GIORGETTI, Antonio
Figlio di Giovanni Maria, nacque a Roma in data imprecisata. Appartenne a una famiglia di scultori attivi nell'Urbe nella seconda metà del XVII secolo la cui carriera è stata ricostruita su basi documentarie da J. Montagu (1970).
Il padre, Giovanni Maria, figlio di Antonio, era attivo a Roma come scultore e intagliatore e dal 1650 operava per la Camera apostolica (Steinberg, p. 177). Le sue prime opere note sono le due porte di legno decorate di bassorilievi raffiguranti episodi della vita di Romolo nella sala degli Orazi e Curiazi nel palazzo dei Conservatori, una delle quali reca la data 1643. Il G. è indicato come autore delle due porte minori della sala in un inventario del palazzo redatto nel 1692 (Pietrangeli, pp. 199, 203 n. 7; Magrì, p. 94). Nel 1657-58 egli fu pagato per i modelli lignei del colonnato e delle croci d'altare della basilica di S. Pietro. Nel 1670 gestiva una propria bottega nella quale lavorava soprattutto alla realizzazione di carrozze. Qualche anno più tardi (1674) preparò su disegno di Ciro Ferri i modelli dei due vasi bronzei per l'altare del santo in S. Lorenzo fuori le Mura, eseguiti da Carlo Spagna (Montagu, 1991, p. 84). Nel corso della sua carriera fu spesso impiegato dal cardinale Francesco Barberini in lavori di modesta entità come cornici, piedistalli e tabernacoli. Realizzò, forse in collaborazione con Lorenzo Tedesco, il bel tabernacolo ligneo dell'altare maggiore della chiesa di S. Spirito in Sassia (Noehles). In un manoscritto dell'ottavo decennio del Seicento l'umanista romano Antonio degli Effetti descrive uno sti〈po di straordinaria ricchezza da lui commissionato ad alcuni dei pittori attivi a Roma in quel periodo: Giovanni Maria è indicato come autore delle quattro sculture lignee poste alla base dello stipo, raffiguranti le tre Esperidi e Cupido (la realizzazione dello stipo, perduto, è collocabile in un arco cronologico molto ampio, tra il 1637 e il 1670 c., e non ci sono elementi per datare l'intervento di Giovanni Maria: cfr. Bonnefoit, pp. 82, 90). Morì, presumibilmente a Roma, nel 1681.
Il G. compì probabilmente il suo apprendistato nella bottega del padre e studiò poi presso Alessandro Algardi (Martinelli). Secondo Dombrowski (p. 277), la prima opera del G. potrebbe essere il busto bronzeo di Clemente Merlini in S. Maria Maggiore, opera che lo stesso studioso ha di recente sottratto al catalogo dello scultore Andrea Bolgi. Del 1657-58 è la sua prima opera documentata, i Due angeli inginocchiati che sostengono il drappo con funzione di balaustra, all'ingresso della cappella Spada in S. Girolamo della Carità.
Le due sculture mostrano una forte impronta algardiana: l'impostazione generale e il tipo di panneggio composto, con pieghe sottili, si ispirano con evidenza all'angelo dell'Estasi di s. Filippo Neri realizzato dal maestro bolognese per la Sacrestia di S. Maria in Vallicella. Per l'angelo di sinistra rimangono due bozzetti in terracotta. Il primo, conservato al Museo del Palazzo di Venezia, è uno studio parziale; il secondo, agli Staatliche Museen di Berlino, è uno studio per la figura intera; un terzo bozzetto è comparso sul mercato antiquario di Londra nel 1995 (Trinity Fine Arts: Zanuso).
Secondo Pascoli, nel 1658 il G. gestiva una propria bottega nella quale entrava allora, come apprendista, il giovanissimo Lorenzo Ottoni (Enggass, p. 316). In quello stesso anno eseguì i modelli di alcune statuette per uno scrigno che gli furono pagati dall'argentiere Michele Sprinati per conto della famiglia Barberini; a partire dal 1660 risulta essere stabilmente al servizio del cardinale Francesco Barberini per il quale eseguì da principio lavori di routine, come restauri di sculture antiche, busti di piccole dimensioni e il modello del coperchio di un reliquiario in cristallo (poi realizzato da Francesco Fiamelli e Felice Leonini); tutte opere, oggi difficilmente identificabili. Lo stesso anno il G., divenuto membro dell'Accademia di S. Luca, fu incaricato di eseguire il busto di Girolamo Aleandro, segretario del cardinale Barberini morto nel 1629, da collocare in S. Lorenzo fuori le Mura nel luogo ove precedentemente era collocato quello di John Barclay, opera di Fr. Du Quesnoy, che era stato rimosso nel 1632.
Il ritratto postumo di Aleandro è un ovvio adattamento del busto di Roberto Frangipane di Algardi in S. Marcello, del quale riprende anche precisi dettagli dell'abbigliamento. Stilisticamente molto vicino al ritratto di Aleandro è, secondo Dombrowski (p. 277 n. 81), il busto del Cavalier d'Arpino in S. Giovanni in Laterano, attribuito dalla critica a Nicolò Menghini.
