GRAMSCI, Antonio
Uomo politico italiano, nato ad Ales (Cagliari) il 23 gennaio 1891, morto a Roma il 27 aprile 1937. Studiò a Torino, ove fin dal 1915 si schierò nell'ala sinistra del movimento socialista ed, essendo in diretto legame con gli operai, fu eletto, dopo l'insurrezione operaia del 23 agosto 1917, segretario della sezione socialista. Si pose a capo del movimento proletario più avanzato del dopoguerra: i consigli di fabbrica, nei quali egli vide la forma nazionale italiana della rivoluzione socialista, nel 1919 fondò e diresse il periodico L'Ordine nuovo (poi quotidiano), organo di quel movimento e tramite di accostamento con gl'intellettuali liberali più avanzati (Piero Gobetti); guidò direttamente (aprile 1920) lo sciopero generale politico divenendo così uno dei capi più amati e stimati della classe operaia. Avvenuta, al congresso di Livorno, la scissione del partito socialista dalla quale doveva uscire (21 gennaio 1921) il partito comunista italiano, le sue qualità di dirigente politico e le sue capacità di organizzatore lo fecero designare nel 1924 alla carica di segretario del nuovo partito e gli consentirono di condurre una lotta vittoriosa (1921-26) sia contro l'estremismo infantile, sia contro il riformismo in seno al partito stesso, al quale egli diede una linea politica nazionale al cui centro sta l'alleanza degli operai e dei contadini, la "fratellanza fra città e campagna, tra Settentrione e Mezzogiorno". E all'unità nazionale delle forze lavoratrici e degli strati democratici avanzati (L'Umanità fu il nome che diede al quotidiano da lui fondato) ispirò l'azione del partito comunista italiano nella lotta, da condurre in tutte le condizioni e sotto ogni forma, per la rivendicazione delle libertà democratiche contro il fascismo. Deputato nella XXVII legislatura, dichiarato decaduto dal mandato e arrestato l'8 novembre 1926, fu condannato a 20 anni; le penose condizioni della vita di prigionia provocarono la sua morte, avvenuta in una clinica di Roma dove, dopo un soggiorno in altra clinica a Formia, era stato trasferito in condizioni disperate.
La fama e il prestigio di cui il suo nome è circondato sono andati crescendo in questi anni anche con la pubblicazione dei suoi scritti, che rivelano l'esemplare tenacia morale del suo carattere e l'elevatezza e precisione critica della sua cultura. Con le Lettere dal carcere (Torino 1947), i 32 quaderni scritti da lui nel carcere costituiscono un notevolissimo documento della cultura italiana degli ultimi trent'anni. La critica alle deformazioni economicistiche, meccanicistiche e fatalistiche della "filosofia della prassi", secondo la denominazione che il G. - per sfuggire alla censura carceraria - dà al marxismo, inteso da lui come la forma moderna e attuale dell'umanesimo, destinata a diventare la "base etica del nuovo Stato"; il suo approfondimento del concetto leninista dell'egemonia, cioè di una fase statale in cui, sotto la direzione della classe operaia e degli elementi progressivi della società, tutte le soprastrutture devono svilupparsi pena il dissolvimento dello Stato"; la delucidazione del "carattere non nazionale-popolare della cultura e della letteratura italiana", del cosmopolitismo degli intellettuali italiani, continuatori del cosmopolitismo medievale e della necessità di un nuovo tipo intellettuale che "dalla tecnica-lavoro giunga alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica senza la quale si rimane specialista e non si diventa dirigente" (Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Torino 1948); lesue pagine sul Machiavelli. nelle quali è sviluppata una teoria del partito politico di avanguardia; e infine Il materialismo storico e la filosofia di B. Croce (Torino 1948), dove la sua critica assume, rispetto al pensiero filosofico del Croce, il posto che l'opera di Marx e di Engels ebbe rispetto alla filosofia classica tedesca: sono i temi salienti del suo pensiero critico.
Bibl.: P. Gobetti, La rivoluzione liberale, Bologna 1925 (rist., Torino 1947); F. Platone, L'eredità di G., in Rinascita, III, n. 4 (aprile 1946); P. Togliatti, A. Amoretti e altri, Gramsci, Parigi 1938 (rist., Roma 1945); B. Croce, in Quaderni della Critica, III (1947), n. 8, pp. 86-87 e IV (1948), n. 10, pp. 78-79; L. Russo, in Belfagor, II, n. 4 (15 luglio 1947) pp. 395-411; G. Debenedetti, in L'Unità, 22 maggio 1947; S.F. Romano, ivi, 10 agosto 1947; P. Pancrazi, in Corriere d. sera, 17 agosto 1947; M. Rago, in Politecnico, n. 37 (ottobre 1947); P. Alatri, in Società, III (1937), pp. 679-85; C. Muscetta, ivi, pp. 697-704; E. Sereni, ivi IV (1948), n. 1, pp. 1-30; R. Cantoni, in Studi filosofici, maggio-agosto 1948, pp. 137-164; G. Carocci, in Belfagor, III, n. 4 (luglio 1948), pp. 435-45; G. Morpurgo Tagliabue, in Rassegna d'Italia, III, n. 8 (agosto 1948); L. Rèpaci, Ricordo di G., Roma 1948.