LUCINI, Antonio
Allo stato attuale degli studi, non si hanno notizie documentarie circa la data di nascita, comunque collocabile nella seconda metà de XVII secolo, e i nomi dei genitori di questo pittore milanese.
Se Sancho Viamonte cita un disperso quadrone per l'Arciconfraternita del Ss. Sacramento nel duomo di Milano, la cui esecuzione cadrebbe nell'anno 1700, il primo dato certo riguarda il Ritratto di Alessandro Visconti, pagato al L. nel 1702.
Si tratta della prima di quattro tele commissionate al pittore dall'ospedale Maggiore (dove sono conservate), all'interno del generale programma di celebrazione dei benefattori. Il L. si pone quindi fin dagli esordi in una posizione di primo piano nella Milano d'inizio Settecento, tanto da essere annoverato nel 1711 tra gli accademici di S. Luca.
L'opera mostra già tutti i tratti che verranno riconosciuti come tipici dell'artista: un rifiuto dell'imperante barocchetto, nell'asciutta ambientazione della scena e nella concentrazione verso la resa del volto che gli deriva dal riferimento alla prediletta pittura lombarda del Seicento (in particolare D. Crespi e G. Nuvolone) e alla tradizione di realismo bergamasco-bresciana (Porzio), al punto da far ipotizzare a M. Gregori una formazione di G.A. Ceruti accanto al Lucini.
Segue nel 1705 il pagamento per il Ritratto di Orazio del Conte, sempre per l'ospedale Maggiore, nel quale i dettagli di moda non tolgono importanza alla resa del volto. Per questa prova M. Gregori ha ipotizzato che Fra Galgario (Vittore Ghislandi) possa aver guardato al L. allorché si trovava a Milano, presso l'atelier di S. Adler.
Ancora da collocarsi entro il primo decennio del secolo è l'esecuzione del quadrone per il ciclo del Santo Chiodo per il duomo di Milano raffigurante l'Arrivo di s. Elena a Gerusalemme ricevuta da s. Macario, di cui non si conosce l'università committente (per Sancho Viamonte risalirebbe infatti agli anni 1708-10, quando venne dipinta la maggior parte dei teleri, mentre Zani [1999, p. 276] lo colloca entro il 1739). Sempre al L. viene dubitativamente attribuito un secondo quadro, con il Risanamento di una donna al contatto con la Vera Croce, commissionato dall'università dei filatori (Dell'Acqua, p. 122).
Il primo dei due mostra, accanto a una resa dei volti memore dell'interesse del L. per la ritrattistica, una composizione di sapore quasi neoclassico: la compostezza e la chiarezza a essa sottese sono una caratteristica ricorrente nella produzione pubblica del pittore, che proseguì nel 1712 con i Ss. Bonaventura e Bernardino in adorazione della Sacra Famiglia con s. Caterina presso il convento di S. Angelo a Milano e nel 1715 con l'Immacolata Concezione e santi nella parrocchiale di Foresto, nel Novarese.
Il L. intanto non tralasciò l'attività di ritrattista: a Milano nella Pinacoteca del Castello Sforzesco sono conservati il Ritratto di Elisabetta Cristina di Brunswick Wolfenbüttel, regina di Spagna, firmato e datato sul retro "A. Lucino P. / 1709", e il Ritratto di Carlo III d'Asburgo re di Spagna, attribuito al L. da Geddo (2000, pp. 149, 152 s.), che lo ritiene in pendant con il precedente. Per l'ospedale Maggiore eseguì nel 1715 il Ritratto di Giulio Cesare Pessina, a cui Colombo (2000) accosta il Ritratto di Claudio Antonio Strada, conservato presso la Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano. Al 1721 risale, ancora per l'ospedale, il Ritratto di Giovanni Antonio Parravicini, riconosciuto al L. da Geddo (1998 e 2000, p. 152), in cui l'episodio in secondo piano fa pensare a J. Callot, a cui in quegli stessi anni guardava anche Ceruti per i suoi fondali. Infine, se le fonti parlano del Ritratto di monsignor Cinquevie nella collezione del conte F.M. Stampa (Caprara), non si deve dimenticare il dipinto raffigurante il Cardinale Benedetto Erba Odescalchi (Ascona, collegio Papio), arcivescovo di Milano dal 1712 al 1737, firmato e noto anche attraverso diverse repliche forse di mano dello stesso L. o di bottega (la versione presso l'arcivescovado di Milano e le due presso il seminario di Venegono).
