MANNO, Antonio
Nacque a Torino il 25 maggio 1834 da Giuseppe e da Giustina Maria Tarsilla Calandra. Dal padre, che aveva unito al rango di alto funzionario la passione per gli studi storici, non ereditò soltanto, insieme con il titolo baronale, il gusto per l'erudizione e l'amore per la ricerca, ma anche un fortissimo attaccamento alla monarchia sabauda e un ricco patrimonio terriero, alla cui amministrazione si dedicò dopo aver terminato gli studi che aveva compiuto presso i gesuiti.
La carriera militare, a cui pure fu avviato, non sembra lo interessasse molto e appena poté prese un'altra strada. Dopo la morte del padre nel 1868, fu infatti seguito da F. Sclopis che lo incoraggiò a occuparsi di archivi e di ricerche erudite e si diede cura di collocarlo adeguatamente in una posizione favorevole alle sue attitudini. Il M. aveva alle spalle solo qualche irrilevante lavoro a stampa (alcune schede biografiche inserite nel Supplemento perenne alla Nuova Enciclopedia popolare italiana, V-VIII, Torino 1869-73), quando il 21 maggio 1874 fu chiamato per elezione a far parte della Regia Deputazione di storia patria, istituzione di grande prestigio di cui il padre aveva tenuto per anni la vicepresidenza; presto ne divenne segretario (2 giugno 1875) e questo lo mise nella condizione migliore per indirizzare il lavoro proprio e quello altrui verso un'opera di scavo attento e minuzioso che, rispettando i canoni del positivismo, portasse alla luce, raccogliesse, conservasse e pubblicasse la documentazione relativa alla storia antica e moderna del Piemonte, non trascurando quanti avevano contribuito alla sua affermazione come Stato egemone nella penisola. Fin dall'inizio della sua attività fu infatti chiaro che gli premevano in particolare due risvolti del lavoro di ricerca: sottolineare, esaminando l'impegno dei singoli sovrani, i meriti complessivi della dinastia sabauda ed evidenziare il ruolo positivo svolto dall'aristocrazia nell'evoluzione del Paese e nella tenuta con cui esso aveva superato i periodi di crisi. Il magistero di Sclopis e la tradizione di famiglia gli avevano consegnato inoltre un terzo tratto distintivo: una religiosità chiusa, di stampo maistriano, sentita non tanto come devozione al cattolicesimo romano quanto come fondamento primo della sovranità e sua naturale interlocutrice.
A tenere insieme tutte queste componenti era il sentimento abbastanza gretto della peculiarità della storia piemontese rispetto a quella di altre parti d'Italia, che il M. non sembrava tenere in grande considerazione a riprova di un provincialismo che ne avrebbe limitato molto gli interessi e le capacità interpretative.
Il M. cominciò il suo lavoro di ricercatore con una fitta serie di studi di diverso spessore poi confluiti nei cinque volumi delle Curiosità e ricerche di storia subalpina (Torino 1874-82), in cui spiccano argomenti che sembrano presi un po' a caso sulla base del materiale di volta in volta individuato, insieme però con altri che lasciano intravedere un gusto per temi meno scontati (Componimenti satireschi in Piemonte, I, pp. 724-768; Documenti per una storia del vivere e del vestire in Piemonte, II, pp. 147-168; Matrimoniana: chiaccherata di un piemontese, ibid., pp. 673-693; Turf e scating dei nostri nonni, III, pp. 644-661). A prevalere è la ricerca dell'inedito, soprattutto se funzionale a illustrare il savio comportamento della classe dirigente: il M. cominciava a ricostruirne il profilo e le vicende anche familiari compilando un numero interminabile di schede biografiche e bibliografiche e inquadrando l'azione di questi personaggi in un rapporto di piena fedeltà alla casa reale (Origini e vicende dello stemma sabaudo, II, pp. 275-328; Spicilegio nel regno di Carlo Alberto, III, pp. 193-235; Una scorsa nel mio portafogli. Notizie e carte sparse sopra i monumenti torinesi, il re Carlo Alberto, Carlo Botta ed altri illustri, radunati, V, pp. 242-301). Altri saggi di analoga natura comparivano intanto nel periodico della Deputazione, la Miscellanea di storia italiana, che nel volume del 1878 (XVII) ospita la Relazione e documenti sull'assedio di Torino nel 1706 (pp. 459-593); seguivano nel 1880 (XIX) le ricerche Sull'assedio di Torino nel 1706 (pp. 517-595) e nel 1883 (XXI) su Pietro Micca e il generale conte Solaro della Margarita, (pp. 313-544).
