MANCINI, Antonio
Pittore, nato in Roma il 14 novembre 1852, morto ivi il 28 dicembre 1930. A dodici anni fu iscritto nella Accademia di belle arti di Napoli, dove trascorse nove anni dedicati a ricerche coloristiche e a esperienze disegnative condotte non soltanto sul vero, ma sulle opere degli antichi maestri. Secondo la moda del tempo, cominciò subito a dipingere soggetti di genere, con freschezza di tocco, audacia di fattura, forza esuberante di vita, di aria, di sincerità. Sono di quel periodo, schiettamente morelliano, e della sua seconda dimora napoletana (1879-1883), Prevetariello (Napoli, Museo di S. Martino), Scugnizzo (Roma, coll. Mancini), Rose (Napoli, coll. Chiarandà), Il voto a S. Gennaro (Milano, coll. Gussoni)., Nel 1873 il M. si recò a Parigi. Indifferente all'impressionismo in quanto esso era regola, programma, teoria, vi schiarī e vi arricchì la sua tavolozza e vi trovò assentimento alla sua spensierata libertà e all'indifferenza per l'idea e per la composizione di un quadro. Più tardi fu a Londra, e, presentato da J. S. Sargent, fu onorato, festeggiato, esegui numerosi ritratti. Ma ben presto (1879) tornò a Napoli per ricominciare spensieratamente la sua vita di bohémien e quattro anni più tardi si trasferì a Roma. Era accademico d'Italia dal 18 marzo 1929.
M. pittore non esce dalla tradizione. Fin da quando, adolescente, più per forza d'istinto che per efficacia d'insegnamento, si era fatto pittore schiettamente napoletano, di quella scuola che attraverso D. Morelli, G. Gigante, il Diana, il De Mura, si ricollegava direttamente agli antichi e che da M. Stanzione, da Mattia Preti e dal Ribera aveva ereditato la passione per i problemi della luce, variamente impostati e risolti, il M. aveva dimostrato questa sua fisionomia di artista ortodosso. Si spogliava istintivamente di ogni ricordo per abbandonarsi alla sua felicità di vivere dinnanzi alla natura. Amante dell'esteriorità, assorbito dalla risoluzione di problemi essenzialmente pittorici, inebbriato dalle grandi feste del colore, egli non considera il soggetto che come pretesto alle sue visioni, in quanto cioè esso, prima di essere donna, frutto, fiore, veste, strumento, è volume e colore, suscettibili d'infinite possibilità luminose. Scomposto, mediante reticolati dei quali si serviva per dipingere, in frammenti geometrici di superficie, il soggetto perdeva la sua forma e il suo significato. Ogni segmento del vero non era più altro che un valore pittorico, un tono da riprodurre sul corrispondente segmento della tela, e dalla precisione e dal vigore con cui erano resi i singoli toni risultava l'accordo dell'insieme. Valore spirituale, psicologia, stati d'animo, pathos sono tutte parole ignote al vocabolario del M., le cui opere nulla dicono oltre quanto è esaltazione della pura materia.
Insuperabile nel rendere gli effetti ottici delle cose alla loro giusta distanza e nella scienza del tono atta a materializzare il più possibile le relazioni fra gli oggetti che furono origine della sensazione, egli percepiva i fenomeni nell'eccitamento di una perenne sensualità visiva. Tutto il suo mondo interiore era costituito da un inesauribile tesoro coloristico. La sua potenza era somma nel rappresentare come luce e come colore le gemme, l'oro, i velluti, le sete, i fiori, gli uccelli, i liuti, tutto il ciarpame che egli, grandissimo pittore ma non sempre di buon gusto, amava affastellare intorno ai suoi scugnizzi, ai suoi saltimbanchi, ai paggi, ai moschettieri, alle fioraie, ai mille volti delle sue donne atteggiate in un'unica espressione. E quando la sua pittura aveva bisogno di qualche cosa che l'esperienza gli diceva di non poter domandare al colore, non si peritava di ricorrere addirittura all'uso di frammenti di vetro, di specchi di, di madreperla, di smalto, di talco multicolore. Instancabile nel produrre, anche in tarda età pareva rinnovare ogni anno il miracolo della rinascita, come se la sua arte, a cui le miscele della tavolozza non parvero mai sufficienti, fosse una potenza elementare e irruente della natura.
V. tavv. XIII e XIV e tav. a colori.
Bibl.: G. Guida, A. M., Roma 1921; S. Kambo, A. M., Bergamo 1922; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIII, Lipsia 1929. Inoltre: U. Ojetti, Ritratti d'artisti italiani, nuova ed., Milano 1921, II, p. 43; V. Pica e R. Giolli, Ostre individuali di A. M. e A. Rietti, Milano 1925; V. Mariani, A. M., in Educazione fascista, maggio 1930.