PELOSO, Antonio Francesco
– Spesso indicato come Francesco, nacque a Novi Ligure il 30 luglio 1765 da Giovanni Matteo (1728-1806) e da Maria Geronima Avio (1729-1802).
La famiglia si era trasferita a Novi da Fiacone, sull’Appennino, una quarantina d’anni prima. Dedicandosi alla produzione e al commercio della seta e di altre merci oltre che all’attività finanziaria era diventata una delle più importanti della città. Un fratello minore, Luigi (1772-1849), come lui filandiere e commerciante, partecipò alla prima Municipalità novese e al governo della Repubblica Ligure alla sua fondazione nel 1797, e poi di nuovo durante il breve periodo tra la caduta di Napoleone e l’annessione al Regno di Sardegna; il figlio del fratello maggiore, Giovanni Matteo (1786-1837), fu sindaco di Novi dal 1832 al 1837 e socio del marchese Raffaele De Ferrari nella costruzione della filanda di Voltaggio; il figlio di un cugino, Paolo Francesco (1793-1856), fu nello stesso periodo console del re di Sardegna ad Algeri, Tunisi e Atene e lasciò nei suoi dispacci testimonianze della politica mediterranea dei suoi anni.
Antonio Francesco fu l’esponente della famiglia che più emerse per l’opera di imprenditore e commerciante, l’attività politica, la dimestichezza con alcuni dei principali pittori contemporanei. Nel 1834 l’economista Giacomo Giovanetti lo ricordava come esempio dell’intraprendenza e della vocazione commerciale dei filandieri liguri, e come proprietario della più grande filanda di Novi, ma altre ne possedette a San Quirico in Val Polcevera e a Ovada. Ebbe rapporti commerciali entro e oltre la penisola, ad esempio con gli Scoti di Pescia, che gli si rivolsero per consigli durante l’avvio della loro attività, o la Banque Guérin di Lione, centro europeo del commercio della seta. Ma questo non fu il solo ramo della sua attività imprenditoriale, che estese al commercio del grano, alla navigazione commerciale e alla raccolta e movimentazione del legname, operando da solo o in società con altri commercianti come il fratello Luigi, Emanuele Balbi o Giacomo Chiappa, con i quali condivise anche passioni e attività politiche.
La fortuna economica raggiunta in quegli anni permise nella generazione successiva ai Peloso di contrarre matrimoni con membri di famiglie di antica nobiltà ligure e lombarda, i Castagnola e gli Airoldi, e con altre famiglie dell’emergente borghesia finanziaria genovese, Pavese, Chiappa, Oneto, Edlmann. Alla fortuna imprenditoriale Antonio Francesco affiancò una certa esposizione in campo politico, di orientamento prima repubblicano e democratico, poi bonapartista: tra il 1797 e il 1805 fu tra i protagonisti dell’adesione di Novi alla Repubblica Ligure, e dal 1808 al 1814 fu membro del Consiglio generale del Dipartimento di Genova dell’Impero francese. Alla caduta di Napoleone, fu indicato da emissari della polizia sabauda e austriaca con i termini di «cattivo», in una lista che divideva gli appartenenti al gruppo dirigente della città in buoni e cattivi, o come «libero muratore» (Segre, 1828, p. 366), «inimico dichiarato dell’attuale governo molto influente sul popolo», «appassionato repubblicano democratico» e «appartenente all’Indipendenza» (Vitale, 1933, pp. 446 s.)
Dal 1815 ai primi anni Venti fece parte del gruppo dirigente della Camera di commercio di Genova. Nel corso dell’insurrezione genovese del marzo 1821 partecipò alla Commissione amministrativa di governo, della quale concorse a definire la composizione, nominata dal governatore Andrea Des Geneys per assumere le sue funzioni nella ricerca di un compromesso con gli insorti. In tale veste, prese parte al governo della città in uno dei momenti più difficili della sua storia. Nei primi anni Trenta fu ripetutamente citato nell’epistolario di Giuseppe Mazzini, che ne utilizzò l’indirizzo per ricevere corrispondenza, ne apprezzò l’attività di mecenate di artisti impegnati nella causa risorgimentale e lo considerò tra le persone la cui persecuzione da parte della polizia avrebbe creato malumore nel popolo genovese. Dalla corrispondenza di Mazzini, inoltre, si evince come il principale collaboratore commerciale di Peloso, Andrea Gambini, e un altro impiegato fossero persone molto prossime all’esule-patriota. Negli stessi anni Antonio Francesco frequentò feste e riunioni presso la residenza del console francese o la Villetta del marchese Gian Carlo Di Negro, nelle quali si parlava apertamente di costituzione e la polizia temeva si tramasse contro il governo.