Nel complesso, insieme con la nostalgia per il vecchio Piemonte, si scorge in questi come in altri scritti lo sforzo di collegare la politica di casa Savoia nell'Ottocento al riformismo illuminato del secolo precedente; in tale ottica il periodo giacobino di fine Settecento era ignorato o visto in negativo perché l'erudizione del M., lungi dal costituire un approccio neutro al passato recente, era espressione e tramite di un'idea conservatrice, di una concezione quasi assolutistica del potere regio. Al di là di tale considerazione, resta il fatto di una massa notevole di materiale documentario messo a disposizione degli studiosi, e fondamentali, in questo senso, sono le Informazioni sul Ventuno in Piemonte ricavate da scritti inediti di Carlo Alberto, di Cesare Balbo e di altri (in Rivista Europea, XI [1879], pp. 5-46, 205-219, 417-441, 641-667; poi Firenze 1879) e, più tardi, in collaborazione con E. Ferrero e P. Vayra, i tre volumi delle Relazioni diplomatiche della Monarchia di Savoia: dalla prima alla seconda Restaurazione (1559-1814), editi a Torino tra il 1886-1891 nella collana di "Biblioteca storica italiana" che il M. aveva lanciato nel 1880.
La collana era stata inaugurata nel 1884 con i due volumi de L'opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino. Notizie di fatto; storiche, biografiche e bibliografiche sulla R. Deputazione e sui deputati nel primo mezzo secolo dalla fondazione, compilazione preparata dal M. in occasione del III congresso storico italiano e tesa a ribadire l'impulso da lui dato all'orientamento degli studi storici piemontesi "verso un alveo dinastico e cattolico" (Levra, p. 171); affiancava tale opera, a cura dello stesso M., il primo volume (Torino 1884) della Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, imponente e certo non sempre preciso, ma prezioso, repertorio di schede bibliografiche che nel 1913 si sarebbe fermato al IX volume lasciando una chiara testimonianza dell'infaticabilità del suo compilatore. Inoltre nel 1883, come socio dell'Accademia delle scienze, aveva dato alle stampe con l'editore Paravia di Torino il Repertorio bibliografico delle pubblicazioni della R. Accademia delle Scienze di Torino. Né erano questi i soli sforzi di un uomo talvolta descritto da personaggi a lui chiaramente ostili come un dissimulatore e un ipocrita ma che, quand'anche non gli fossero estranei gelosie e pregiudizi e una certa untuosità nei rapporti con il potere, coltivava un suo ideale al quale si teneva legato quando cercava tra i libri e negli archivi il materiale adatto a tramandare la propria visione del passato; da quella visione, percepita e vissuta quasi come un culto, discendevano anche tutti i saggi e le commemorazioni che il M. dedicava in primis al padre, poi a quanti gli erano stati vicini e lo avevano formato ovvero avevano condiviso i suoi ideali: tali erano gli scritti su Federigo Sclopis (1798-1878). Bibliografia dei lavori a stampa, in Miscellanea di storia italiana, XVIII (1878), pp. 25-60; Carattere e religiosità a proposito di alcune memorie intime del conte Federigo Sclopis, Torino 1880; Brevi notizie di Giuseppe Manno, Milano 1884; Ercole Ricotti: ricordi, Torino 1886; Vincenzo Promis numismatico e bibliotecario, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, XXVI (1890-91), pp. 248-258; Il lavoro quadragenario del barone Gaudenzio Claretta, in Miscellanea di storia italiana, XXXVI (1900), pp. XLIII-LX.
La perizia acquisita nella perlustrazione dei vari fondi documentari e il rapporto di fiducia instauratosi con la dinastia fecero sì che il M. fosse investito di una particolare autorità nella politica di conservazione degli archivi storici pubblici e privati. Membro del Consiglio superiore degli archivi, intorno al 1888 fu inserito, con F.E. Bollati di Saint-Pierre e D. Carutti di Cantogno, in una speciale commissione incaricata di selezionare tra le carte della famiglia reale quelle che riguardavano la vita pubblica, separandole da quelle a carattere privato: il risultato fu che gran parte del materiale attinente i Savoia fu sottratta alla libera consultazione e trasferita nella Biblioteca Reale.
