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GAZZOLETTI, Antonio

di Mario Allegri - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)
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GAZZOLETTI, Antonio

Mario Allegri

Nacque a Nago, presso la sponda trentina del lago di Garda, il 20 marzo 1813, da Guglielmo, giureconsulto, e dalla nobildonna Silvia Negri di Montenero che, perso prematuramente il marito nel 1826, provvide da sola all'educazione sua e degli altri otto figli. Di ingegno precoce e di memoria eccezionale, il G. frequentò a soli nove anni il ginnasio a Rovereto, per poi passare al liceo a Trento, dove ricevette una formazione fortemente classicistica, che riaffiora di continuo nei suoi scritti a dispetto degli entusiasmi romantici. Risalgono a questi anni la passione del G. per il teatro, coltivata lungo tutta la sua carriera letteraria, e i primi esperimenti lirici assieme al cugino Giovanni Prati, alcuni dei quali confluiti in una Scelta di poesie edite ed inedite di varj autori tirolesi (Trento 1830), curata con A. Negri.

Trasferitosi a Innsbruck nel 1830 per perfezionarsi nella lingua tedesca e per intraprendere gli studi di diritto, vi rimase tre anni, con risultati più che brillanti; l'insofferenza per la rigidità sociale austriaca gli fece però maturare un'avversione profonda verso il mondo tedesco destinata a pesare sopra ogni sua scelta successiva. Conseguita nel 1835 la laurea in legge a Padova, nel 1837 il G. si stabilì a Trieste per compiervi il praticantato ed esercitare quindi l'avvocatura in una piazza più vivace e più prospera di quella trentina, ma anche per inserirsi da protagonista, con una frenetica attività pubblica e di scrittura, negli ambienti politici e letterari.

Assieme con A. Somma, F. Dall'Ongaro e N. Tommaseo, il G. prese parte al movimento di rinascita culturale e artistica triestina senza però mai interrompere i rapporti con il paese d'origine. Attivissimo nella redazione del periodico Favilla (1836-46) di A. Madonnizza e G. Orlandini, operò anche tra gli Agiati roveretani, intimo di A. Maffei, T. Gar e F.A. Marsilli, suoi costanti referenti letterari e politici; nella Rivista viennese (1838-40) di G.B. Bolza; nel Messaggiere tirolese (1817-63) di Rovereto; oltre che con scritti d'occasione in numerosi altri periodici trentini, veneti e lombardi.

A Trieste il G. pubblicò la maggior parte delle proprie opere, spesso abborracciate senza troppi scrupoli sui modelli di maggior successo e di presa più immediata sui lettori. Oltre ai Versi (1838), dedicati al Maffei, a un volumetto di Memorie e fantasie (1842) e alle Poesie (1846), si segnalano alcuni melodrammi (Isabella de' Medici, 1845; La disfida di Barletta, 1848; Adelaide di Borgogna e Berengario d'Ivrea, 1854) che gli assicurarono notorietà un po' in tutta Italia e una serie interminabile di canzoni, ballate, leggende, canti drammatici (notevole il consenso suscitato dagli Ultimi momenti di Cristoforo Colombo, 1850, tradotto anche in tedesco), odi, sonetti, inni e apologhi, scritti per lo più secondo le mode correnti (richiami alla poesia nordica e alle tradizioni popolari, atmosfere medievali e trasporti religiosi, dietro cui s'indovinano le lezioni di Maffei, Dall'Ongaro e Prati), e in seguito riproposti con disinvoltura in più luoghi e nelle più diverse circostanze.

