JOLI (Jolli), Antonio
Figlio di Ludovico, nacque intorno al 1700 a Modena ove, secondo il Tiraboschi (pp. 229 s.), si formò nella bottega del pittore Raffaello Rinaldi detto il Menia. Ai primi studi in patria seguì il trasferimento a Roma (1720), ove lo J. poté perfezionare la propria formazione frequentando per cinque anni il piacentino G.P. Pannini.
Molteplici fattori concorrono a definire l'evoluzione e l'iter artistico dello J. che, all'iniziale propensione e all'interesse per la pittura di rovine e per la scenografia - settori cui si applicò costantemente nel corso della sua lunga carriera - fece seguire una precipua attenzione per la pittura di veduta, obiettiva e razionale. Egli mise a punto un'idea di veduta che, pur nell'impostazione "emiliana" informata sulle innovazioni bibienesche, si mostra aggiornata sia sulle soluzioni in precedenza proposte da G. van Wittel, sia sulle invenzioni di F. Juvarra, a Roma in quegli anni.
Presso il Museo civico di Modena si conservano due preziose testimonianze del periodo giovanile (provenienti dalla raccolta Campori), riferibili al 1725: le tele con Sansone abbatte il tempio dei Filistei, firmata a destra sullo zoccolo della balaustra, e l'Incendio di Troia.
Si tratta di due dipinti di grande interesse che rivelano forti influenze bibienesche nel taglio obliquo della scena, echi della "veduta per angolo" che F. Galli Bibiena aveva messo a punto in pittura e sulle scene qualche decennio prima (1687).
Alla metà del terzo decennio del secolo iniziarono i suoi spostamenti, che sarebbero divenuti molto frequenti, caratterizzando così la sua attività artistica e garantendogli successi sia in Italia sia nelle corti d'Europa.
La sua prima attività di frescante di vedute è documentata a Perugia nei palazzi Donnini e Crispolti (Costantini).
Nella primavera del 1732 lo J. è documentato per la prima volta a Venezia, ove risiedette fino al 1742. Dall'atto di battesimo della figlia Lodovica Maria, celebrato nella chiesa veneziana di S. Giovanni Crisostomo il 12 marzo 1736, risulta sposato con Giovanna Apolloni.
Lo J. fu attivo come scenografo per i teatri allora più famosi della città: S. Samuele, S. Cassiano e S. Giovanni Crisostomo. La sua attività è però documentata anche fuori Venezia, per i teatri Obizzi di Padova (1738) e Molza di Modena (1738-39) e per il teatro Pubblico di Reggio Emilia (1739).
Lo J., come in genere gli scenografi, non si dedicò solo al teatro ma anche alle feste pubbliche: in particolare, a Venezia, partecipò alla progettazione di alcune barche di parata, per conto di famiglie nobili, in occasione della regata sul Canal Grande del 4 maggio 1740, allestita in onore del principe ereditario Federico Cristiano, figlio di Augusto III, re di Polonia ed elettore di Sassonia. Dodici le gondole, quattro delle quali recavano gli ornati creati dallo J., di cui si conservano i disegni (Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, Kupferstich-Kabinett). Un altro progetto dello J. che però non fu realizzato è la Reggia di Nettuno, il galleggiante ormeggiato al traguardo della regata (Middione).
Gli spettacoli più fastosi per i quali lo J. approntò le scene durante la permanenza del principe furono Adriano in Siria allestito l'ultimo giorno di Carnevale (1° marzo 1740) al teatro di S. Giovanni Crisostomo e la Reggia della dea Flora, il gran ballo organizzato alla fine dello spettacolo (Manzelli, p. 17).
