GRIMANI, Antonio
Primogenito di Giovanni di Antonio, del ramo dei Servi, e di Cecilia Nani di Giacomo, nacque a Venezia l'11 sett. 1554. Lo seguirono Alvise (1559-1635), che divenne arcivescovo di Candia, Girolamo (1563-1635), Francesco (1568, forse morto in tenera età), Giacomo (1571-1660), Bernardo (1573-1641), Marietta ed Elisabetta.
Il G. - da non confondere con l'omonimo figlio di Girolamo - esordì nella vita pubblica il 17 ott. 1574 con l'elezione ad avvocato per le Corti, carica triennale che reiterò nel 1577 e nel 1586, sostituendola con quella di avvocato dei Prigionieri fino al 1588, quando rinunziò a una nuova rielezione. Il lungo esercizio dell'avvocatura, oltre a una notevole esperienza e agiatezza economica, gli procurò notorietà e stima, agevolando il suo percorso politico, che proseguì nell'ambito giudiziario con la nomina di avogador per formar processi in Zecca, nel 1606, e quella di avogador per andar a Montebelluna nel 1607.
Assunta nel 1608 la carica di conservatore alle Leggi, la lasciò per quella più prestigiosa di luogotenente alla Patria del Friuli, alla quale fu elevato il 12 luglio. Insediatosi a Udine nel marzo 1609, vi rimase fino all'ottobre del 1610.
Si prodigò con alacrità e rigore a tenere sotto controllo l'ordine pubblico per garantire la convivenza civile, gravemente alterata dalla presenza di turbolente fazioni che sfidavano lo Stato con arroganza. Il G., richiamando spesso i superiori a un intervento più incisivo, si impegnò con i mezzi che aveva, non tralasciando di affrontare le emergenze alimentari, la sicurezza delle comunicazioni, la stabilità della moneta, la regolarità del gettito fiscale e il contrabbando. Attento a impedire infiltrazioni ereticali, fu altresì risoluto nel difendere le prerogative giurisdizionali dello Stato. Ispiratore e animatore dell'Accademia dei Cavalieri di Udine, sottopose alla Signoria un progetto di valorizzazione della città-fortezza di Palmanova, con l'obiettivo di conciliare le esigenze militari con quelle civili.
Concluso il mandato con generale apprezzamento, il G., ormai entrato nel novero delle personalità politiche di maggior credito, proseguì il cursus honorum domestico, come provveditore in Zecca (4 ag. 1612) e savio del Consiglio (17 agosto). Eletto tra i cinque correttori alle Leggi (agosto 1612), fu deputato in Zecca (6 ottobre) e membro della commissione di avogadori per espedition di processi d'inquisitori nello stesso mese. Il 25 nov. 1613 fu nominato capitano a Brescia, dove giunse nel marzo 1614.
Avviatosi con qualche riluttanza al nuovo incarico, probabilmente perché dovette lasciare le fiorenti attività commerciali, lo affrontò comunque con la consueta capacità e intelligenza, operando, in accordo con il podestà e il provveditore di qua dal Mincio, per "invigilare" su un territorio conosciuto per le gravi emergenze di ordine pubblico e i tanti problemi sociali, economici e militari. Agì ricorrendo con larghezza alla delega di poteri del Consiglio dei dieci, il mezzo più efficace - scrisse nei dispacci - per vincere l'omertà e aggredire con il temuto rito segreto la temerarietà di agitatori e malfattori.
Ritornato a Venezia fu commissario sopra le Valli del Dogado (8 ott. 1614), consigliere ducale (gennaio 1615), savio del Consiglio (settembre) e inquisitore di Stato (2 novembre). Seguirono nel corso del 1616 le nomine a provveditore sopra la Cassa di ori e argenti (8 aprile) e a deputato nelle materie di Banditi (16 aprile), che non furono ricoperte poiché il 16 giugno il G. ricevette quella a provveditore a Palma (Palmanova).