La maggior parte di essi confluì in un volume di Poesie (Firenze 1861), radunate a compendio di esperienze così dissimili e difformi e precedute da un breve scritto introduttivo in cui il G. sintetizzava con disarmante sincerità il proprio percorso letterario, avviando egli stesso la sua rovinosa vicenda critica successiva: "Queste mie operette poetiche furono dettate […] sotto l'influenza di studi e scuole diverse, talché non bastò forse rabberciarle e ripulirle alla meglio per far prendere a tutte quell'aria di fratellanza o di famiglia, che avrei desiderato. Bruciai sul mio cammino qualche granello d'incenso a tutti i gusti, ed anche sovente ai traviamenti del gusto; e m'accorgo ora, troppo tardi, che repubblica letteraria non vuol dire anarchia, ma palestra degli ingegni retta da leggi necessarie ed eterne" (p. 10). In vita, comunque, non mancò al G. l'appoggio della critica anche di prestigio, ribadito del resto, pur con qualche cautela, dalla recensione positiva che G. Carducci dedicò al volume di Poesie sulla Nazione di Firenze (16 apr. 1861).

Anche la "tragedia cristiana" Paolo, scritta dal G. nel 1853 e pubblicata nel 1857 sulla Rivista contemporanea di Torino (IX, pp. 497-529; X, pp. 27-60, 222-245), accese un dibattito molto vivace e meritò gli apprezzamenti lusinghieri di C. Cantù, G. Carcano, A. Manzoni e del Tommaseo, il quale giunse a paragonarla sull'Istitutore torinese (V [1857], 26, pp. 409-412) alle tragedie di V. Alfieri e di J. Racine: con palese riferimento ai propri tempi, il G. aveva tentato di mettervi in scena lo scontro tra la società pagana, corrotta ed egoista, e la nascente società cristiana, destinata inevitabilmente a prevalere sull'odio tra i popoli e sulla schiavitù; più che trasparenti la lezione manzoniana dell'Adelchi, soprattutto nei dialoghi, e gli influssi ideologici giobertiani e rosminiani, assorbiti con evidente ritardo storico.

Le vicende rivoluzionarie del 1848 videro il G. in prima fila. Fallito un tentativo di far insorgere Trieste e Trento, fu confinato il 23 aprile a Innsbruck, donde, attraverso la Baviera e la Svizzera, fuggì in Lombardia. A Milano, collaborò per breve tempo ai periodici neoguelfi Pio IX (marzo-giugno 1848) e L'Avvenire d'Italia (giugno-agosto), ma dopo l'armistizio si vide costretto a rientrare a Trieste. Lo salvò da un processo per tradimento l'elezione, nel gennaio 1849, a deputato di Rovereto presso la Costituente di Francoforte, dove si batté con energia contro il progetto di annettere il Trentino alla Confederazione germanica. Dopo lo scioglimento della Dieta tedesca, il G. si attivò tra la Toscana e il Veneto per la difesa di Venezia, predisponendo fantasiosi piani di sbarco della flotta sabauda sulle coste friulane e operando per stabilire rapporti sempre più stretti tra l'emigrazione istriana e trentina: arrestato a Padova il 19 maggio, dopo due mesi di carcere duro fu ricondotto definitivamente a Trieste. Qui, tuttavia, seguitò imperterrito l'attività antigovernativa, sostenuta da una produzione letteraria di carattere fortemente patriottico, che gli valse infine l'espulsione, nel 1856, dal territorio austriaco. Profugo a Torino, intraprese subito una convulsa attività giornalistica (con articoli sull'Indipendente, sulla Rivista contemporanea e sul Mondo letterario) e politica nel segno di un sempre più pronunciato moderatismo: unica concessione agli studi eruditi, la memoria Della zecca di Trento (Trento 1858), recensita con favore in Italia e all'estero. Entrato nella Società nazionale, fondò nel 1858 il Buon senso, sospeso dopo appena un mese; passò quindi a dirigere il cavouriano Patriota (aprile-agosto), non senza contrasti con gli ambienti dell'emigrazione in Piemonte (violentissimi quelli con il Tommaseo).

