LUNEDEI, Antonio
Nacque a Gambettola, nei pressi di Forlì, il 31 ag. 1900 da Arturo e da Ernesta Abbondanza.
Studiò medicina e chirurgia nell'Università di Bologna, ove si laureò con il massimo dei voti il 10 luglio 1923. Durante gli anni del corso era stato allievo interno nell'istituto di clinica ostetrica e ginecologica e in quello di anatomia patologica.
Dopo la laurea si trasferì nell'Università di Firenze, presso la clinica medica diretta da F. Schupfer, nella quale ricoprì il ruolo di assistente volontario fino all'anno accademico 1928-29. Assistente dell'Istituto antirabico di Firenze dal 1( maggio al 31 dic. 1927, nel 1928 fu incaricato della direzione del servizio antirabico della clinica medica fiorentina. Conseguita nel 1929 la libera docenza in patologia speciale medica, negli anni accademici 1929-30 e 1930-31 divenne assistente incaricato e gli furono affidati la direzione di un reparto clinico e l'ufficio di svolgere esercitazioni di clinica medica agli studenti; dal 1929, inoltre, divenne redattore capo del periodico Rivista di clinica medica. Nel 1930 fu rappresentante per l'Italia al II congresso internazionale di reumatologia. Nell'anno accademico 1931-32 divenne assistente effettivo e nel 1932 conseguì la libera docenza in clinica medica.
Nell'Università di Firenze iniziò anche l'attività didattica del Lunedei. Acquisite le maturità scientifiche e didattiche ai concorsi per le cattedre di patologia speciale medica di Pavia nel 1931 e di Modena nel 1935, svolse nella facoltà medica fiorentina i corsi liberi di patologia del lavoro nel 1930-31, di patologia medica nel 1931-32 e nel 1932-33, di clinica medica nel 1933-34 e nel 1934-35; nel 1935-36 fu incaricato del corso ufficiale di semeiotica medica. Nel 1936, vincitore di concorso, fu chiamato all'Università di Sassari a insegnare come professore straordinario clinica medica generale e terapia medica e a dirigere il relativo istituto.
In breve tempo si affermò nella comunità medico-scientifica per l'originalità delle ricerche condotte in stretta aderenza alla quotidiana osservazione clinica. Approfondendo l'argomento che era stato oggetto della sua tesi di laurea, studiò il fenomeno del dermografismo che, in considerazione dei risultati sperimentali, ritenne potersi interpretare, anziché come un riflesso ad arco diastaltico secondo quanto sostenuto dalla maggioranza degli studiosi, come la conseguenza della stimolazione meccanica delle reti nervose ultraespansionali, ipotesi che sarebbe stata confermata dalle successive ricerche; servendosi del dermografo da lui stesso ideato, giunse poi ad attribuire al dermografismo il valore semeiologico di espressione di una variazione dell'eccitabilità vegetativa (Il riflesso dermografico in gravidanza, in Giorn. di biologia e medicina sperimentale, I [1923-24], pp. 329-332; Riflessi e prova farmacologica nella semeiotica del sistema nervoso vegetativo, in Riv. di clinica medica, XXVI [1925], pp. 517-527, 713-726, 749-756; Nuovi strumenti per la ricerca dei riflessi vegetativi, ibid., XXVII [1926], pp. 914-918; Le reazioni capillari alla stimolazione meccanica della cute (il dermografismo). Nota I: il metodo d'esame, i caratteri e il meccanismo di produzione delle reazioni dermografiche, ibid., XVIII [1927], pp. 897-940; Nota II: il valore semeiologico delle reazioni dermografiche, ibid., pp. 969-1041). Studiò inoltre la reazione dei capillari sanguigni distrettuali in particolari condizioni patologiche e sperimentali (Le variazioni della reattività capillare nasale in alcune affezioni del sistema nervoso e in alcune condizioni sperimentali (Il fenomeno meningeale di Muck), in Riv. oto-neuro-oftalmologica, VI [1929], pp. 340-362). Inoltre, avendo osservato nel corso di tali ricerche una evidente variazione della reattività dermografica delle zone cutanee di proiezione del dolore viscerale provocato da affezioni degli organi interni, intraprese lo studio della genesi delle sensazioni dolorose viscerali e del meccanismo del loro trasferimento: poté così distinguere un dolore parietale "riferito o irradiato" percepito in zone cutanee neuromericamente correlate con gli organi malati, e un dolore parietale "vero" causato da un trasferimento diretto di impulsi dagli organi sofferenti ai nocicettori cutanei (Il dolore viscerale: note sulla sua genesi e suoi caratteri, Bologna 1929, in collab. con A. Giannoni; Dolore vagale, dolore esofageo, dolore diaframmatico; vengono trasmessi impulsi algesiogeni viscerali attraverso il vago?, in Rass. di neurologia vegetativa, I [1938], pp. 91-122). Importanti e originali furono i