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GAVAZZI, Antonio

di Giuseppe Monsagrati - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)
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GAVAZZI, Antonio (in religione Alessandro)

Giuseppe Monsagrati

Nacque a Bologna il 22 marzo 1809 da Vincenzo, avvocato, e da Maria Patuzzi. Di famiglia ultrapapalina, secondo di venti figli, il G. studiò presso i barnabiti, ordine nel quale entrò a sedici anni, frequentando il noviziato a Napoli e i corsi di retorica a Massa. Dotato di un temperamento che lo predisponeva al contatto diretto coi fedeli, il G. inclinò presto verso la predicazione. Questa attività lo portò da un luogo all'altro d'Italia e lo segnalò all'attenzione dei superiori, inizialmente molto soddisfatti per i buoni risultati del suo insegnamento nel noviziato napoletano e compiaciuti dall'affluenza massiccia alle sue prediche, ma poi preoccupati dalla sua indocilità e dalle voci che lo davano per affiliato alla carboneria.

La svolta politica del G. si ebbe dopo la rivoluzione del 1831, agli inizi del pontificato gregoriano, da lui osservati dal collegio barnabita di Arpino, in Ciociaria, ove i superiori lo avevano destinato in vista dell'ordinazione sacerdotale (28 maggio 1832) ma forse anche per punirlo per i suoi eccessi oratori. Nel 1832 passò a insegnare nel collegio di Livorno, poi a Genova, quindi ad Asti (1833) e di lì a poco ad Alessandria, dove incontrò il confratello Ugo Bassi, già assurto a fama di grande predicatore e come lui spesso invitato in tante altre città dell'Italia settentrionale.

Il G. prese ad esaltare tutte le novità: scrisse l'opuscolo Cenni sul battello a vapore che primo partirà da Torino per Venezia (Torino 1840), poi prese posizione contro il ruolo dei gesuiti nell'istruzione e a favore dell'istituzione degli asili infantili; ciò gli costò l'espulsione dal Piemonte (1841).

Malvisto anche nella natia Bologna, il G. si spostò nella più tollerante Parma, ove rimase tre anni come cappellano delle carceri. Sensibile alle condizioni dei detenuti e al problema del loro ritorno alla vita civile, affrontò tali temi in alcuni articoli sul foglio locale Il Facchino (1843) e nell'opuscolo L'amico dei carcerati nei loro esercizi spirituali (Parma 1844), ove toccava anche l'aspetto pastorale.

Per aver irritato i gesuiti con la richiesta di assegnare ai barnabiti il collegio dei nobili, fu trasferito a Perugia, e qui palesò l'assorbimento delle tesi giobertiane, con conseguente accentuazione dei toni patriottici e delle aspettative di una Chiesa meno retriva. Nel settembre 1845, dopo una predica molto politicizzata da lui pronunziata in Ancona, fu invitato a presentarsi alla casa generalizia dell'ordine e quindi destinato al convento di San Severino Marche fino all'aprile 1847.

Ripresa la libertà di movimento, celebrò il coraggio riformatore di Pio IX, da lui incontrato in un'udienza concessagli nel maggio 1847 e subito esaltato in molti altri interventi - scritti e parlati - dettatigli dalla speranza che fosse prossima la realizzazione delle speranze giobertiane. Su tale linea il G. si mantenne a lungo, profittando di ogni occasione per guadagnare consensi al programma del pontefice. Più preoccupato che lusingato da una propaganda che agitava il motivo dell'indipendenza nazionale, Pio IX pensò di liberarsi di lui aggregandolo come cappellano al corpo di spedizione inviato al Nord per difendere i confini dello Stato. Il G., di nuovo insieme con il Bassi, rinfocolò dovunque passasse la passione patriottica parlando di guerra santa e di crociata e rovesciando su un uditorio sempre più numeroso (a Bologna, davanti a S. Petronio, il 24 apr. 1848 erano in 40.000 ad ascoltarlo) il torrente della sua bellicosa immaginazione.

Dopo l'allocuzione papale del 29 aprile il G., convinto che non Pio IX ma la Curia avesse scelto l'arretramento, introdusse nei suoi discorsi una tinta di socialismo. Più polemico che mai, dopo avere partecipato alle difese di Treviso e Vicenza, tornò a Bologna: le sue apparizioni dell'estate del 1848 nelle città dell'Italia centrosettentrionale diedero spesso luogo a furiosi incidenti di piazza, e a Livorno la voce che il governo avesse proibito una sua predica provocò tumulti con tre morti. In verità negli stessi giorni a Bologna il G. sollecitava la folla a porre fine alla violenza anarcoide che da qualche settimana turbava la città. Il 17 nov. 1848 fu fermato dalla polizia bolognese per ordini giunti da Roma, ma la successiva traduzione al carcere di Corneto non ebbe compimento perché i Viterbesi ottennero il suo immediato rilascio. Tornato a Roma dopo la fuga di Pio IX a Gaeta, il governo si affrettò a inviarlo in missione ufficiosa a Venezia, dove lo aspettava un'altra espulsione, contro la quale egli indirizzò da Ravenna una vibrata protesta a D. Manin (12 genn. 1849).