Negli anni immediatamente successivi il G. divenne scultore di fiducia del cardinale Barberini il quale, divenuto commendatario della chiesa abbaziale di S. Maria a Grottaferrata, gli commissionò la nuova iconostasi destinata ad accogliere un'antica immagine della Madonna. Si tratta di un'elaborata macchina in marmi policromi, pietre preziose e bronzo dorato, con due grandi angeli inginocchiati adoranti l'immagine sacra. Il G., tra il 1660 e il 1665, ricevette pagamenti relativi a tutte le parti in marmo, J. Montagu (1970), tuttavia, gli attribuisce la paternità del progetto complessivo dell'iconostasi sulla base delle affinità con il contemporaneo Sepolcro Holstenius. Già dal 1661 il G. lavorava infatti al sepolcro del cosmografo Luca Holstenius nella chiesa di S. Maria dell'Anima.
Il monumento funebre, terminato nel 1663, era ornato da due medaglioni in bronzo parzialmente dorato, uno con il ritratto del defunto e l'altro con l'Allegoria dell'Erudizione (fusi da Giovanni Artusi, intagliati da Carlo Spagna e dorati da Giovanni Mattia Sangle). I medaglioni, insieme con i due putti che sostengono il ritratto, furono asportati nel 1832 e sostituiti dalle attuali copie in gesso. A testimonianza dello stato originario del sepolcro Holstenius rimangono un disegno dello stesso G., alla Biblioteca apostolica Vaticana, e un'incisione che Pietro Santi Bartoli trasse dal monumento (Londra, British Museum). Dei due medaglioni originali solo il secondo è conservato al Museo nazionale di Capodimonte a Napoli. Si tratta di un'opera di alta qualità dalla quale emerge la raffinata personalità dello scultore influenzato ancora una volta da Algardi in particolare dalle sculture della controfacciata di S. Ignazio (una copia del medaglione si trova nel Victoria and Albert Museum di Londra).
Nel 1662 per il cardinal Barberini il G. eseguì, in collaborazione con Sprinati, il bassorilievo in bronzo dorato con la Natività che doveva essere completato da un'elaborata cornice ottagona in argento e lapislazzuli (collezione privata: Montagu 1996, p. 6). Il G. fu anche autore di alcune strutture effimere; nel febbraio 1662, in occasione dei festeggiamenti per la nascita dell'infante di Spagna don Carlos, realizzò su commissione dell'ambasciatore di Spagna L. de Guzmán Ponce de León, la macchina per i fuochi con il Trionfo del carro del Sole che fu incendiata davanti al palazzo di Propaganda Fide. Del grandioso apparato allegorico rimane un'incisione di Dominique Barrière stampata da Giovanni Giacomo De Rossi (Bindi, I, pp. 414, 416, 418). L'anno successivo disegnò i modelli delle carrozze per la cavalcata della chinea offerta il 28 giugno ad Alessandro VII da Maffeo Barberini (Gori Sassoli, p. 42). Nel 1664 collaborò nuovamente con Artusi e Sangle preparando i modelli per i festoni bronzei del monumento berniniano di Urbano VIII in S. Pietro e del ciborio che ornava l'altare maggiore della abbazia di Grottaferrata, trasferito oggi nell'annessa cappella di S. Nilo, dorato da Sprinati (Montagu, 1996, pp. 50-52). Nel 1666 realizzò un altro apparato effimero, il catafalco per le esequie di Anna d'Austria regina di Francia in S. Luigi dei Francesi (Bindi, I, p. 440). Negli anni tra il 1666 e il 1667 il G. realizzò le ultime due opere per il suo patrono: il paliotto marmoreo raffigurante la Morte di s. Tommaso d'Aquino per la cappella del santo nell'abbazia di Fossanova e il bassorilievo con la Natività destinato a una chiesa non precisata del piccolo porto di Santa Marinella (oggi nella chiesa delle figlie di Nostra Signora al Monte Calvario di Santa Marinella). Entrambe le opere rimandano alle altre sculture del G., mostrano infatti il medesimo trattamento dei panneggi, la stessa torsione dei corpi e soprattutto la mancanza di costruzione spaziale molto evidente anche nella medaglia allegorica del sepolcro Holstenius.
Ultima opera conosciuta del G. è l'Angelo con la spugna eseguito nell'ambito dell'impresa berniniana per la realizzazione dei dieci angeli con gli strumenti della Passione per il ponte S. Angelo. Il G. ricevette il primo pagamento nell'agosto del 1668 e, nel settembre dell'anno successivo, la scultura, eseguita con la collaborazione del fratello Giuseppe su modello di G.L. Bernini, fu messa in opera. Rimangono due bozzetti preparatori per la testa dell'angelo (uno in collezione privata e l'altro all'Ermitage di San Pietroburgo: Melocchi, pp. 105 s.). Nello stesso anno la buona reputazione raggiunta dal G. è confermata da un documento nel quale compare insieme con Domenico Guidi, Cosimo Fancelli e Antonio Raggi nella stima del bassorilievo con S. Eustachio di Melchiorre Cafà in S. Agnese.
Il 15 sett. 1668 il G. aveva stipulato un contratto dotale con Anna Prudenza Pellicano, figlia dell'argentiere Antonio, nata nel 1656, con la quale risulta sposato al momento della morte avvenuta a Roma il 24 dic. 1669, verosimilmente in giovane età, senza aver avuto figli.
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