L'identificazione di questo dipinto da parte di Zani (1999, p. 277) è fondamentale per cercare di capire l'eclettismo del L., che sembra seguire modelli e suggestioni diverse a seconda del tipo di opera che si trovò a eseguire. Zani infatti mette in relazione l'intento didascalico riscontrato nelle opere di soggetto religioso con il pensiero del cardinale che negli anni del suo operato cercò di far riferimento alla lezione di s. Carlo Borromeo, puntando soprattutto sull'uso dell'immagine come stimolo alla meditazione.
Tra le opere pubbliche del L. vanno citate la pala con S. Ulderico e un santo monaco ai piedi del Crocifisso (Ponte Capriasca, parrocchiale), del 1717, nella quale le figure, ispirate a due modelli diversi quali B. Campi e A. Van Dyck, si stagliano nitide sullo sfondo tenebroso; il Transito di s. Giuseppe e la Madonna col Bambino, un santo vescovo e s. Caterina della parrocchiale di Morosolo; ma soprattutto i due teleri di S. Eustorgio a Milano, datati 1732 e raffiguranti Cristo che appare a s. Vincenzo Ferrer e S. Vincenzo che risana l'inferma, quest'ultimo accostato da Zani (1999) al Miracolo di s. Francesco Saverio di G.M. Crespi, le cui opere erano giunte in Lombardia a partire dal 1728. L'influenza di questo pittore si può forse scorgere nella pala di S. Vittore ad Intra raffigurante l'Educazione della Vergine, successiva al 1717; mentre al termine del terzo decennio risale il S. Giuseppe e il Bambino del Museo civico di Novara (in origine destinato al duomo della città), pagato al pittore nel 1729.
Nel clima appena delineato andrebbero collocate le opere realizzate dal L. per la meditazione privata e perciò caratterizzate da uno stile emotivamente più coinvolgente, memore della pittura di primo Seicento; tali dipinti erano destinati ai seminari promossi dal cardinale Erba Odescalchi, come il S. Carlo adorante il Crocifisso, noto in più versioni: una conservata presso il seminario arcivescovile di Venegono Inferiore e una seconda in collezione privata.
Della prima esiste una copia, forse di bottega, a testimonianza peraltro della fervida attività del L., presso la casa prepositurale della basilica di S. Giovanni Battista a Busto Arsizio; mentre, sempre presso il seminario di Venegono esiste una versione più tarda dello stesso soggetto, che colpisce per il cambio di stile, dovuto al fascino subito dall'opera e dalla pennellata di A. Magnasco, come dichiarato dalle fonti (Latuada; Arese).
L'eco di Magnasco si rafforza nelle opere eseguite tra il terzo e il quarto decennio, in cui si alternano i generi e gli esiti: il Cristo deposto con la Madonna e s. Carlo (Venegono Inferiore, seminario), la Madonna col Bambino, s. Antonio da Padova e un santo vescovo (Bosco Valtravaglia, parrocchiale: Colombo, 1999, p. 281), il Battesimo di s. Agostino e un Santo vescovo in gloria (Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco), il Cristo deposto (Varallo, Sacro Monte, cappella del Santo Sepolcro), la S. Anna con Maria bambina e s. Giuseppe, il S. Antonio da Padova e il S. Aquilino (Milano, S. Maria della Passione).