L'avvento della Repubblica riportò a Roma il G., cui fu conferito di nuovo l'incarico di cappellano militare (1° marzo 1849): prima di essere assegnato, dal 29 apr. 1849, all'organizzazione dell'ambulanza centrale, si era dato da fare per contribuire al consolidamento della Repubblica sostenendo nelle sue concioni la compatibilità dell'osservanza religiosa con la fedeltà alle nuove istituzioni. Alla Chiesa si sentiva ancor meno legato dacché lo aveva raggiunto un breve di secolarizzazione, di data incerta (i giornali ne parlarono a inizio 1849).

Dopo la caduta della Repubblica il G. lasciò Roma il 22 luglio 1849, grazie a un passaporto statunitense e con un salvacondotto francese, e si rifugiò a Londra dove visse mesi di grandi privazioni e di angoscia per una condizione interiore che, malgrado le tante responsabilità del Papato - da lui indicate con chiarezza nell'elogio funebre del Bassi (Londra 1849) - ancora non lo spingeva a uscire dalla Chiesa. Il distacco ebbe inizio nel 1850 con un ciclo di conferenze in una cappella battista e con la risposta positiva del pubblico inglese, soprattutto del ceto medio-alto, richiamato dai discorsi di un frate italiano che invocava la distruzione del Papato nel momento in cui più forte era il timore per il ristabilimento della gerarchia cattolica in Inghilterra. Coi consensi arrivarono anche i primi finanziamenti: nel 1851, reduce da un giro in Scozia, il G. era già celebre, come testimoniavano le due sue biografie apparse quell'anno, una a Londra per la penna di G.M. Campanella (Life of father Gavazzi); l'altra a Edimburgo, opera di G.B. Niccolini (The life of Father Gavazzi).

Maturava intanto in lui, però, non l'adesione al protestantesimo ma il vagheggiamento della Chiesa delle origini, fondata solo sull'autorità delle Scritture. Per quanto in lui l'enfasi oscurasse il ragionamento, era chiaro che nel rinnovamento religioso egli vedeva l'indispensabile premessa per il risorgimento nazionale; e anche se gli storici hanno quasi concordemente sminuito il suo sforzo di riformatore presentandolo "più come fatto politico che come autentico fatto religioso" (Maselli, p. 190) ovvero sostenendo che egli era "approdato ad un brillante antipapismo principalmente per motivi politici" (Spini, p. 15), forse è più giusto dire che per il G. "rinnovamento politico nazionale e riforma religiosa anti-romana devono coincidere" (Passerin d'Entrèves, p. 342). L'inserimento del G. nel filone del "protestantesimo garibaldino" (Gangale, pp. 30-38) è dunque il frutto di un giudizio superficiale: è vero senz'altro che tra il 1860 e il 1867 il G. si muoverà al seguito di G. Garibaldi e parteciperà alle sue imprese, ma, come segnalerà il prefetto di Firenze all'inizio del 1865 dando conto delle sue conferenze, al centro della polemica del G. c'erano "la Chiesa di Roma e la protestante", e l'alternativa ad entrambe era quella del "Cristianesimo puro"; per di più i suoi discorsi non presentavano "alcun che di rimarchevole in materia politica" (G. Spadolini, Firenze capitale, Firenze 1966, p. 206).

Tra il marzo del 1853 e il gennaio del 1854 il G., su invito della protestante American and Foreign Christian Union, effettuò un lungo giro negli U.S.A. e in Canada tenendo un ciclo di conferenze (Father Gavazzi's Lectures, New York 1853) che entusiasmò i protestanti ma provocò pure tra il 6 e il 9 giugno 1853 a Québec e a Montréal la reazione dei cattolici irlandesi, con incidenti gravissimi e una dozzina di vittime, in gran parte protestanti. Anche così, però, crebbe la popolarità del G. che la sfruttò per lanciare a New York una durissima campagna contro mons. G. Bedini, allora in missione diplomatica negli U.S.A., che, accusato a torto di aver reso possibile la fucilazione del Bassi, fu costretto a interrompere il viaggio.