Giunto nella città nel pieno della guerra di Gradisca, consapevole del delicato equilibrio tra le opposte esigenze di carattere militare e civile, il G. assicurò la prontezza operativa del presidio e la sorveglianza dei confini, represse il contrabbando, preoccupandosi altresì di salvaguardare con efficienza e avvedutezza le condizioni di vita e di lavoro della popolazione.
Al suo ritorno a Venezia il G. riprese il consueto giro di cariche: provveditore sopra Ogli (3 giugno 1617) e alle Artiglierie (17 nov. 1618), passò depositario in Zecca (27 novembre) e nel marzo 1619 savio del Consiglio. A quest'ultima ritornò successivamente con cadenza annuale fino al 1624. Nel giugno del 1619 era stato chiamato all'incarico straordinario di aggiunto alla riforma dello Studio di Padova, che versava in una difficile crisi organizzativa. Divenuto provveditore in Zecca nel gennaio del 1621, il 13 febbraio fu prescelto con i colleghi Girolamo Soranzo, Girolamo Giustinian e Francesco Contarini per rendere omaggio al nuovo pontefice Gregorio XV. Partito il 2 maggio, il G. giunse a Roma il 22 maggio, e, dopo l'udienza del pontefice, che lo insignì del cavalierato, il 7 giugno ripartì alla volta di Venezia.
Evidenziato l'unanime consenso internazionale sulla persona dell'eletto, apprezzato in egual misura per le doti diplomatiche e per il tratto umano e conciliante, la relazione letta in Consiglio si sforza di delinearne un ritratto esaustivo. Incline alla mediazione, flemmatico, aperto al confronto, il papa, manifestando l'aspirazione a mantenere buoni rapporti con tutti, la volontà di "voler tenersi bene" con l'imperatore, "l'ottima volontà" nei riguardi del re Cristianissimo, i propositi di migliorare i rapporti con la Spagna, si dichiara "ottimamente intenzionato" verso il duca di Savoia (senza compromettere gli ottimi rapporti con i Medici) e nutre "particolare osservanza e devotione" per Mantova e per Modena, nonostante la questione del Ferrarese. Le dimostrazioni di "affetto e stima" elargite alla Serenissima inducono a un certo ottimismo e la ragione di Stato vuole che "né tanto si debba confidarsi sopra le buone né tanto disperar mai le male volontà". Sottesa a esigenze di politica interna suona l'esortazione finale a mantenere buoni rapporti con il pontefice, perché non vi è negozio politico che non necessiti dei suoi buoni uffici, e Venezia può averne grandi vantaggi come "gravi pregiudizi". Due le regole suggerite: "una ferma scienza di quanto complisca alla republica et al servizio comune d'Italia il farlo", e "ben saper usare et ischifar li mezzi che possano fomentar o intepidire questa congiuntione". Bisogna trattare il papa e il nunzio, che lo rappresenta, "con termini soavi e con summa prudenza", onde evitare, come si è fatto con Paolo V - il riferimento è alla vicenda dell'interdetto - di "esacerbare i loro animi".
Provveditore all'Arsenale (gennaio 1622), savio all'Eresia (gennaio 1623), revisore e regolatore del Dazio sopra la concia dei cuoi (8 aprile) dopo l'annullamento dell'elezione a sopraprovveditore alla Sanità del 7 gennaio, nella commissione dei quattro sopra le Entrate e le spese pubbliche (4 novembre), nel gennaio 1624 il G. ricevette contemporaneamente la nomina a membro della commissione dei Sette esecutori sopra le deliberazioni del Senato e a quella, ambita, di procuratore di S. Marco de ultra.
Entrato per l'ennesima volta in Collegio come savio del Consiglio, il 29 giugno 1624, il G. morì a Venezia il 6 febbr. 1625.
Il corpo, come aveva richiesto nelle ultime volontà, ricevette sepoltura presso la chiesa della Madonna dell'Orto, nell'arca di famiglia.