Dopo la guerra del 1859, il G. si trasferì a Milano, alla direzione della Lombardia, organo ufficiale del governo provvisorio, e si dedicò a un'intensa attività propagandistica in favore del Trentino e dei nazionalismi antiaustriaci: sono di questo ultimo periodo le memorie Slavi e Magiari (Torino 1859), L'Italia rigenerata ed il Trentino (Brescia 1860), La questione del Trentino (Milano 1860) e Del Trentino e della sua attinenza con Italia e Germania (ibid. 1866), che furono riprese dall'irredentismo di fine secolo. Deputato al primo Parlamento italiano, rinunciò l'anno successivo a ogni carica politica per la nomina a procuratore generale di Brescia (1862), dove rimase fin quasi alla fine dei suoi giorni, dedicandosi, al pari di altri reduci, a una attività prevalentemente memorialistica. Degne di nota restano soltanto alcune sue versioni di Orazio, pubblicate postume in opuscoli o in riviste scolastiche.

Il G. morì a Milano il 21 ag. 1866.

Fonti e Bibl.: Oltre alle indicazioni fornite dalla Bibliogr. dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti, II, Firenze 1972, p. 25, si vedano: L. Gazzoletti, Cenni biogr. su A. G. dettati dalla vedova del medesimo, Milano 1878; M. Majnoni, A. G. poeta e patriota (con documenti e scritti inediti), Milano 1894; G. Carducci, Le poesie di A. G., in Ediz. nazionale delle opere, XIX, pp. 124-131; B. Emmert, A. G.: saggio bibliografico, in Pro Cultura, Suppl., I (1910), 1, pp. 1-11; Id., Contributo alla bibliografia gazzolettiana, in Atti dell'I. R. Accad. roveretana degli Agiati, s. 4, I (1913), pp. 244-252; O. Dell'Antonio, A. G. dilettante di poesia, in Rivista tridentina, XIV (1914), 1, pp. 14-29; G. Mazzoni, L'Ottocento, I-II, Milano 1934, ad indicem; E. Brol, A. G. e A. Maffei: carteggio inedito (1837-1866), in Atti dell'Accad. roveretana degli Agiati, s. 5, XII (1935), pp. 1-94; L. Baldacci - G. Innamorati, Poeti minori dell'Ottocento, Milano-Napoli 1963, II, pp. 1067 s.

Vedi anche
Andrea Maffèi Maffèi, Andrea. - Letterato (Molina in Val di Ledro 1798 - Milano 1885). Si vantava discepolo di V. Monti; tradusse molto, da S. Gessner (di queste traduzioni si hanno cinque edizioni), da J. Milton nel 1863, da Shakespeare e soprattutto il Teatro di Schiller (nuova ed. riveduta, 1881), non senza errori ... Cesare Battisti Irredentista italiano (Trento 1875 - ivi 1916). Dedicò la vita alla causa della sua regione, il Trentino, per ottenerne l'autonomia amministrativa dall'Impero austriaco e l'annessione all'Italia. Deputato alla Camera di Vienna (1911), allo scoppio della prima guerra mondiale sostenne le ragioni dell'intervento ... Prati, Giovanni Prati (propr. de' Prati), Giovanni. - Poeta (Campomaggiore, Trento, 1814 - Roma 1884). La sua opera Edmenegarda ha segnato una data importantissima nella storia della poesia italiana dell'Ottocento. Essa è la prima testimonianza del nuovo aspetto che il Romanticismo ha assunto in Italia presso la nuova ... Zingarèlli, Nicola Antonio Zingarèlli, Nicola Antonio. - Musicista (Napoli 1752 - Torre del Greco 1837); studiò con F. Fenaroli e A. Speranza. Esordì, ancora allievo, con l'opera I quattro Pazzi (1768). Nel 1772 maestro della cappella di Torre Annunziata, poi al duomo di Milano (1792), alla S. Casa di Loreto (1794), al Vaticano ...
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fióri di sant’Antònio
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