Al ritorno a Londra il G. riprese la sua vita girovaga per sostenere la lotta contro la penetrazione del cattolicesimo in Inghilterra (The triumph of Tractarianism, London 1857): tra i suoi bersagli il card. N.P. Wiseman, arcivescovo di Westminster, alle cui Recollections of the last four popes (ibid. 1857) il G. replicò con un volume di My recollections of the last four popes (ibid. 1858) che raccontava la storia recente della Chiesa come una sequela di persecuzioni e misfatti aventi come unico obiettivo la difesa del potere temporale. In più, sulla scia e d'intesa con L. De Sanctis, fondatore nel 1854 della Chiesa evangelica di Torino e d'ora in poi suo massimo ispiratore, il G. s'impegnò nella Evangelization of Italy (ibid. 1855).

A metà 1859 poté rientrare in Italia - dove il Piemonte gli aveva sempre chiuso le porte - grazie ad un passaporto statunitense. Fu prima in Lombardia, poi nell'Italia centrale, ove fu accolto con ostilità dagli esponenti dei governi provvisori. Finalmente sui primi del 1860 B. Ricasoli lo autorizzò a stabilirsi a Pistoia e poi a Firenze, città non insensibile alla predicazione evangelica. Nel 1860 seguì Garibaldi in Sicilia e a Napoli: in camicia rossa e col crocefisso sul petto contribuì a conquistare le piazze al programma "Italia e Vittorio Emanuele". Gli inviati di C. di Cavour a Napoli deprecarono qualche suo eccesso verbale, rivolto soprattutto a colpire il temporalismo e il bonapartismo che se ne era fatto tutore: era appunto questa l'analisi che il G. offriva in alcuni opuscoli (Italia inerme e accattona, Firenze s.d. [ma 1860]; Roma tutta dell'Italia, Napoli 1860; Il papa e il Congresso dal punto di vista italiano, Firenze 1860; Il Papato e l'Italia, ibid. 1862); ma ciò che gli stava più a cuore era la diffusione della sua dottrina evangelica, avversata peraltro da un riformatore come P. Guicciardini il quale la giudicava troppo carica di implicazioni politiche e povera invece di vera cultura religiosa. Sempre pronto ad accettare le sfide, il G. puntò ancora sulla stampa e nei primi sette mesi del 1863 pubblicò a Firenze il bisettimanale La Speranza d'Italia e, dopo aver fondato a Bologna la prima Chiesa cristiana libera in Italia (1865), pubblicò La favola del viaggio di s. Pietro a Roma (ibid. 1868) in cui negava, attraverso un puntiglioso lavoro di esegesi biblica, il martirio romano dell'apostolo e con esso il primato del vescovo di Roma.

A ridosso del 1870 l'arroccamento del Papato su posizioni antiliberali convinse il G., che ogni anno tornava in Inghilterra e che tra il 1870 e il 1880 compì altri tre viaggi negli U.S.A., a portare il conflitto con Roma sul terreno organizzativo. Nel giugno 1870 un'assemblea tenutasi a Milano votò la riunione delle Chiese libere d'Italia. Dal 1871 Roma divenne il luogo d'elezione dell'attività del G.: il 18 marzo 1877 in uno stabile di fronte a Castel Sant'Angelo inaugurò la sede della sua Chiesa libera che ospitava anche un asilo, una scuola normale e una facoltà di teologia, ove egli stesso insegnava omiletica e teologia razionale.

Con 15 studenti e 200 fedeli che accorrevano alle sue prediche, la comunità romana era, dopo quella di Milano, la più folta tra le circa trenta presenti in Italia. L'apparente rigoglio celava però alcune insuperabili incompatibilità interconfessionali: al G., che avrebbe voluto creare una Chiesa evangelica unitaria, si opposero infatti metodisti e battisti, mentre non ebbe seguito l'appoggio offertogli inizialmente dai valdesi. I protestanti dovevano avere ormai perso ogni fiducia in lui se dalla Scozia arrivava l'ordine di declassarlo da presidente effettivo a presidente onorario delle Chiese libere d'Italia.

Amareggiato, il G. vide solo gli inizi di una decadenza che nel 1905 si sarebbe conclusa con la confluenza di parte dei suoi eredi spirituali nel metodismo.

La morte lo colse d'improvviso a Roma il 9 genn. 1889. Il suo corpo fu cremato e le ceneri racchiuse in un monumento funebre nel cimitero acattolico di Testaccio.

