FRATTI, Antonio
Nacque a Forlì il 15 maggio 1845 da Luigi e da Domenica Ravajoli. Di famiglia agiata - il padre, ingegnere e progettista con qualche precedente di tipo patriottico, dirigeva l'ufficio tecnico comunale -, con l'iscrizione alla facoltà di matematica dell'università di Bologna parve volerne seguire l'esempio. Ma a distoglierlo dagli studi venne l'interesse per la tradizione democratica, incarnata a Forlì nella figura di A. Saffi e vivificata dalla recente epopea garibaldina. In quest'ultima il F. riuscì a inserirsi con la partecipazione alla campagna del Trentino nella guerra del 1866 e combattendo l'anno dopo a Monterotondo e Mentana; ma fu proprio l'esito fallimentare di quest'impresa a convincerlo definitivamente dell'impossibilità di realizzare, all'ombra delle istituzioni monarchiche, un programma veramente rivoluzionario.
L'ingresso nell'Alleanza repubblicana universale (1866) segnò appunto per lui il passaggio a una posizione di totale rifiuto del sistema e trovò poi conferma sul piano ideologico nell'adesione piena e indiscussa alla dottrina mazziniana, da lui recepita come sistema di valori su cui fondare la rigenerazione morale e materiale dell'Italia e appassionatamente difesa dagli attacchi di quanti, nelle file stesse della democrazia, forti dall'esperienza della Comune parigina e della successiva penetrazione dell'Internazionale, ne contestavano la vitalità. Ormai orientato verso l'attività pubblicistica come forma più incisiva di apostolato (dal 1864 collaborava a un giornale forlivese, Il Democratico), nel 1871, all'indomani dell'ultima esperienza di volontario garibaldino nella Francia occupata dai Prussiani, pubblicava a Ravenna un opuscolo (Tre scritti di G. Mazzini, un articolo di A. Saffi e una protesta di vari cittadini di Romagna…) in cui respingeva ogni ipotesi di superamento del mazzinianesimo avanzata in nome di una più concreta lotta di classe: ottenne l'approvazione dello stesso Mazzini e un incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa.
Si impegnò pertanto in un serrato sforzo propagandistico sui fogli della sua regione: fu direttore della Rivoluzione di Forlì (1871-72), redattore dell'Alleanza di Bologna, fondatore e direttore della forlivese Democrazia (1876-77), collaboratore di altre piccole testate locali; nel medesimo tempo rapida fu la sua affermazione nelle strutture organizzative della democrazia romagnola, in particolare con la presenza sin dalla fondazione (1872) nella Consociazione repubblicana delle società popolari della Romagna, e di lì presso la Commissione direttiva nazionale (1876) restandovi fino al 1893, quando il Patto di fratellanza si sciolse. Più lontana dal suo idealismo sembrava invece essere la prassi cospirativa vera e propria, ma si trattava di una generale paralisi del movimento, impossibilitato a far seguire alle estremistiche parole d'ordine le auspicate insurrezioni e capace più che altro di agitazioni di piazza e vani preparativi: tale il convegno riminese di Villa Ruffi (1874) dove il F. arrivò in ritardo, trovando però modo di farsi arrestare pur di condividere la sorte dei compagni: accusato di oltraggio alla forza pubblica, fu prosciolto e scarcerato il 24 dic. 1874.
All'inizio del 1877 il F. si trasferì a Roma, chiamato a dirigere con E. Pantano e G. Giordano il quotidiano Il Dovere, con la cui fondazione i repubblicani facenti capo a Sarah Nathan si ripromettevano di unificare le forze del movimento saldandole in una stretta difesa dell'eredità mazziniana. Accreditavano il F. l'intransigentismo in materia di partecipazione alle lotte elettorali e la fede nell'associazionismo come strumento di concordia e progresso sociale; e su queste posizioni restò fermo, evitando però di cadere nel settarismo e anzi cullando sempre la speranza di riuscire a recuperare ai suoi stessi ideali quanti avevano deviato verso il socialismo. Contava molto sull'azione educativa del giornale e sull'efficacia di valori condivisi come l'irredentismo, l'anticlericalismo e l'antitriplicismo: dovette invece constatare che l'attaccamento alla tradizione non incrementava la mobilitazione e che altre opzioni ideologiche prendevano il sopravvento, se perfino il collega Pantano sceglieva il radicalismo. Costretto a sospendere le pubblicazioni (28 febbr. 1879), IlDovere riapparve quattro mesi dopo con periodicità settimanale e con il F. direttore unico, ma i cinque anni di residua sopravvivenza rappresentarono solo una lenta agonia.
Unito alla percezione della caduta del proselitismo repubblicano, questo insuccesso impose una correzione di rotta tale da salvare il nocciolo della dottrina mazziniana rilanciandone la carica innovativa attraverso forme d'alleanza con forze che meglio erano sembrate interpretare le tendenze della società italiana. Se ne fece carico il F. che, dopo avere a lungo polemizzato coi radicali, contrapponendo all'evoluzionismo di A. Mario il richiamo alla costituente come sola fonte di legittimazione della sovranità, e dopo avere ancora difeso nel congresso genovese delle Società operaie affratellate del 1882 la scelta dell'astensionismo, in quello fiorentino del 1886 presentò una mozione, poi approvata, che apriva la via alla partecipazione repubblicana alle elezioni.