Strettamente intrecciata con la fortuna imprenditoriale e l’attività politica fu la sua opera nel campo della protezione e incoraggiamento delle arti, che lo portò a raccogliere una ricca collezione di stampe e quadri nel palazzo Rivarola, adiacente Palazzo Ducale a Genova, da lui acquistato nel 1826. Vi raccolse dipinti di importanti pittori italiani e fiamminghi del Seicento e del Settecento, ma soprattutto di contemporanei. Francesco Hayez, che lo ricordò nelle sue Memorie, eseguì su sua commissione a partire dal 1824 quadri come Pietro l’eremita bandisce la prima crociata, Fiesco che si congeda dalla famiglia, e lo stesso anno un suo apprezzato ritratto in due versioni, in cui dominavano i colori del tricolore italiano con il blu di quello francese. Improntata a particolare confidenza e schiettezza fu una serie di lettere che Peloso indirizzò a un altro pittore contemporaneo, Pelagio Palagi, dal quale acquistò alcuni quadri e al quale si rivolse per raccomandare il giovane pittore genovese Giuseppe Isola. Fece parte della direzione del Teatro Carlo Felice e dei Protettori dell’Istituto di musica di Genova, oltre a essere ricordato tra i benefattori dell’Orfanatrofio femminile di Novi diretto da un fratello sacerdote, Giacomo (1770-1846).
Non si sposò e non ebbe figli. Morì a Genova il 9 febbraio 1835 e fu sepolto tre giorni dopo a Novi Ligure.
Fonti e Bibl.: G. Mazzini, Scritti politici editi ed inediti, V, Imola 1910, pp. 265, 344; IX, ibid. 1916, pp. 88, 233; X, ibid. 1921, p. 373; XCIV, ibid. 1943, p. 202; A. Segre, Il primo anno del ministro Vallesa (1814-1815). Saggio di politica sarda, interna od estera, nel primo anno della Restaurazione, Torino 1828, pp. 343-379; G. Giovanetti, Della libera estrazione della seta greggia dal Piemonte, Torino 1834, p. 85; F. Alizieri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, pp. 126-131; F. Hayez, Le mie Memorie (1869), a cura di F. Mazzocca, trascrizione di C. Ferri, Vicenza 1995, ad nomen; A.F. Trucco, I primi municipali della città di Novi, Alessandria 1906; C. Bornate, L’insurrezione di Genova nel marzo 1821, in F. Lemmi et al., La Rivoluzione piemontese dell’anno 1821, Torino 1923, pp. 374 e 452; V. Vitale, Onofrio Scassi e la vita genovese del suo tempo, Genova 1932, p. 309; Id., Informazioni di polizia sull’ambiente ligure (1814-1816), in Atti della società ligure di storia patria, LXI (1933), p. 417-453; E. Leardi, Novi Ligure. Lo sviluppo topografico, demografico ed economico negli ultimi quattro secoli, Alessandria 1962, ad indicem; A. Daglio, La galleria Peloso a Novi Ligure, in La Provincia di Alessandria, IX (1962), 9, p. 13-15; G.M. Delle Piane, Famiglie Feudali e Nobiliari originarie da Novi Ligure e circondario: Peloso, in NoviNostra, III (1963), 1, p. 31-34; A. Daglio, Personaggi d’altri tempi: Antonio Francesco Peloso (1765-1835), in La Provincia di Alessandria, XII (1965), 7-8, p. 54-58; L. Bulferetti - C. Costantini, Industria e commercio in Liguria nell’età del Risorgimento (1700-1861), Milano 1966, ad indicem; L. Giglio Celesti et al., Figure e gruppi della classe dirigente ligure nel Risorgimento, Genova 1971, p. 11 e pp. 18-19; S. Cavazza, Settecento novese, Tortona, 1971, ad indicem; G.L. Mellini, Francesco Peloso collezionista di contemporanei, in Labyrinthos, V-VI (1984), p. 82-120; XII (1987), pp. 72 s.; F. Mazzocca, Francesco Hayez. Catalogo ragionato, Milano 1994; R. Tolaini, Filande, mercato e innovazioni nell’industria serica italiana. Gli Scoti di Pescia (1750-1860), Firenze 1997, ad indicem; A. Marchelli, Filande e filandieri a Novi nel XIX secolo, in NoviNostra, XXXVIII, (1998), 2, pp. 3-34; 3, pp. 3-28; 4, pp. 3-30; E. De Negri, Due storie per un palazzo. Palazzo Rivarola Peloso, in De Ferrari, la piazza dei genovesi, a cura di E. Poleggi, Genova 2005, pp. 101-114; Romantici e macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea, a cura di F. Mazzocca, Milano 2005; G.P. Peloso - P.F. Peloso, L’ordito e la trama, Genova 2012, I, pp. 26-103, 155-207; II, pp. 97-116.