LIBERI, Antonio (Antonio da Faenza, Antonio di Mazzone, Antonio Domenichi)
Sono poche le notizie certe su questo pittore e architetto probabilmente originario di Faenza, attivo nella prima metà del XVI secolo nell'Italia centrale.
La fonte principale a cui tutta la critica fa riferimento è la cronaca faentina di Bernardino Azzurrini, che parla di un Antonio di Mazzone architetto e pittore, autore di un libro di architettura, morto a Faenza nel 1534 all'età di 78 anni. La storiografia moderna a partire da Grigioni (1935) ha poi identificato l'Antonio di Mazzone citato da Azzurrini con l'Antonio da Faenza documentato a Velletri dal 1509 al 1513 e negli archivi della S. Casa di Loreto dal giugno 1513 al dicembre 1514, con l'Antonio Domenichi attivo a Montelupo presso Macerata intorno al 1516 e infine con l'Antonio Liberi autore del disegno del campanile della cattedrale di Faenza (1526).
Alla luce di queste identificazioni si può ipotizzare che il L. sia nato tra il 1456 e il 1457 (Azzurrini), o piuttosto attorno agli anni Ottanta del XV secolo (Bury), da Domenico, noto anche con il soprannome di Mazzone. La lacuna documentaria rende molto difficile ricostruire gli anni giovanili del L.: si può ipotizzare che si sia formato nel cantiere della cattedrale di Faenza al seguito di Mariotto di Tonio (Nocca).
A Velletri realizzò (Tersenghi) alcuni affreschi, andati perduti, per la chiesa di S. Salvatore e lavorò al distrutto teatro della Passione per la Compagnia di S. Giovanni in Plagis come pittore, forse anche come architetto, della frons scaenae per dipinti di cui non è rimasta traccia. Il L. si spostò quindi nelle Marche, dove rimase per circa quindici anni e dove avrebbe lavorato come architetto, ma anche di quei lavori non sono rimaste testimonianze. Nel 1513 la S. Casa di Loreto gli commissionò le portelle d'organo raffiguranti l'Annunciazione (Loreto, Pinacoteca del Palazzo apostolico), opera non lontana dai modi di L. Signorelli, in cui si possono cogliere già riferimenti alle Stanze di Raffaello e alle architetture bramantesche (Battistini, p. 143).
Lasciata Loreto, si spostò a Montelupone, presso Macerata, dove dipinse due pale d'altare, ora nella collegiata: la Madonna in trono con Bambino e i santi Pietro e Paolo, realizzata per la chiesa plebana di S. Pietro (probabilmente nel 1516), e la tela con la Madonna del Latte con s. Rocco, s. Giacomo Maggiore, un offerente, un santo francescano, s. Giacomo Minore, s. Firmano e s. Sebastiano, dipinta per la chiesa di S. Francesco nel 1525, che rivela lo studio delle opere di L. Lotto e di G. Genga. Gli anni passati a Montelupone furono i più importanti per la sua formazione: qui studiò geometria, ottica, estetica aristotelica e il trattato vitruviano al seguito del padre francescano Antonio da Camerino (Bury).
Azzurrini ricorda che il L. scrisse un trattato di architettura che, alla sua morte, fu venduto a un mercante bolognese. Di tale manoscritto, ascrivibile attorno al 1520, si erano completamente perdute le tracce, quando, pochi anni fa, è stato identificato da Bury in un codice acquisito da un mercante londinese. Oltre al testo, nel codice sono inseriti 641 disegni; gli argomenti trattati vanno dall'architettura, alla geometria, all'aritmetica con una parte finale dedicata ai colori.
Nel 1518 a Norcia gli fu commissionata la Madonna e santi (detta anche "tavola dei terziari"), ora al Museo della Castellina (Berenson). Successivamente si recò a Cingoli, dove nel 1526 realizzò la Madonna col Bambino e i ss. Michele, Sperandia, Orsola, Barbara e Giovanni Battista per la chiesa di S. Sperandia e lo Sposalizio della Vergine per la sagrestia di S. Esuperanzio. Lavorò quindi alla tavola con le Nozze mistiche di s. Caterina per la chiesa di S. Michele a Treia. Tra il 1526 e il 1530 la sua presenza è documentata a San Severino Marche, dove iniziò i lavori finanziati dal Comune per la realizzazione di una fontana, interrotti per mancanza di fondi. Nei numerosi documenti di questo periodo il L. è citato come "Magister Antonius Liber Faventinus conductor fabrice fontis terre sancti Severini" (Paciaroni).