Unico della sua generazione destinato al matrimonio, il G. aveva sposato il 18 febbr. 1593 Fiorenza Cappello di Silvano, da S. Maria Mater Domini, e ne ebbe ben nove figli, quattro maschi e cinque femmine: Giovanni (1595-1650) che sposò Paolina Da Mula di Alvise; Alvise (1596-1656) divenuto vescovo di Bergamo e di Brescia; Giovambattista (1599-1648) procuratore di S. Marco, morto in un naufragio mentre era capitano generale da Mar; Girolamo (1601), morto in tenera età; Francesco (1602-63) procuratore di S. Marco; nonché Cecilia, Chiara, sposata ad Alvise (III) Mocenigo, Maria, monaca a S. Lorenzo, Elisabetta e Fiorenza. Non fu un matrimonio felice, contrassegnato da dissapori e contrasti sulla politica familiare e conclusosi con la morte di Fiorenza nel 1605, di parto. Nel testamento olografo del G., redatto il 24 maggio 1624, si possono cogliere le inquietudini passate e le tensioni sorte anche tra i figli, la manifesta intransigenza del G., la sua volontà di preordinare il destino dei figli con clausole precise quanto rigide, come l'obbligo di dimorare nella casa avita, anch'essa sottoposta a precisi vincoli ereditari. L'ingentissimo patrimonio - diversi immobili, fondi agrari e un avviatissimo saponificio - fu destinato ai figli maschi (tra i quali il primogenito assunse la titolarità di capofamiglia), ma sarebbe dovuto restare in famiglia o, in caso di estinzione, passare al ramo collaterale dei Grimani di S. Polo. Il G. non omise lasciti e benefici a enti religiosi e caritativi, a collaboratori domestici e dipendenti, lasciando precise disposizioni per l'assegnazione di un prete mansionario stabile all'oratorio di S. Nicolò a Frattina presso Portogruaro, che egli stesso aveva fatto edificare.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle Voci, Elezioni in Maggior Consiglio, regg. 5, cc. 59, 61 s.; 7, cc. 77, 80; 11, cc. 1, 66, 163; Elezioni in Pregadi, regg. 7, c. 97; 8, cc. 5, 25, 87 s., 97, 127; 9, cc. 1, 4, 18, 86, 88, 95, 100, 103; 10, cc. 1-3, 25, 60, 67, 85; 11, cc. 1-2, 27, 102, 104, 115, 154, 170; Notarile, Testamenti, bb. 194, n. 541; 1143, n. 278; 1191, nn. 232, 309; 1241, n. 29; 1243, n. 278; Avogaria di Comun, Libro d'oro, Nascite, reg. 53, cc. 149 s.; Matrimoni, schedario, reg. III, c. 132 (notizie sui figli); Senato, Dispacci rettori, Udine, filza 4; Senato, Dispacci rettori, Brescia, filza 14; Dispacci ambasciatori, Roma, filza 84 (1621, copia); Secreta Deliberazioni, Roma, filze 73-74; Collegio, Relazioni ambasciatori, Roma, b. 20; Capi del Consiglio dei dieci, Lettere dei rettori, Udine, b. 172; Brescia, b. 27; Palma, b. 298; Archivio privato Grimani, b. 1; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Li pretiosi frutti del Maggior Consiglio, c. 107; Relazioni degli Stati europei… dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, s. 3, I, Venezia 1877, pp. 111-135; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, I, La Patria del Friuli. Luogotenenza di Udine, Milano 1973, pp. 130, 290, 372; XI, Podestaria e capitanato di Brescia, ibid. 1978, pp. LIV, 223, 239; XIV, Provveditorato generale di Palma(nova), ibid. 1979, pp. XLIX, 188, 300, 375, 384; A. Serina, Atto di gratitudine… fatto all'ill. A. G. nel fine del suo capitaniato a Brescia, Brescia 1614; G. Salomoni, Il Turro. Panegirico al sig. A. G. luogotenente della Patria del Friuli, fondatore della nova Accademia…, in Id., Rime, Udine 1615, pp. 91-106; G. Siliano, Orazione all'ill. A. G. provveditore generale a Palma, Udine 1618; Storia di Brescia, III, La dominazione veneta, Brescia 1964, p. 805; G. Paolin, Lettere familiari della nobildonna veneziana Fiorenza Capello Grimani, 1592-1605, Trieste 1996.