Meglio documentata è, in questi anni, la sua attività pittorica. Al 1737-41 potrebbe risalire la Veduta di Napoli dal mare, già nella collezione del conte generale J.M. von Schulenburg, passata di recente sul mercato antiquario di Londra, oltre a una veduta di Verona e al Prospetto di Napoli… dalla parte del mare (Binion, p. 220). Al 1740 sono state di recente datate due tele raffiguranti rispettivamente L'ingresso del nunzio apostolico Stoppani e Il cortile del palazzo ducale con l'ingresso del nunzio apostolico Stoppani della National Gallery of art di Washington.
In passato oggetto di discussione tra gli studiosi, le due grandi vedute costituirebbero una eccezionale testimonianza, l'unica finora nota, della collaborazione tra lo J. e il figurista G. Diziani (Succi, p. 84). A esclusione delle figurette, si devono allo J. l'intero complesso della scena urbana, caratterizzata dallo slancio verticale, con architetture dai contorni nitidi e taglienti, e le cromie algide e smeraldine. L'evento raffigurato si riferisce all'ingresso del nunzio apostolico monsignor G.F. Stoppani, arcivescovo di Corinto, avvenuto il 17 apr. 1741.
Al decennio trascorso in laguna seguirono i viaggi in Lombardia, cui potrebbero riferirsi le Vedute dell'Isola Bella sul lago Maggiore già in palazzo Borromeo a Senago (Middione, p. 19), e nell'Europa del Nord, in Germania, come ricorda il Tiraboschi, che tuttavia non ne precisa i tempi e i luoghi. Non è escluso che in Germania lo J. abbia lavorato come disegnatore di fortificazioni (ibid., p. 12).
Sono di recente comparsi sul mercato antiquario, attribuiti allo J., tre dipinti con vedute di Dresda: Il fiume Elba con la residenza e la Hofkirche, l'Antica cinta fortificata verso la Sophienkirche e la Veduta di Dresda dal palazzo giapponese con il ponte di Augusto, la Frauenkirche e la Hofkirche (Manzelli, p. 21).
È certa la presenza dello J. a Londra dall'autunno del 1744 al 1749, con il prestigioso incarico di scenografo del King's theatre. Nel corso del felice soggiorno inglese decorò a Richmond la villa del conte, di origine svizzera, J.J. Heidegger, impresario del King's theatre.
È questa la commissione più importante: quattordici pannelli a olio inseriti nelle boiseries della hall della residenza di Richmond. Si tratta di scene che riproducono vedute di Basilea, il tempio della Sibilla a Tivoli, paesaggi cinesi, allora molto in voga, il Vesuvio dal ponte della Maddalena, allegorie delle stagioni.
Nonostante le numerose decorazioni realizzate nel corso del soggiorno inglese (Croft Murray, 1970), la morte del conte Heidegger, nel 1749, dovette sollecitare la partenza dello J. che, ormai all'apice del successo, venne richiesto anche dai sovrani spagnoli, favorito dall'intermediazione del cantante C. Broschi detto Farinelli. Già nel 1750 è ricordata la sua attività al teatro del Buen Retiro a Madrid e in quello del palazzo reale di Aranjuez in occasioni di feste e di intrattenimenti di corte.
In parallelo a questi impegnativi incarichi lo J. riusciva a soddisfare anche la committenza privata che gli chiedeva la realizzazione di quadri da cavalletto.
Le vedute del periodo spagnolo si caratterizzano per un taglio molto ampio, quasi fossero create attraverso un grand'angolo, eloquenti testimonianze del debito nei confronti del taglio prospettico del Canaletto (G.A. Canal). Si riferisce a questo periodo la coppia di pendants con la Veduta del palazzo reale di Aranjuez visto da nord-est col re Ferdinando VI di Spagna e la regina Maria Barbara di Braganza e la Veduta della plaza e della chiesa di S. Antonio ad Aranjuez visti da nord (Middione, figg. a pp. 60-62). Due tele, nelle quali le architetture reali sono animate da una folla vivace, così come ricca di dettagli è anche la scena fluviale.
