratto" podestà di Pratovecchio, nel 1473 podestà di Fucecchio, nel 1475 capitano di Livorno.
Tra il 1467 ed il 1479 fu chiamato più volte, talvolta ex officio, ma più spesso come "arroto", a partecipare alle Consulte (o Consigli segreti) riunite dalla Signoria per averne pareri sulle questioni più importanti per la vita dello Stato. Ad eccezione di quelle del 1478, imperniate sulla conduzione della guerra successiva alla congiura dei Pazzi, le consulte cui partecipò il F. concernevano per lo più questioni interne e problemi fiscali. In particolare la riunione del 20 ag. 1477 era imperniata sulle misure da prendere per fronteggiare la carestia che gia si annunciava e che avrebbe fatto sentire le sue conseguenze drammatiche nell'inverno successivo. Nell'ambito di essa fu approvata la proposta del consigliere Luigi Guicciardini di istituire, ispirandosi alla Roma classica, prefetti dell'Annona, con il compito di reperire ed acquistare in varie parti d'Italia grosse quantità di cereali. In virtù di questa decisione il F. fu inviato nell'inverno 1477-78 in Valdelsa come "commissario dei grani". Dal febbraio all'agosto 1481 fu podestà di Tizzana e presumibilmente fu questo il suo ultimo incarico pubblico.
Secondo il Nardi (p. 53), il F. partecipò come commissario militare alla guerra per la conquista di Pietrasanta e Sarzana nel 1484, dopo la morte di A. Pucci, commissario precedente. Tali affermazioni sono però prive di ogni fondamento. Difatti il F. morì a Firenze il 17 ott. 1481 e fu sepolto nella chiesa fiorentina del Carmine.
Egli si era sposato due volte: con Dianora di Francesco Michi e poi con Francesca di Niccolò Biliotti; dalla prima moglie ebbe numerosi figli, tra cui Niccolò, padre del famoso condottiero Francesco Ferrucci.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. nazionale, Poligrafo Gargani, 803-806; Arch. di Stato di Firenze, Carte Galletti, 39: N. Ferrucci, Libro di ricordanze cc. 40 s., 52; Priorista Mariani, II, c. 332; Mediceo avanti il principato, 17, cc. 468, 624; 21, c. 277; 22, c. 103; 23, cc. 95, 100, 103, 207; 29, c. 460; 32, cc. 537, 575; 35, c. 155; 137, cc. 236, 874; Tratte, 985, cc. 5, 23, 85, 148v; 397, c. 1; 903, c. 6v; Consulte e Pratiche, 58, cc. 225, 230v; 60, cc. 47v, 49v, 63v, 147v, 156v, 160, 163 s., 173v; Catasto, 909, c. 114; Ufficiali della Grascia, 190, c. 159; Catasto, 794, c. 6; Protocolli delcarteggio di Lorenzo il Magnifico, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 32 s.; B. Dei, La cronaca, a cura di R. Barducci, Monteriolo 1984, p. 72; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, II, Firenze 1858, pp. 53, 183; L. Passerini, Note alla vita di F. Ferrucci scritta da F. Sassetti, in Archivio stor. ital., App., IX (1853), p. 464; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto iMedici, Firenze 1971, pp. 324, 334, 351, 361; P. Litta, Le famiglie celebriital., tavv. Ferrucci di Firenze.