Nel 1887 il primo ministro F. Crispi decise di rilanciare la Consulta araldica e la affidò al M., nominato nell'occasione regio commissario. Il compito era gravoso perché si trattava di rimettere ordine in un settore, come quello della nobiltà, al quale molti ancora guardavano come a una forma di distinzione sociale, e di dare un parere sulle tante richieste di investitura. Forte della sua esperienza e coerente con la considerazione che nutriva per il mondo nobiliare, il M. svolse il suo incarico con estremo scrupolo: creò anzitutto 14 commissioni regionali cui chiese di compilare altrettanti elenchi ufficiali della nobiltà italiana, e fu questa la base su cui esaminare e valutare le domande di titolo nobiliare presentate dai nuovi borghesi che ritenevano di potere aspirare a un rango che il sangue non assegnava loro. Il metro di giudizio che adottò nei confronti di costoro fu molto severo, tanto più quando si trattò di israeliti, sulle aspirazioni dei quali espresse sovente un parere negativo fondato sul pregiudizio circa una presunta origine usuraria dei loro patrimoni. Obbedendo all'esigenza di dare un solido fondamento scientifico all'araldica, il M. portò inoltre avanti un lavoro di ricerca che sfociò nella creazione del Bollettino ufficiale della Consulta araldica (che si pubblicò dal 1895 al 1918) e nel Dizionario feudale degli antichi Stati della monarchia di Savoia (Firenze 1895; ristampa anastatica, Bologna 1960); curati da lui uscirono Il regolamento tecnico-araldico spiegato ed illustrato (Roma 1906) e il Vocabolario araldico ufficiale (ibid. 1907). In questo campo la sua fatica di maggior mole e di più lungo impegno fu e resta Il patriziato subalpino. Notizie di fatto, storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte dai documenti, abnorme raccoglitore "di tutte le famiglie nobili e dei loro componenti con notizie biografiche degne di nota" (Segre, p. 6), prezioso per le genealogie pur nel suo carattere talvolta frammentario e non sempre esente da errori e confusioni. La pubblicazione dell'opera, mentre il M. era in vita, non andò oltre i due volumi (Firenze 1895 e 1905; in anastatica, I-II, Bologna 1972; quindi con il titolo Le armi gentilizie piemontesi, a cura di A. Scordo, I-II, Torino 2000-01), ma in seguito le maggiori biblioteche italiane e gli archivi delle principali città furono dotati di una copia dattiloscritta dei restanti 24 volumi.
L'avvicinamento a Crispi dava ulteriore risalto alla componente politica della personalità del M., evidenziatasi in precedenza soprattutto sul piano locale con l'azione da lui svolta per contrastare la presenza dei laici in Consiglio comunale contrapponendole la valorizzazione dell'esperienza clerico-moderata. Appunto per tutelare i valori cattolici e il loro ruolo nella conservazione dell'identità cittadina minacciata dall'avanzata della Sinistra, nel 1881 il M. fu tra i promotori del Circolo dei Tupinet, poi trasformatosi in Unione conservatrice; anche in seguito non perse occasione per combattere le sue battaglie, chiedendo magari l'appoggio di Crispi, come avvenne dopo le vittoriose elezioni municipali del 1895, allorché riuscì a evitare che la giunta e il Consiglio comunale fossero sciolti per via delle difficoltà insorte nell'elezione del sindaco; o come avvenne nel 1906, quando riuscì a far sì che il bicentenario della battaglia di Torino e della morte di P. Micca fosse ricordato prima con cerimonie religiose e poi con celebrazioni a carattere civile. Identica contrapposizione, ma in un clima di sostanziale legittimazione reciproca, si ebbe nel 1898 in occasione dell'Esposizione torinese di arte sacra organizzata nel contesto della più ampia esposizione del cinquantenario del 1848: secondo una recente interpretazione, il M. avrebbe forse ottenuto dal Comune il finanziamento dell'iniziativa cattolica in cambio di un appoggio al rilancio della politica coloniale bloccata dalla sconfitta di Adua.
Negli anni della maturità il M. raccolse altri frutti della sua laboriosità, segnata dalla pubblicazione di un'altra importante raccolta documentaria: L'opinione religiosa e conservatrice in Italia dal 1830 al 1850, ricercata nelle corrispondenze e confidenze di monsignor Giovanni Corboli Bussi (Torino 1910). Alla morte di Carutti di Cantogno, nel 1909, il M. gli subentrò nella direzione della Biblioteca Reale e del Reale Medagliere che tenne fino alla morte; il 26 genn. 1910, nelle prime settimane di vita del secondo governo di S. Sonnino, fu fatto senatore per la XVIII categoria; nel 1912 un comitato promotore presieduto da P. Boselli gli dedicò i due volumi di una Miscellanea di studi storici in onore di A. M. (Torino 1912).
Morì a Torino il 12 marzo 1918. Nel 1861 aveva sposato Eleonora dei conti Cordero di Vonzo, che gli aveva dato tre figli.
Fonti e Bibl.: Un elenco completo delle pubblicazioni del M. fino al 1912 figura nella citata Miscellanea di studi in suo onore, I, pp. XIII-XXV. La Raccolta Manno è conservata presso la Biblioteca di storia e cultura del Piemonte dell'Amministrazione provinciale di Torino. A. Segre, Il senatore barone A. M., Torino 1919; L. Avagliano, Alessandro Rossi e le origini dell'Italia industriale, Napoli 1970, ad ind.; U. Levra, Fare gli Italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Torino 1992, ad ind.; G.C. Jocteau, Nobili e nobiltà nell'Italia unita, Roma-Bari 1997, ad ind.; S. Montaldo, Patria e affari. Tommaso Villa e la costruzione del consenso tra Unità e Grande guerra, Torino 1999, ad ind.; S. Cavicchioli, L'eredità Cadorna. Una storia di famiglia dal XVIII al XX secolo, Torino 2001, ad ind.; Storia di Torino, VII, Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), a cura di U. Levra, Torino 2001, ad ind.; S. Cavicchioli, Famiglia, memoria, mito. I Ferrero della Marmora (1784-1918), Torino 2004, ad ind.; Enc. Italiana, XXII, s.v.