LELIO, Antonio
Nacque a Fermo da una famiglia del patriziato locale e fu battezzato nella parrocchia dei Ss. Salvatore e Leone il 16 giugno 1584. Dal registro di battesimo risulta figlio di M. Vagni Lelio e di Maria Isabella (in de Leturia, 1948).
Non si hanno notizie circa la sua formazione. Ottenne il titolo di dottore in diritto civile e canonico, forse presso l'Università di Fermo. Il suo primo ufficio pubblico di cui si ha notizia fu quello di rappresentante a Roma della sua città natale, che sembra svolse per undici anni. In data imprecisata fu nominato vicario generale dello zio, Girolamo Matteucci, vescovo di Viterbo. Paolo V, probabilmente dopo la morte del presule, nel 1609, inviò per tre volte il L. a Napoli, per affari riguardanti la collettoria apostolica.
Il L. andò in Spagna, probabilmente alla fine del 1618, al seguito del nunzio Francesco Cennini come procuratore del tribunale della nunziatura e con il compito di inviare informazioni a Roma. Dal 3 marzo al 6 luglio 1621 mantenne una corrispondenza con il cardinal nipote di Gregorio XV, Ludovico Ludovisi. Nel corso del mandato, il 16 nov. 1619 fu nominato referendario delle due Segnature.
La sua presenza in Spagna fu segnata dal processo contro Antonio Covarrubias, provvisore e giudice ordinario della diocesi di Siviglia. Il contenzioso insorse a livello locale nel 1618 per motivi finanziari e nel 1619 fu portato a Madrid, in seguito al ricorso delle parti al tribunale della nunziatura e al Consiglio reale. Covarrubias, che rifiutò di riconoscere la giurisdizione del nunzio, fu condannato al pagamento di una ingente composizione e alla privazione di uffici e benefici ecclesiastici. Il processo si interruppe contestualmente alla partenza da Madrid del nunzio Cennini, poco prima della morte di Filippo III (31 marzo 1621). Cennini lasciò come incaricati d'affari Orazio Oddi e il L., rispettivamente per la nunziatura e la collettoria, in attesa del successore. Covarrubias fece dunque intervenire l'arcivescovo di Burgos, Fernando González de Acevedo, presidente del Consiglio reale, che chiese al L. di rivedere la sentenza, ottenendone un rifiuto. L'arcivescovo trattò quindi con Oddi, che invece alla fine di marzo 1621 mitigò le pene inflitte, ma Covarrubias si appellò al papa e ricorse nuovamente al Consiglio reale, che dichiarò nulla la sentenza, ritenendo Oddi e il L. non dotati di poteri sufficienti. Covarrubias fu quindi scarcerato e reintegrato nei suoi diritti.
Il nuovo nunzio, Alessandro di Sangro, arrivò a Madrid nel maggio del 1621. Tra le sue incombenze vi era quella di verificare le accuse giunte a Roma nei confronti del Lelio. Il nunzio diminuì le tasse del suo tribunale, giudicate eccessive, e tolse al L. 4000 ducati che egli si era attribuito per amministrare le entrate della sede vacante di Toledo, considerandoli non dovuti. In quella situazione il L. passò le consegne al suo successore Niccolò Tighetti e tornò a Roma, dove divenne un ascoltato consigliere del cardinale Ludovico Ludovisi per le cose di Spagna, dove il caso Covarrubias era rimasto aperto. Gregorio XV infatti confermò la sentenza di Oddi e il provvisore riuscì a guadagnarsi l'appoggio del nunzio di Sangro, fatto che provocò la rottura tra lo stesso nunzio e il fiscale Tighetti, sostenuto a Roma dal Lelio. Le tensioni tra i due acuirono una situazione già difficile e il nunzio fu quindi richiamato. Durante la vacanza Covarrubias ricorse nuovamente al Consiglio reale, che l'11 ag. 1622 annullò la sentenza di Oddi e bloccò il breve pontificio che la convalidava. Ad agosto giunse a Madrid il nunzio Innocenzo Massimo, accompagnato dal Lelio. Quando gli fu presentata la sentenza del Consiglio reale, il nunzio per evitare scontri non si oppose, danneggiando così la reputazione del suo tribunale. Mentre Covarrubias guadagnava l'appoggio anche del nuovo nunzio, il L. fu fatto segno di violenti attacchi, al punto che il 7 nov. 1622 chiese di tornare a Roma, lasciando il posto a Niccolò Benigni. Una volta a Roma, espose dure critiche circa l'operato del nunzio in Spagna tanto a Gregorio XV quanto al successore di questo, Urbano VIII.
Il L. fu anche protagonista di uno scontro con il Consiglio delle Indie a proposito dello spoglio del francescano Juan Pérez de Espinosa, vescovo di Santiago del Cile, il quale, rassegnate le dimissioni e tornato in Spagna, era morto a Siviglia il 31 ott. 1622. La sua eredità fu contesa tra la famiglia e il rappresentante della diocesi cilena, mentre questioni di principio furono dibattute tra il L. e Diego González de Contreras, fiscale del Consiglio delle Indie. Quest'ultimo fece valere i diritti tradizionali del patronato, in forza dei quali le Chiese delle Indie non erano soggette agli spogli, mentre il L. si sforzò di mostrare come, in caso di morte in Spagna di un prelato delle Indie, gli spogli venivano normalmente percepiti.