Al periodo madrileno si datano le due splendide tele (Briganti, 1969, figg. 117 s.), raffiguranti la Calle d'Alcalà e El Paseo de Atocha in collezione della duchessa d'Alba. In particolare la veduta della Calle d'Alcalà, allora la principale arteria di Madrid, fu replicata più volte in quegli stessi anni, secondo una consuetudine operativa dello J. (Middione, p. 64).
Nel 1754 lo J. tornò in patria e il 13 ottobre giunse a Venezia dove è probabile che sia rimasto fino alla metà del 1756, quando è documentato alla cerimonia della fondazione dell'Accademia dei pittori veneziani (13 febbr. 1756) nel fondaco della Farina (Manzelli, p. 26).
Sono riferite a questo periodo due tele, oggi in palazzo Mocenigo a S. Stae, rappresentanti due momenti dell'ingresso di un ambasciatore della Repubblica di Venezia a Roma. (ibid., p. 27). Nell'autunno del 1756 lo J. dovette partire alla volta di Napoli (ibid., p. 29).
L'attività svolta a partire dalla metà degli anni Cinquanta del Settecento fino alla morte dello J. registra un incremento dell'esercizio pittorico rispetto a quello di scenografo e, soprattutto, il moltiplicarsi delle opere e il progressivo consenso di pubblico. Databile al 1759 è la Veduta di piazza del Popolo (Il Settecento a Roma, p. 131, n. 307), di carattere vanvitelliano. Cronologicamente prossima a questa è una Veduta di piazza Navona (Middione, fig. p. 72), assegnata allo J. da Briganti, che inquadra la piazza da sud, serrata fra le prestigiose quinte architettoniche del palazzo Pamphilj di G. Rainaldi e della chiesa di S. Agnese in Agone di F. Borromini.
Di nuovo a Venezia nel 1758, l'anno successivo tornò a Napoli dove iniziò la fortunata attività per la corte, come testimonia nel 1762, la prestigiosa nomina a capo scenografo e architetto del teatro S. Carlo.
Strettamente connessi all'attività di scenografo sono anche alcuni dipinti: Scena di fantasia con fontana in un parco (Caserta, palazzo reale: Civiltà del Settecento…, II, p. 365; Middione, fig. 27, p. 41); la Fiera al largo di Palazzo (collezione privata: Manzelli, fig. 30); Atrio regiocon figure (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte); Rovine architettoniche (Caserta, palazzo reale). Di grande interesse è, infine, per l'uso di gruppi di colonne libere e per la "veduta per angolo", l'Atrio regio con figure (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte).
Al 1759 si data anche l'importante serie dei templi di Paestum (La fortuna di Paestum…, figg. 1a-1c), autorevole modello di riferimento per tutta la successiva produzione di immagini relative a questi monumenti.
L'interesse per i templi si era manifestato già nel 1750. Lo J. fu il primo che ne realizzò le vedute, che costituiscono quindi la prima esatta documentazione visiva di Paestum (Briganti, 1986) e si collocano all'origine della fortunata diffusione dell'immagine pittorica della città campana. Le tele furono eseguite nello studio napoletano dello J. su disegni presi in loco e poi incisi da F. Morghen che li pubblicò nel 1766 (Ottani Cavina). Questa impresa pittorica consacrò lo J. quale esperto disegnatore e pittore di antichi monumenti da riprodurre nelle incisioni.
La committenza di corte non monopolizzò la sua attività, come sembrano confermare alcuni dipinti provenienti da residenze nobiliari inglesi, di recente comparsi sul mercato. Di questi fanno parte la serie con le Vedute di Firenze, Genova, Palermo, Messina e Agrigento, il Capriccio con rovine, con la costa di Baja, già in collezione del duca di Norfolk, ad Arundel Castle (Middione, fig. 46), ma anche i quadri acquistati da sir William Hamilton, che nella propria residenza napoletana in palazzo Sessa raccoglieva molti dipinti dello J., come conferma un inventario del 1798 (Knight, 1985; Manzelli).
Lo J. morì a Napoli il 29 apr. 1777.
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