Tuttavia, malgrado l'attuazione di iniziative comuni e la collaborazione dello stesso F. al Fascio della democrazia, una vera alleanza coi radicali non si realizzò, così come andarono a vuoto gli sforzi per un'intesa coi socialisti. Ben lungi dal rassegnarsi, il F., che nel 1884 si era laureato in giurisprudenza a Bologna proprio per aiutare professionalmente gli oppositori della monarchia (più tardi avrebbe difeso gli anarchici implicati negli incidenti romani del 1° maggio 1891), raddoppiò i suoi sforzi inserendosi, spesso con funzioni direttive, nella miriade di circoli, gruppi, organismi, associazioni, comitati, che la Sinistra espresse a Roma soprattutto all'epoca del primo governo Crispi.
Intanto i contatti mantenuti con la Romagna gli consentivano di candidarsi con successo alle elezioni politiche: nel 1891 il collegio di Forlì lo inviava al Parlamento. L'anno dopo il F., che alla Camera aveva attaccato aspramente la politica governativa, non si ricandidò; riprese invece alcune tesi critiche verso la "repubblica borghese" da lui già avanzate nel 1886 per tentare una nuova manovra d'avvicinamento ai socialisti, resa difficile dalla diffidenza della base repubblicana più tradizionalista. Per dotarsi di uno strumento di diffusione fondò il 15 luglio 1893 la Rivista popolare sperando di farne la tribuna e il punto ideale di convergenza tra i repubblicani e i socialisti. Al dibattito il F. contribuì in prima persona proponendo, sulla scia delle contemporanee teorizzazioni di F. Albani, l'opportunità di un'adesione dei repubblicani al collettivismo, e per rendere più accettabile il suo sforzo di conciliazione degli estremi sostenne che comunque si sarebbe dovuto conservare l'elemento di libertà individuale presente nel mazzinianesimo. Era evidente un certo imbarazzo per quella che, per quanto strumentale, era pur sempre una rottura (che peraltro non comportava l'accettazione della lotta di classe): ma la repressione crispina del 1894 fece sì che repubblicani, socialisti e radicali si ritrovassero insieme nella Lega per la difesa della libertà. Uno dei frutti dell'accordo fu il sostegno ai rispettivi candidati per le politiche del 1895: presentato a Ravenna I, il F. venne però battuto dal liberale Rava, e dovette attendere altri due anni per sconfiggere a sua volta nel collegio di Forlì il grande rivale Fortis (28 marzo 1897). Intanto la Rivista popolare, dopo il fascicolo del 6 luglio 1896, si era fusa con la Rivista di politica e scienze sociali diretta da N. Colajanni.
Già presente nel Comitato pro Cuba, quando con lo scoppio della guerra greco-turca nacque il Comitato pro Candia ne divenne uno degli animatori. La possibilità di ridare lustro alla tradizione di solidarietà per i popoli in lotta per la nazionalità lo spinse poi a rispondere positivamente all'appello di chi, con Ricciotti Garibaldi alla testa, stava raccogliendo i volontari per portare soccorso ai Greci. Sbarcato ad Atene il 1° maggio 1897 con "una mezza biblioteca di libri di storia, di carattere tecnico e politico della Grecia", il 17 maggio fu tra i primi a cadere a Domokòs. Cinque anni dopo i suoi resti, riportati in Italia, venivano tumulati con una solenne cerimonia nel pantheon del cimitero di Forlì.
Fonti e Bibl.: L'archivio F. è conservato dagli eredi, discendenti di una sorella del F. andata sposa a T. Panciatichi, in una villa di Tredozio (Forlì), dove è attualmente in corso di inventariazione; ma testimonianze sulla sua attività sono reperibili nella documentazione lasciata dai maggiori esponenti della Sinistra e sono state in parte utilizzate da A. Spallicci, A. F., Milano 1965, da F. Atzeni, Il movimento repubblicano nella crisi del patto di fratellanza, Cagliari 1989, passim, e da tutti quei lavori che hanno ricostruito le vicende della democrazia postunitaria. Così, per la lotta politica in Romagna: L. Lotti, I repubblicani in Romagna dal 1894 al 1915, Faenza 1957, ad Indicem; M. Ridolfi, Il partito della repubblica…, Milano 1990, ad Indicem. Per il suo ruolo nell'evoluzione del movimento repubblicano: N. Rosselli, Mazzini e Bakunin…, Torino 1926, ad Indicem; A. Galante Garrone, I radicali in Italia (1849-1925), Milano 1973, ad Indicem; G. Manacorda, Il movimento operaio it. attraverso i suoi congressi…, 3ª ed., Roma 1974, ad Indicem; L'associazionismo mazziniano. Atti dell'incontro di studio (Ostia, 13-15 nov. 1976), Roma 1982, ad Indicem; G. Spadolini, L'opposizione laica nell'Italia moderna (1861-1922)…, Firenze 1988, ad Indicem. Per l'azione svolta a Roma: M. Casella, Democrazia socialismo movim. operaio a Roma (1892-1894), Roma 1979, ad Indicem; Id., Roma fine Ottocento…, Napoli 1995, ad Indicem. Per l'attività giornalistica: O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, ad Indicem. Tra le biografie, oltre quella già citata di A. Spallicci e le numerose commemorazioni, si vedano A. Catelani, A. F., Roma 1898; Il movim. operaio. Diz. biografico, a cura di F. Andreucci - T. Detti, II, ad nomen (L. Lotti), e R. Balzani, A. F., in Il Parlamento italiano, VI, 1888-1901, Milano 1989, pp. 444 s.