I suoi argomenti sono esposti nell'opuscolo Matritensis. Spoliorum pro reverenda Camera et Fisco apostolico contra Cameram et Fiscum regium et ei adhaerentes Ecclesiam Chily, testamentarios et donatarios, etc. iuris, dato alle stampe a Madrid nel 1623. Nonostante l'abilità diplomatica del nunzio Massimo, che cercò di giungere a un accordo con G. de Guzmán, conte-duca di Olivares, la causa si risolse alcuni anni dopo in favore del Fisco regio.
Stabilitosi a Roma nei primi mesi del 1623, il L. rimase al servizio della Curia e divenne consultore della congregazione dell'Indice. Nel 1640 gli fu affidata la censura dell'opera del giurista Juan de Solórzano Pereira dal titolo De Indiarum iure, sive De iusta Indiarum occidentalium inquisitione, acquisitione, et retentione tribus libris comprehensam, pubblicata a Madrid in due tomi nel 1629 e nel 1639.
Si tratta di una delle principali opere teoriche che fondano il regalismo degli Asburgo di Spagna nel secolo XVII. L'autore, considerando le concessioni fatte alla monarchia di Castiglia soprattutto da Alessandro VI e da Giulio II, elabora i fondamenti della teoria del vicariato regio sulle Indie occidentali. La valutazione critica del L. fu stampata a Roma nel 1641 con il titolo Sacra Congregatio Indicis. Censura Antonii Laelii iuris utriusque doctoris et eiusdem s. congregationis consultoris ad tractatum De Indiarum iure Ioannis de Solorzano Pereira ab eminentissimis dominis examinanda. Il censore, mentre lodava la descrizione del Nuovo Mondo fatta nel primo volume, chiedeva la condanna assoluta del secondo, nel quale era ampiamente sviluppata la dottrina secondo la quale il re di Spagna esercitava legittimamente la giurisdizione ecclesiastica. Un'edizione pubblica del votum vide la luce lo stesso anno, con il titolo Observationes ad tractatum De Indiarum iure Ioannis de Solorzano Pereira, per i tipi della Camera apostolica. Il 20 marzo 1642 la congregazione dell'Indice emise la sentenza che accoglieva solo in parte le istanze del consultore. Fu infatti condannato assolutamente il terzo libro del secondo tomo (De rebus ecclesiasticis et de regio circa eas patronatu), mentre nei confronti degli altri quattro libri si suggerirono solo alcune correzioni. La sentenza fu pubblicata a Roma il 16 dic. 1646 e in Spagna l'anno seguente.
Il L. morì a Roma il 27 luglio 1645 e fu sepolto nella chiesa di S. Salvatore delle Coppelle, di cui era parrocchiano.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Fondo Borghese, Serie III, 127.BC, cc. 3r, 29r; Fondo Bolognetti, 61, cc. 200-207; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 3560, cc. 13r-18, 19-24: Relatione della causa di Covarrubias; 5316, cc. 1-19r; 8286, cc. 115-116r: Emolumenti della collettoria di Spagna (agosto 1621); 8512 (lettere del L. a Roma, 3 marzo 1621 - 31 genn. 1623); Vat. lat., 7880, c. 54r; Ottob. lat., 2415.III, cc. 404-419: Cagioni che indussero la santità di nostro signore papa Gregorio XV a levar la nuntiatura di Spagna al patriarca di Alessandria mons. di Sangro et abusi al tempo di mons. de Massimi, suo successore; Die Hauptinstruktionen Gregors XV. für die Nuntien und Gesandten an den europäischen Fürstenhöfen 1621-1623, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1997, pp. 231, 290, 597; N. Porti, Tavole sinottiche di cose più notabili della città di Fermo e suo antico stato, redatte sopra autentici documenti, Fermo 1836, tav. XIII; P. de Leturia, Der Heilige Stuhl und das spanische Patronat in Amerika, in Historisches Jahrbuch der Görresgesellschaft, XLVI (1926), pp. 53 s.; Id., A. L. de Fermo y la condenación del "De Indiarum iure" de Solórzano Pereira, in Hispania sacra, I (1948), pp. 351-385; II (1949), pp. 47-87; A. Egaña, La teoría del regio vicariato español en Indias, Roma 1958, pp. 133-147, 233, 241; L. von Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1961, p. 733; G. Beltrami, Notizie su prefetti e referendari della Segnatura apostolica desunte dai brevi di nomina, Città del Vaticano 1972, n. 128; Ch. Weber, Die ältesten päpstlichen Staatshandbücher. Elenchus congregationum, tribunalium et collegiorum Urbis, 1629-1714, Rom-Freiburg-Wien 1991, pp. 122, 241; Id., Die päpstlichen Referendare 1566-1809. Chronologie und Prosopographie, Stuttgart 2003, p. 688.