Al 1526 risale il disegno del campanile della cattedrale di Faenza firmato "Ant. Liber Graphius Faven. et Architector" (Faenza, Archivio capitolare); a Faenza, dove risiedette negli ultimi anni della sua attività, oltre a dedicarsi al progetto per il campanile, mai portato a termine, dipinse anche la tavola con la Madonna in trono con i ss. Pietro, Paolo, Domenico, Luca e Marco (1528: Faenza, Pinacoteca comunale). Nel maggio 1533 firmò il contratto con il quale si impegnò a realizzare per il campanile della cattedrale un modellino ligneo (Bury, Azzurrini) che risultava distrutto già nel XVIII secolo.
Secondo Messeri e Calzi, ancora a Faenza, nella chiesa di S. Ippolito, il L. avrebbe dipinto un fregio a secco con figure di profeti e puttini e lo stemma di papa Paolo III con le sette virtù nella loggia del Palazzo comunale, opere perdute. Perduto è pure il cartone con la Resurrezione di Lazzaro che, secondo Valgimigli, il L. avrebbe realizzato per la chiesa di S. Romualdo in Classe (Ravenna).
La data di morte del L. indicata da Azzurrini, il 1534, è posticipata di un anno dalla critica moderna, dal momento che il 12 maggio 1535 fu stilato l'inventario dei suoi beni (Bury).
Fonti e Bibl.: Faenza, Biblioteca comunale, Mss., 72: B. Azzurrini, Il libro dei fatti moderni occorsi nella città di Faenza, c. 7v; G. Colucci, Antichità picene, XXV, Fermo 1795, p. 69; A. Maggiori, Guida alla basilica di Loreto, Ancona 1824, pp. 128 s.; S. Servanzi-Collio, Un dipinto nella chiesa di S. Sperandia in Cingoli, Macerata 1850, pp. 3-12; G.M. Valgimigli, Dei pittori e degli artisti faentini de' secoli XV e XVI, Faenza 1869, pp. 29-38, 162s.; F. Argnani, La Pinacoteca comunale di Faenza, Faenza 1881, pp. 38-40; P. Gianuizzi, Di Antonio da Faenza e di alcune sue pitture, in Arte e storia, XIII (1894), pp. 145-149; G. Degli Azzi, Antonio da Faenza, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, I, Leipzig 1907, p. 587; A. Messeri - A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 396-398; A. Tersenghi, Il teatro della Passione di Velletri, in Roma, II (1924), 2, p. 79; B. Berenson, The Italian pictures of the Renaissance. The Venetian school, Oxford 1932, p. 30; C. Grigioni, A. L. pittore e architetto faentino del XV e XVI secolo, in Valdilamone, XII (1932), 4, pp. 22-25; Id., La pittura faentina dalle origini alla metà del Cinquecento, Faenza 1935, pp. 640-654; N. Clerici Bagozzi, in Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, VI, Torino 1974, p. 422; L. Savelli, Un progetto di campanile per il duomo di Faenza, Faenza 1974, p. 54; Id., Le architetture di A. L., in Quaderni della cattedrale di Faenza, V, Studi sulla cattedrale di Faenza nel V centenario della fondazione (1974), Faenza 1977, pp. 113-118; E. Godoli, Faenza dall'XI al XVI secolo, in Faenza la città e l'architettura, a cura di F. Bertoni, Faenza 1978, p. 101; R. Battistini, in Lorenzo Lotto nelle Marche. Il suo tempo, il suo influsso (catal., Ancona), a cura di P. Dal Poggetto - P. Zampetti, Firenze 1981, pp. 143-147, 243-247; F. Grimaldi, La cappella musicale di Loreto nel Cinquecento. Note d'archivio, Loreto 1981, pp. 77, 80-83, 105-110; R. Paciaroni, A. da Faenza ed una fontana incompiuta nella piazza di Sanseverino Marche, in Notizie da palazzo Albani, XIII (1984), 2, pp. 30-34; R. Cordella, La tavola nursina di Antonio da Faenza, il documento di allogazione, in Quaderni della cattedrale di Faenza, VI, Restauri, ristrutturazione del presbiterio, studi, Faenza 1984, pp. 129-140; J. Onians, Bearers of meaning: the classical orders, Princeton 1988, pp. 242-244; L. Arcangeli, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, I, pp. 389 s.; A. Colombi Ferretti, ibid., II, p. 627; M. Nocca, "Theatrum novum tota urbs magnis votis expectat": il teatro della Passione di Velletri, Antonio da Faenza architetto antiquario e Raffaele Riario, in Roma centro ideale della cultura dell'antico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al sacco di Roma… Atti del Convegno, Roma… 1985, a cura di S. Danesi Squarzina, Milano 1989, pp. 291-302; G. Viroli, La pittura del Cinquecento nelle Romagne, in La pittura in Emilia e in Romagna. Un romanzo polifonico tra Riforma e Controriforma, Milano 1995, pp. 209, 231; M. Bury, A newly discovered architectural treatise of the early Cinquecento: the codex of Antonio da Faenza, in Annali di architettura. Rivista del Centro internazionale di studi di architettura A. Palladio, VIII (1996), pp. 21-42.