Si segnalano infine alcune opere perdute: già a Milano, la Fuga in Egitto e il Ss. Sacramento in S. Babila, il Transito di s. Giuseppe in S. Maria presso S. Satiro, un S. Carlo inginocchiato davanti al Crocifisso in S. Caterina delle Orfane (Latuada), l'Ingresso dei magi a Betlemme in S. Eustorgio; già a Voghera, una Madonna che calpesta il serpente in S. Ambrogio e una Icon magna nell'oratorio della Beata Vergine dell'Aiuto (Bartoli), oltre a Due monaci, ricordati nell'inventario della collezione Arese.
Le ultime notizie sul pittore, di cui non si conoscono il luogo e la data di morte, risalgono al 1741, quando il L. eseguì la pala del santuario della Beata Vergine di Ornago, raffigurante S. Giuseppe che porge il Bambino a s. Gaetano da Thiene (Coppa).
Fonti e Bibl.: S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano 1737, I, p. 182; III, p. 247; F. Bartoli, Notizia delle pitture, sculture, ed architetture(, I, Venezia 1776, pp. 145, 150, 159; II, ibid. 1777, pp. 78 s.; F. Arese, Una quadreria milanese della fine del Seicento, in Arte lombarda, XII (1967), 69, p. 135; F. Porzio, in La Ca' Granda. Cinque secoli di storia e d'arte dell'ospedale Maggiore di Milano (catal.), Milano 1981, pp. 160, 163, 371; M. Gregori, Giacomo Ceruti, Cinisello Balsamo 1982, pp. 34, 55; F. Porzio, in Ospedale Maggiore. Ca' Granda, I, Ritratti antichi, a cura di M.T. Fiorio et al., Milano 1986, pp. 47-49; V. Caprara, La collezione del conte Filippo Maria Stampa, in Periodico della Soc. stor. comense, 1986-87, n. 52, pp. 55-65; M. Dell'Omo, in Museo novarese, a cura di M.L. Tomea Gavazzoli, Novara 1987, pp. 314 s.; M. Sancho Viamonte, I quadroni del Sacro Cuore e dell'Arciconfraternita del Ss. Sacramento nel duomo di Milano, dissertazione, Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, a.a. 1994-95, pp. 153-155; D. Gnemmi - F. Ferro - M. Dell'Omo, La pittura del Sei e del Settecento nel Novarese, Novara 1996, p. 172; M. Dell'Omo, Pittori lombardi in Valsesia nella prima metà del Settecento, in Arte lombarda, 1997, n. 120, pp. 78 s.; S. Coppa, Dipinti inediti del Sei e del Settecento nel territorio dell'antica pieve di Vimercate, in Mirabilia Vicomercati. Itinerario in un patrimonio d'arte: l'Età moderna, a cura di P. Venturelli - G.A. Vergani, Venezia 1998, pp. 119 s.; C. Geddo, Collezionisti e pittori di genere nel Settecento a Milano e nel Lombardo-Veneto, in Da Caravaggio a Ceruti( (catal., Brescia), a cura di F. Porzio, Milano 1998, p. 108; S.A. Colombo, in Pittura a Milano dal Seicento al neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1999, pp. 281 s.; V. Zani, Una riapertura su A. L., in Arte cristiana, LXXXVII (1999), pp. 276-291; Id., Da Giuseppe ad A. L.: due restituzioni in S. Maria della Passione a Milano, in Fare storia dell'arte(, a cura di M.G. Balzarini - R. Cassanelli, Milano 2000, pp. 209-213; C. Geddo, in Museo d'arte antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca, IV, Milano 2000, pp. 149-155; S.A. Colombo, ibid., pp. 157 s.; V. Zani, ibid., pp. 155-159; S.A. Colombo, La Ca' Granda, fucina dei ritrattisti milanesi, in Il ritratto in Lombardia: da Moroni a Ceruti (catal., Varese), a cura di F. Frangi - A. Morandotti, Milano 2002, pp. 269, 278-281; G.A. Dell'Acqua, La pittura del duomo di Milano, Milano 2002, pp. 106-109, 122; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 438.