contributi recati dal L. alla fisiopatologia e alla clinica delle malattie vascolari ed emorragiche: in particolare formulò l'ipotesi che la comparsa della porpora durante la stasi venosa provocata fosse la conseguenza non già di una fragilità capillare, bensì di una anomala condizione metabolica tissutale responsabile della liberazione di sostanze vasoattive e lesive per gli stessi tessuti e per le pareti dei microvasi, introducendo così il concetto di angiofilia tessutale (I fenomeni conseguenti alla stasi e all'ischemia provocata negli arti nello studio delle sindromi emorragiche, in Riv. di clinica medica, XXX [1929], pp. 383-400, in collab. con A. Giannoni; I fenomeni conseguenti(, Nota II: sulla genesi e sul significato dei fenomeni vasomotori da alterazioni della circolazione provocate e sull'importanza della regolazione tissulare della permeabilità dei vasi cutanei, ibid., pp. 423-476, in collab. con A. Giannoni; Nota III: i fenomeni di refrattarizzazione alle manifestazioni emorragiche, ibid., pp. 635-658; Nota IV: i fenomeni di sensibilizzazione delle manifestazioni emorragiche e la genesi delle emorragie da stasi spontanea e provocata (prova del laccio): l'angiofilia tissulare, ibid., pp. 499-522, 543-600, 629-661). Introdusse l'altro importante concetto di sindromi venulari, inquadrando nosograficamente, secondo criteri semeiologici e clinici, in un vasto gruppo che distinse come "sindromi venulari" alcune manifestazioni emorragiche spontanee recidivanti, caratterizzate dalla lunga durata e dalla normalità dell'emocoagulazione e della funzione piastrinica, tra le quali l'epistassi giovanile recidivante e la sindrome ecchimotico-teleangiectasica delle giovani donne (Come si valuta la fragilità capillare, in Lo Sperimentale, LXXXIII [1929], pp. XLV-LVI, in collab. con A. Gannoni; Tentativo di classificazione patogenetica delle porpore emorragiche, ibid., LXXXIV [1930], pp. LXXXVIII-XCIII; La regolazione tissulare della fragilità capillare, in Biochimica e terapia sperimentale, V [1930], pp. 290-293). Indicò nella vitamina C un sussidio efficace nella terapia delle sindromi emorragiche (Studi sulle sindromi emorragiche: la vitamina C nella terapia delle diatesi emorragiche, in Riv. di clinica medica, XXXVI [1935], pp. 319-364, in collab. con A. Giannoni) e attribuì la causa delle sindromi emorragiche del tifo e della brucellosi, processi morbosi caratterizzati con grande frequenza da piastrinopenia, agli stessi molteplici fattori responsabili del morbo di Werlhof (Studi sulle sindromi emorragiche: la patogenesi delle sindromi emorragiche del tifo e della brucellosi, ibid., XXXVII [1936], pp. 241-286, in collab. con A. Giannoni). In base alle accurate osservazioni cliniche condotte su un gran numero di casi individuò lo stretto legame esistente tra diencefalo e ipofisi, la correlazione fisiopatologica tra sistema endocrino e asse diencefalo-ipofisario, l'intervento dei centri bulbo-spinali e delle formazioni vegetative periferiche nella regolazione nervosa della vita organica (L'azione del labirinto posteriore nella regolazione nervosa della vita vegetativa; i riflessi vestibolo-vegetativi, ibid., XXIX [1928], pp. 1017-1043; Patologia del sistema nervoso vegetativo, in Medicina interna. Manuale per medici e studenti(, a cura di A. Ceconi, V, Torino 1932, pp. 598-747; La varietà vegetativa della malattia di Friedreich. Sindromi vegetative diencefaliche e bulbari(, in Riv. di clinica medica, XXXVI [1935], pp. 205-287, in collab. con E. Liesch; Ulcera gastro-duodenale, policitemia essenziale, sindrome adiposo-genitale di Friedreich in vari membri di una stessa famiglia(, ibid., pp. 485-554, in collab. con E. Liesch; Patologia del diencefalo, in Medicina interna(, a cura di A. Ceconi - F. Micheli, VI, Torino 1937, pp. 163-341; Fisiopatologia neurovegetativa extradiencefalica, ibid., pp. 342-479). Negli anni Trenta il L. recò inoltre un contributo in campo endocrinologico (Sulla terapia pituitrinica per via nasale del diabete insipido, in Riv. di clinica medica, XXXI [1930], pp. 635-645); in collaborazione con A. Giannoni iniziò lo studio della patologia cardiaca (Tentativo di riproduzione sperimentale nell'uomo della sindrome epifrenica e della angina pectoris d'origine gastrica, ibid., XXXV [1934], pp. 569-602; La pseudo-angina diaframmatica, ibid., pp. 649-686) e con L. Rosselli Del Turco descrisse un interessante caso di parassitosi (Il primo caso nell'uomo di metastasi cerebrale di fasciola hepatica in soggetto osservato in Italia. Considerazioni generali sulla distomatosi umana da fasciola, ibid., pp. 465-498).
