MAFFEI, Antonio
Primogenito di Gherardo di Giovanni e di Lucia di Giovanni Seghieri da Volterra, nacque, probabilmente a Roma, alla fine degli anni '40 del XV secolo.
La famiglia del M. si era stabilita a Roma da quando il padre era divenuto notaio presso la Curia pontificia. I Maffei di Volterra rappresentano una realtà tipica dell'epoca: una dinastia familiare di curiali insediatasi stabilmente a Roma ma rimasta solidamente legata alla terra d'origine. Il primo che riusciva ad assumere una carica - nel caso dei Maffei il padre del M. - si preoccupava di "collocare" il maggior numero possibile di congiunti in Curia.
Dal matrimonio del padre, oltre al M., nacquero Raffaele, Mario e Giovan Battista (morto nel 1464). Alla morte di Gherardo i figli furono affidati alla tutela del nonno materno e continuarono a risiedere a Roma. Tre operarono in Curia; il solo a dedicarsi alla carriera religiosa fu Mario, divenuto vescovo di Aquino e Cavillon.
Nulla è noto della giovinezza del M. fino al 1466. Il 6 novembre di quell'anno, in seguito alla morte del padre, gli fu conferito l'incarico di scrittore di brevi apostolici, ufficio assunto anche dal fratello Raffaele. Insieme con quest'ultimo, l'umanista poi detto il Volterrano, nel 1475 il M. fu nominato procuratore dell'ospedale di Volterra. I due risiedevano a Roma nello stesso palazzo, un edificio sito a S. Eustachio dove al pianterreno funzionava una stamperia.
Noti come importanti raccoglitori e collezionisti di manoscritti, i Maffei vollero evidentemente dare un contributo personale alla cultura facendo propria, peraltro molto presto, quell'arte della stampa che era appena approdata in Italia con C. Sweynheym e A. Pannartz, ma che in breve avrebbe cambiato la diffusione del sapere. Contrariamente a quanto sostenuto da Paschini (p. 341), è plausibile che i due fratelli avessero un certo interesse alla gestione del laboratorio e non che avessero semplicemente messo a disposizione i locali. Fra il 1472 e il 1474 il loro laboratorio produsse una ventina di edizioni uscite "de domo de Vulterris" (De Gregori, p. 19). Oltre a volumi di carattere giuridico che rappresentarono quasi una specializzazione, i Maffei furono aperti anche ad altri tipi di testo. Fra questi ve n'è uno che certamente fu loro commissionato proprio in quell'ambiente curiale del quale facevano parte: si tratta di una delle più antiche versioni a stampa dell'orazione funebre composta da Nicola vescovo di Modruš (Fiume) in memoria del cardinale Pietro Riario, morto nel 1474.
Nel 1478 si colloca l'evento che portò il M. alla morte e gli conferì notorietà insieme con una sorta di damnatio memoriae. Il suo ruolo di curiale lo aveva avvicinato molto ai Riario; così, nelle settimane successive al 12 dic. 1477, giorno in cui il giovane Raffaele Riario Sansoni fu insignito della dignità cardinalizia, il M. fu individuato come possibile esecutore di un piano architettato da Girolamo Riario e dallo zio di questi, il papa Sisto IV. Su incarico del pontefice il M. si recò a Pisa con il prestigioso compito di consegnare il cappello al neoporporato. In città, forse in modo non del tutto casuale, egli entrò in contatto con un gruppo di faziosi antimedicei che stavano tramando per eliminare Lorenzo il Magnifico.
Secondo la tesi sostenuta da A. Ambrogini, il Poliziano, e soprattutto da Raffaele Maffei, l'odio della famiglia, come di molti altri membri dell'aristocrazia volterrana, era nato in seguito all'impresa che i Medici avevano condotto nel 1472 contro la città per assicurare a Firenze il lucroso monopolio dell'allume.