Fonti e Bibl.: Materiale manoscritto o a stampa è consultabile presso la Facoltà valdese di teologia di Roma. All'Autobiografia, 54 quaderni di venti pagine l'uno, in cui il racconto si arresta al 1870, ha largamente attinto R. Sylvain, Clerc, garibaldien, prédicant des deux mondes, A. G. 1809-1889, I-II, Québec 1962, corredata da una vasta bibliografia e molto affidabile sotto il profilo della ricostruzione, assai meno per l'impostazione ideologica e il giudizio d'insieme (cfr. le recensioni di A. Rotondò, in Riv. stor. italiana, LXXV [1963], pp. 415-420, e di R. Colapietra, in Rass. stor. del Risorgimento, L [1963], pp. 122 ss.). Più obiettivo L. Santini, A. G. (Aspetti del problema religioso del Risorgimento), Modena 1955. Alle indicazioni fornite dal Sylvain sono da aggiungere alcune lettere del G. conservate nell'Archivio del Museo centr. del Risorgimento di Roma (buste 12/2; 69/18; 542/11/16; 542/2/1; 542/3/1) e il libro di N. Dobroljubov, Padre A. G. e le sue prediche, in Conti, preti, briganti, cronache italiane, a cura di C. De Michelis, Milano 1966, pp. 53-97. Sul ruolo del G. nello sviluppo dell'evangelismo italiano: G. Gangale, Revival, Palermo 1991, pp. 30-38, 43; V. Vinay, Evangelici italiani esuli a Londra durante il Risorgimento, Torino 1961, ad indicem; G. Spini, L'Evangelio e il berretto frigio. Storia della Chiesa cristiana libera in Italia 1870-1904, Torino 1971, ad indicem; F. Pitocco, Utopia e riforma religiosa nel Risorgimento, Bari 1972, p. 25; D. Maselli, Tra risveglio e millennio. Storia delle chiese cristiane dei Fratelli 1836-1880, Torino 1974, ad indicem; P. Guicciardini 1808-1886, … Atti… Firenze 1986, a cura di L. Giorgi - M. Rubboli, Firenze 1988, ad indicem; Movimenti evangelici in Italia dall'Unità ad oggi…, a cura di F. Chiarini - L. Giorgi, Torino 1990, ad indicem; E. Passerin d'Entrèves, La formazione dello Stato unitario, Roma 1993, p. 342. Sul G. a Livorno e a Bologna nel 1848 cfr. rispettivamente N. Badaloni, Democratici e socialisti livornesi nell'Ottocento, Roma 1966, ad indicem; S. Hughes, Crime, disorder and the Risorgimento…, Cambridge 1994, ad indicem.

Vedi anche
Luigi De Sànctis Teologo (Roma 1808 - Firenze 1869). Sacerdote cattolico, lasciò la Chiesa cattolica (1847) e nel 1853 aderì alla Chiesa valdese, dalla quale si allontanò presto, fondando (1854) la Chiesa indipendente o evangelica cristiana; osteggiato dai plymouthisti, lasciò anche questa e si ritirò (1864) a Firenze, ... Ugo Bassi Patriota (Cento 1801 - Bologna 1849); barnabita, dal 1822 al 1828 insegnò retorica a Napoli e successivamente si diede alla predicazione, finché nel 1848 seguì come cappellano le truppe pontificie del gen. Durando. Ferito tre volte a Treviso, si segnalò poi alla difesa di Venezia e a quella di Roma, ... Marco Minghétti Statista (Bologna 1818 - Roma 1886). Più volte ministro e presidente del Consiglio dopo la costituzione dello stato italiano, fu rappresentante della Destra ma spesso su posizioni assai critiche. Dotato di un pensiero politico fuori dal comune, fu anche scrittore elegante di materie storiche, artistiche ... Leóne XII papa Annibale Sermattei Della Genga (Genga, Ancona, 1760 - Roma 1829); sacerdote (1783), divenne ben presto vescovo di Tiro, nunzio a Lucerna e a Colonia. Inviato (1805) alla Dieta germanica e (1808) a Parigi, vi ritornò (1814) quale latore delle congratulazioni di Pio VII per il re Luigi XVIII; nel corso ...
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Vocabolario
gavazzo
gavazzo s. m. (e gavazza s. f.) [der. di gavazzare], ant. – Il gavazzare, baldoria, smodata manifestazione di gioia: con gran gavazze di grida e di stromenti (M. Villani); cogliere il fior della vita fra spassi e gavazzi (Cantù).
gavazzatóre
gavazzatore gavazzatóre s. m. e agg. (f. -trice) [der. di gavazzare], letter. – Chi, o che, gavazza: g. impenitenti; una brigata gavazzatrice.
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