Fu a Siena come ordinario e direttore dell'istituto di patologia speciale medica dal 1( dic. 1937 al 29 ott. 1939. Conseguì nel 1938 la libera docenza in clinica delle malattie tropicali e subtropicali. Nel 1939 il L. fu chiamato dalla facoltà medica dell'Università di Firenze come professore ordinario di patologia speciale medica e metodologia clinica. Qui il L. rimase fino al termine della sua carriera didattica e scientifica: incaricato dal 1961 anche dell'insegnamento di storia della medicina, nel 1966, succedendo a E. Greppi, assunse la direzione della cattedra di clinica medica; dal 1958 al 1967 fu preside di facoltà.
Notevole fu la produzione scientifica del L. in questo periodo. Tornò a trattare della fisiopatologia vascolare (Fisiopatologia del sistema dei più piccoli vasi (sintesi), in Folia cardiologica, VI [1947], pp. 113-209) e del problema del dolore (Il sintomo dolore nella diagnostica delle affezioni degli organi interni, in Semeiotica e diagnostica medica(, I, Torino 1941, pp. 300-343; Il problema semeiologico del dolore dei visceri; il meccanismo di insorgenza del dolore dei visceri nei suoi recenti sviluppi, in Rass. di neurologia vegetativa, X [1953], pp. 3-22, in collab. con E. Galletti; Il problema semeiologico( il meccanismo di insorgenza del dolore dei visceri; caratteri, tipi e modalità di trasmissione del dolore viscerale, ibid., pp. 23-46, in collab. con P. Arcangeli; Il dolore, in Il corpo umano, Torino 1955, pp. 29-48); completò la sua concezione anatomo-fisiologica di asse diencefalo-ipofisario (Spunti clinici per l'anatomia e la fisiologia del diencefalo, in Monitore zoologico italiano, LVIII [1958], suppl., pp. 161-198) e ne approfondì i rapporti con emicrania, aracnoiditi, sinusiti ed endocraniosi (Sulle flogosi croniche fronto-basilari iperergiche, in Riv. di clinica medica, XLVIII [1947], pp. 81-142; Gli sviluppi del problema delle flogosi fronto-basilari iperergiche e delle cosiddette endocraniosi iperostotiche, ibid., L [1949], pp. 327-373); individuò nell'intervento di sostanze algogene a livello periferico un fattore di primaria importanza nella genesi delle emicranie (Primary headaches. An attempt at a classification, in Research and clinical studies in headache, III [1970], pp. 171-175); affrontò nuovamente alcuni temi endocrinologici (Diagnostica generale delle malattie del sistema endocrino, in Semeiotica e diagnostica medica(, I, Torino 1941, pp. 1191-1235; Aspetti clinici delle relazioni fra tiroide e corteccia surrenalica, in Helvetica medica Acta, XXIV [1957], pp. 193-200, in collab. con G. Giusti - A. Borghi; Bioritmi nella endocrinologia clinica e sperimentale, in Rass. di neurologia vegetativa, XXX [1967], pp. 3-8).