Mosso dal risentimento contro Lorenzo, il M. accettò di subentrare a Giovan Battista da Montesecco, che all'ultimo si era rifiutato di prendere parte alla congiura. L'attentato ebbe luogo nel duomo di Firenze il 26 apr. 1478. Mentre Bernardo Bandini di Baroncelli e Francesco Pazzi dovevano occuparsi di Giuliano de' Medici, al prete Stefano da Bagnone e al M. fu commissionato l'omicidio del più importante Lorenzo; ma fallirono, e Machiavelli li definì "inettissimi". Il M. riuscì solo a ferire alla gola il signore di Firenze, il quale, protetto dai suoi fedeli, si rifugiò nella sacrestia di S. Reparata.
Le versioni degli avvenimenti che resero famosa la congiura dei Pazzi sono più di una e, ovviamente, sono diverse nelle sfumature. C'è chi dice che il M. abbia strattonato Lorenzo, prevedendo che si voltasse, per poi pugnalarlo (Poliziano, p. 32); chi vide il M. toccare il Magnifico su una spalla come per chiamarlo (la versione è di Parenti, in Poliziano, pp. 69-76) e chi addirittura nel compiere quel gesto lo sentì pronunciare le parole "Ahi traditore", che misero in allarme Lorenzo e gli permisero di schivare il fendente (Marrucci, p. 1095).
Dopo aver clamorosamente mancato l'obiettivo, il M. riparò nella badia fiorentina e per qualche giorno vi si nascose travestito da eremita, ma non trascorse molto tempo che il popolo lo trovò. Fu arrestato e mutilato (fu castrato e gli furono mozzati orecchie e naso). Secondo Marrucci fu impiccato al palazzo del podestà di Firenze lo stesso giorno della cattura, il 4 maggio; Scipione Maffei anticipa la data al 29 aprile e spiega che il giorno seguente nacque Camillo, il terzo figlio del Maffei.
Il M., "benché chierico costituito negli ordini minori, portante tonsura e habito clericale, offiziale della sede apostolica e scrittore apostolico, al contrario di quanto si sostiene non fu prete" (Marrucci, p. 1094). Nel 1471 egli aveva infatti sposato Caterina di Antonio Cortesi, una giovane appartenente a una nobile famiglia sangimignanese. Da lei ebbe tre figli: Domitilla, divenuta monaca a San Gimignano; Giovan Battista - che nel 1493 e ancora nel 1499 viene registrato come attivo in Curia, probabilmente grazie all'interessamento degli zii paterni - e il citato Camillo.
Fonti e Bibl.: Volterra, Biblioteca Guarnacci, Archivio Maffei, filze LI: Alberi genealogici delle famiglie italiane curati da Scipione Maffei; LII: Famiglie volterrane; Archivio segreto Vaticano, Reg. lat., 636, c. 291; A. Poliziano, Della congiura dei Pazzi, a cura di A. Perosa, Padova 1958, pp. 19 s., 32, 69-76; N. Machiavelli, Le istorie fiorentine, Firenze 1857, pp. 384-387; R. Maffei, Storia volterrana, Volterra 1887, pp. IX s.; L. De Gregori, La stampa a Roma nel secolo XV, Roma 1933, pp. 19, 58 s.; E. Fiumi, L'impresa di Lorenzo de' Medici contro Volterra (1472), Firenze 1948, pp. 54 s.; P. Paschini, Una famiglia di curiali: i Maffei di Volterra, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, VII (1953), pp. 337-351; J. Ruysschaert, Recherche des deux bibliothèques romaines Maffei des XVe et XVIe siècles, in La Bibliofilia, LX (1958), pp. 310 s.; B. Porretti, A. M., il vendicatore, in Volterra 7, 17 apr. 1986; P. Farenga, "Monumenta memoriae". Pietro Riario fra mito e storia, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484). Atti del Convegno, Roma, 1984, a cura di M. Miglio et al., Città del Vaticano 1986, p. 214; Diz. di Volterra, a cura di L. Lagorio, III, I personaggi e gli scritti. Diz. biografico di Volterra, a cura di A. Marrucci, Pisa 1997, pp. 1094 s.; Enc. storico-nobiliare italiana, IV, p. 203.