Di particolare rilievo fu il contributo recato dal L. nel campo della patologia del connettivo. Dopo aver pubblicato alcuni lavori clinici sulle malattie di interesse reumatologico (La terapia medica della poliartrite cronica primaria, Pisa 1939, in collab. con E. Liesch - L. Rosselli Del Turco; Su di alcuni metodi di terapia del dolore nelle affezioni reumatiche croniche, in Riv. di clinica medica, XL [1939], pp. 264-274; Il reumatismo reiteriano, Firenze 1947), nel 1950 distinse i reumatismi primari, di natura disreattiva e automantenentisi, dai secondari, di natura infettiva o allergica (Concetto e limiti del reumatismo, in Reumatismo, II [1950], pp. 165-172 e in Riv. critica di clinica medica, L [1950], pp. 159-163); quindi, in una ampia relazione svolta al LII Congresso della Società italiana di medicina interna, introdusse il termine di mesenchimopatie disreattive diffuse per definire secondo la loro natura e il loro terreno evolutivo quei processi morbosi che P. Klemperer, seguendo il solo criterio istopatologico delle lesioni fibrillari che li caratterizzano, aveva raggruppato sotto il nome di collagenopatie (Sulle cosiddette malattie del collageno, in Atti del LII Congresso di Medicina interna, ( 1951, Roma 1951, pp. 7-70, in collab. con U. Teodori e altri). Il concetto, che secondo l'intenzione del L. avrebbe anche meglio consentito una migliore sistemazione nosografica dei reumatismi, suscitò subito ampie discussioni: in realtà, infatti, con mesenchima si intende propriamente il connettivo embrionale, così che veniva posto in tal modo un notevole problema terminologico (si veda Enc. medica italiana, IX, coll. 948 s., s.v. Mesenchimopatie). Dei numerosi lavori pubblicati dal L. si ricordano ancora: I reumatismi distrofici. Aspetti nosologici, in Reumatismo, VII (1955), suppl., pp. 1-159, in collab. con G.A. Morandi; Manifestazioni ossee nelle mesenchimopatie (presentazione del problema), ibid., XII (1960), suppl., pp. 249-260; È giustificata l'ammissione di collagenosi "regionali"?, in Minerva otorinolaringologica, XIII (1963), pp. 180-193, in collaborazione con G.A. Morandi e altri; Manifestazioni cutanee nelle mesenchimopatie ad impronta diffusiva, in Atti dell'Accademia medica lombarda, XXII (1967), suppl., pp. 2863-2878. Tra i vari altri temi di patologia e clinica affrontati dal L., sui quali fu relatore a numerosi congressi della Società italiana di medicina interna, un cenno particolare merita quello storico-medico di patologia cardiaca, sviluppato sul raffronto critico fra le vecchie dottrine e le attuali conoscenze in alcune pubblicazioni intitolate Plessio cardiaca, che non poté portare a compimento: Plessio cardiaca. Considerazioni sullo sviluppo storico delle conoscenze nel campo delle cardiopatie dolorose da alterata circolazione cardiaca, in Riv. critica di clinica medica, LXIV (1964), pp. 5-22; Plessio(, II, La critica del concetto nosologico di angina di petto (S.L.) e della teoria Jenneriana nel primo periodo dopo la lettura di Heberden (1768-1818). A) Gli elementi essenziali per la critica, ibid., LXVI (1966), pp. 5-40; Plessio(, III, Considerazioni sullo sviluppo storico delle conoscenze nel campo delle cardiopatie dolorose(, ibid., pp. 133-153; Plessio( Considerazioni(, IV, L'evoluzione del pensiero medico sul reumatismo e sulle artritidi e l'interpretazione artritica dell'angina di petto nel 18( secolo, ibid., LXVII (1967), pp. 97-140.
Direttore delle scuole di specializzazione in allergologia e in malattie cardiache, membro di varie accademie e società scientifiche, il L. fu presidente dell'Accademia medico-fisica fiorentina.
Il L. morì a Firenze il 16 sett. 1971.
Fonti e Bibl.: Necr., in Giorn. di clinica medica, LII (1971), pp. 848 s.; in Riv. di storia della medicina, XV (1971), pp. 250 s.; in Minerva medica, LXIII (1972), pp. 4045-4054; A. Lunedei, Curriculum vitae e elenco riassuntivo delle pubblicazioni, Firenze 1936; L'Università degli studi di Firenze. 1924-2004, Firenze 2004, pp. 270-273, 301 s., 305, 308 s., 311, 314, 390; Lessico universale italiano, XII, p. 419.